prescrizione
prescrizióne s. f. – Causa estintiva del reato che ha come presupposto il decorso del tempo. Il tempo necessario per la p. dei reati è fissato dalla legge in maniera differenziata in ragione, essenzialmente, della loro gravità astratta (cioè della pena prevista dalla legge), ma con questo criterio generale possono concorrerne altri se previsti. La vigente disciplina, modificata nel 2005, prevede infatti che il tempo di p. coincida con il massimo della pena prevista per il reato, ma che esso in ogni caso non può essere inferiore a sei anni per i delitti e quattro per le contravvenzioni. La p. inizia a decorrere dal momento della commissione del reato o da un diverso momento successivo in alcuni casi particolari stabiliti per legge. Il decorso della p. è soggetto sia a ‘sospensione’, per cui riprende a decorrere una volta cessata la causa sospensiva, che a ‘interruzione’ e in questo caso il termine ricomincia a decorrere ex novo per intero dopo che si è verificata la causa interruttiva, ma la legge prevede comunque un limite massimo di durata. Il fondamento della p. attiene al naturale affievolirsi, fino a sparire, dell’interesse dell’ordinamento a punire un fatto verificatosi a notevole distanza di tempo. Il trascorrere del tempo infatti, da un lato, incide inevitabilmente sull’allarme sociale derivante dalla commissione del reato, il cui prolungarsi è tendenzialmente proporzionale alla sua gravità, dall’altro e congiuntamente determina la progressiva perdita di capacità per la pena di produrre gli effetti di prevenzione generale e speciale al cui perseguimento è destinata. Questa ratio è confermata dalla prevista imprescrittibilità dei reati puniti con la pena dell’ergastolo e dall’accennato rapporto proporzionale tra entità della pena e tempo necessario a prescrivere. La disciplina della p., invero abbastanza articolata e qui riportata nei suoi soli tratti essenziali, presenta diversi punti critici e alcune incongruenze ed è dunque certamente suscettibile di diversi miglioramenti, ma il suo essere una 'questione' nel nostro ordinamento al contrario che altrove, dipende dal fatto che i tempi del processo penale per numerose e note ragioni rendono quello che dovrebbe essere un esito tanto ovvio (nel fondamento) quanto eccezionale (nell’applicazione) un'evenienza piuttosto ricorrente e, in alcuni settori, quasi ordinaria, finendo per determinare non solo per le vittime, ma per la collettività, la sensazione, tutt’altro che infondata, di una denegata giustizia. Assai frequenti sono per es. le p. nel settore dei reati colposi (si pensi in particolare, ma non solo, ai casi di colpa medica o stradale e agli infortuni sul lavoro) e in quello dei reati contro la pubblica amministrazione (compresi gravi casi, noti e meno noti, di corruzione), ma nessun ambito dell’ordinamento penale se ne può dire davvero immune. Se dunque, da un lato, andrebbe intrapreso un deciso intervento sulle ragioni strutturali di inefficienza che incidono sui tempi della giustizia, dall’altro ci si dovrebbe seriamente interrogare sulla opportunità, comunque, di adottare per la p. soluzioni, già presenti in altri ordinamenti, che espongano meno i reati al rischio della ghigliottina rappresentata dall’inesorabile, ma spesso evitabile, decorso della prescrizione.