presepe
Un simbolo di vita e di fratellanza
«Mentre si trovavano a Betlemme, si compirono per Maria i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo». Sono queste le parole del Vangelo di Luca che descrivono la nascita del Bambino Gesù: è la scena della Natività. Ed è questa scena che, a partire dal 13° secolo, viene riprodotta dal presepe, il cui ideatore fu s. Francesco d’Assisi
Nel 1224 s. Francesco, ormai sofferente e quasi cieco, fece chiamare poco prima di Natale un certo Giovanni Vellita che abitava nel paesino di Greccio, nella valle di Rieti, e gli disse: «Se hai piacere che celebriamo a Greccio questa festa del Signore, precedimi e prepara quanto ti dico». Venne così realizzato il primo presepe di cui si ha notizia certa.
Alcuni decenni dopo, attorno al 1280, lo scultore e architetto toscano Arnolfo di Cambio scolpì per la basilica romana di S. Maria Maggiore le statue del presepe più antico che possiamo ammirare: una bella Madonna col bambino sulle ginocchia, s. Giuseppe, il bue e l’asinello e i tre re Magi. Grazie ai frati francescani, domenicani e poi ai gesuiti, il presepe era diventato un momento importante delle celebrazioni liturgiche del Natale e la presenza delle statue di S. Maria Maggiore dimostra quanto fosse amato dal popolo dei fedeli.
Pian piano, col passare dei secoli, i presepi cominciarono a essere preparati anche nelle case e attorno alla grotta della Natività si sviluppò una serie sempre più varia di scene di vita quotidiana e popolare, fin quando, nel 18° secolo, il presepe raggiunse il massimo della sua bellezza, grazie agli artisti napoletani. Si deve al vivo sentimento religioso di un re, Carlo III di Borbone, re di Napoli dal 1734 al 1759, e di sua moglie Maria Amalia, se a Napoli si realizzarono presepi magnifici. Carlo amava gli aspetti poetici della vita familiare e favoriva tutte le forme di attività artistica e artigianale. Il suo incontro con la tradizione del presepe fu perciò felicissimo. In pochi anni gioiellieri, orefici, costruttori di strumenti musicali, ceramisti, intagliatori, scultori e architetti napoletani presero a dedicarsi con grande cura e grande precisione alla riproduzione in piccolo di tutti gli aspetti della vita quotidiana di un popolo, mentre nei monasteri e nella reggia, per mano della regina stessa, si lavorava a confezionare vestitini, a ricamare stoffe, ad applicare trine.
Ne nacquero vere e proprie opere d’arte e una tradizione che ancora oggi è vivissima, come dimostra la folla straripante che ogni anno accorre in via s. Gregorio Armeno, la via dei presepisti napoletani, ad acquistare ogni specie di pastore, come si chiamano a Napoli le figurine del presepe.
Il fervore dei presepi napoletani rivive ovunque si prepari un presepe, soprattutto in famiglia, dove è sempre un affettuoso gioco collettivo. Dai ripostigli riemergono le scatole di Natale dove si conservano i pezzi del presepe e tutti intervengono per decidere dove sistemarlo e quali figurine usare. Si decide quale forma debba avere una montagna o una valle; si sistema il cielo notturno fatto di carta blu scuro punteggiata di stelle d’argento e lo si fa brillare con lucine nascoste dietro. Uno specchietto e un po’ di stagnola diventano un laghetto e un fiumiciattolo. Si discute dove mettere le luci dei focolai o da dove fare arrivare i re Magi.
Quali che siano la forma e i materiali del presepe (legno, terracotta, sughero, carta, plastica o corallo, come in Sicilia) al centro dell’attenzione sta sempre la scena della Natività: un simbolo di vita, d’amore e di fratellanza. Il simbolo più gentile fra i tanti che la civiltà cristiana offre ogni anno a tutte le donne e a tutti gli uomini di buona volontà.