PRESBITERIO (da πρεσβυτέριον)
La parola ricorre più volte nel Nuovo Testamento, sia greco sia latino, sia per i giudei (cfr. Luca, XXII, 66; Atti, XXII, 5) sia per i cristiani (cfr. I Timot., IV, 14). Nell'età subapostolica e patristica, diviene ancora più frequente (ad es., Ignazio di Antiochia, Ad Smyrn., VIII, 1, ed. Funk, I, 241; Ad Magnes., II, ed. Funk, I, 193; Ail Philadelph., IV, ed. Funk, I, 227). In Cipriano è molto frequente. Nel Medioewo ebbe uso assai vario e vasto. In realtà, la parola significò o la dignità sacerdotale, e fu sinonimo di sacerdozio; o il collegio presbiteriale d'una chiesa con il vescovo a capo, collegio che in processo di tempo diede luogo ai "capitoli" nelle chiese cattedrali, e in Roma al collegio cardinalizio; o uno degli aggruppamenti gerarchici dei presbiteriani (v.). In Francia, e anche in alcune contrade italiane, vuol dire la casa dove abita - solo o con altri preti - il parroco o semplicemente il rettore d'una chiesa.
Si dice presbiterio il posto riservato al vescovo e al clero nelle basiliche cristiane, situato nella parte estrema della chiesa: nel santuario, dietro l'altare. La sua forma richiama quella del pretorio delle basiliche civili dove si amministrava la giustizia; come avveniva per il tribunale, il presbiterio era rilevato di qualche gradino, chiuso da cancelli, ornato spesso di colonne e circondato di seggi (concistorium), dove, invece degli assessori, prendevano posto i preti; aveva al centro il trono (suggestus), destinato, non più al magistrato, ma al vescovo. Per quanto poteva permettere la limitata ampiezza del luogo, non mancavano spesso nelle cripte liturgiche delle catacombe il posto e i seggi destinati al clero: così, ad esempio, nelle basilichette del cimitero romano maggiore di S. Agnese e in un cimitero cristiano che fu scoperto nel 1864 ad Alessandria di Egitto. Il presbiterio poi non manca mai in tutte le chiese che sorgono dopo la pace costantiniana. Era sempre terminato da un'abside di forma rettilinea, o semicircolare o poligonale: in fondo è sempre la cattedra vescovile e attorno alle pareti i sedili. Tuttavia vi sono eccezioni a queste disposizioni: così nella basilica di Parenzo il fondo dell'abside era occupato in origine dalla tomba del santo locale e la cattedra era posta davanti. Dopo la traslazione dei martiri nell'interno della città, si costruirono confessioni, cioè cripte, imitanti le gallerie cimiteriali, come si vede, tra le tante, nell'antica basilica romana di S. Prassede: ciò rese anche necessario di sollevare notevolmente il livello del presbiterio nei confronti del resto della basilica; uso questo che venne mantenuto in parecchi casi per molto tempo e che diede luogo nel Seicento a numerose e ricche trasformazioni degli schemi medievali, trasformazioni di notevolissimo effetto scenografico. Così a Roma nelle basiliche di S. Cecilia e di S. Marco, così a Ravenna in S. Apollinare Nuovo, ecc. Da questi schemi si distaccarono le chiese costruite in Francia, dove invece le reliquie del martire furono portate nel presbiterio, il quale perciò diventò martyrium e il vescovo con i preti prese posto altrove. Alle volte, specie nel Medioevo, furono costruite due absidi delle quali una fu adibita a santuario e l'altra a presbiterio, e ciò allo scopo di meglio onorare e isolare l'altare con le reliquie dei santi. Con l'espansione della religione e con l'aumentare della prosperità della Chiesa, le cerimonie divennero più fastose, richiedendo l'intervento di un clero più numeroso; il limitato spazio del presbiterio divenne perciò insufficiente e per aumentarlo, specie nelle grandi basiliche, si ricorse spesso al partito di trasportare l'altare al di là del transetto, come nelle basiliche romane di S. Giovanni in Laterano, di S. Pietro, di S. Maria in Trastevere; all'epoca di Carlomagno, poi, che arricchì considerevolmente la Chiesa, i monasteri si moltiplicarono e, aumentato quindi il numero dei preti, si cominciarono a costruire presbiterî molto ampî e spaziosi, ricorrendo anche all'uso di deambulatori, cioè al prolungamento delle navi laterali dietro l'abside, riprendendo un motivo già usato in antico (p. es., S. Giovanni in Laterano, S. Maria Maggiore e S. Sebastiano di Roma; S. Giorgio Maggiore di Napoli; S. Martino di Tours) e che divenne legge per le cattedrali e per tutte le chiese di una qualche importanza nell'arte ogivale. Anche nei presbiterî delle chiese bizantine è frequente il deambulatorio (p. es., S. Vitale di Ravenna; S. Lazzaro di Milano) e soprattutto ebbe particolare importanza l'uso dei cancelli che separavano il presbiterio dalla nave, riccamente ornati con forme simboliche e decorazioni geometriche o ispirate alla fauna o alla flora, sormontati da colonne e da architravi adorni di materiale prezioso (v. iconostasi).
I presbiterî, nudi e massicci nelle primitive basiliche cimiteriali, vennero sfarzosamente decorati nelle basiliche della pace costantiniana con pitture, musaici, rivestimenti di marmo. Le decorazioni assunsero una particolare ricchezza nell'epoca bizantina.
I pavimenti erano in lastre di marmo (come a S. Clemente di Roma), di porfido (come sembra in S. Pietro), in musaico (come a S. Alessandro sulla Via Nomentana, a Roma) in opus tessellatum, in opus alexandrinum. Poco sappiamo circa i sedili del clero (per il trono vescovile v. cattedra); negli esempî riportati di basilichette di catacombe, erano scavati nel tufo. Probabilmente erano di pietra o di muratura rivestita di lastre di marmo. In seguito furono di legno; anzi verso la fine del Medioevo, con i lavori d'intaglio e poi d'intarsio, divennero i più belli ornamenti del presbiterio.