PREGIUDIZIO (praeiudicium)
Fu in Roma, conformemente all'etimologia, qualcosa che precede un giudizio: secondo i casi, un processo specialmente organizzato per accertare un dato di fatto, in guisa da preparare od evitare un giudizio futuro oppure una decisione improvvisata che potrebbe compromettere (pregiudicare, come anche noi diciamo) quella del giudice competente e che perciò l'ordinamento giuridica si studia di evitare.
Come mezzo tecnico che prepara ed evita un vero e proprio giudizio, il pregiudizio è identico a quella che noi diciamo azione di mero accertamento: nell'Albo del pretore, che porta le formule corrispondenti ai vari tipi di controversie, se ne trovano parecchi, e il giurista Gaio, classificando le partes, o clausole, in cui ciascuna formula può essere analizzata. osserva che quelle dei pregiudizî hanno soltanto l'intentio, cioè l'enunciazione del punto di fatto da accertare. Così in occasione di quella specie di garanzia che è la prediatura, e per evitare che un garante faccia passare i suoi beni per beni dotali da restituirsi a sua moglie, era previsto nell'Albo l'apposito praeiudicium quanta dos sit ("quanto sia l'ammontare della dote"); altri praeiudicia servivano a stabilire se taluno fosse ingenuo (cioè nato libero) o liberto (schiavo manomesso) del tale o tal patrono (v. liberto). È invece discusso se siano state considerate come pregiudizî le azioni destinate a rivendicare taluno in servitù o in libertà, cioè a far riconoscere servo l'uomo che si comporta da libero o a far riconoscere libero chi è da altri trattenuto come servo: benché sia chiaro che in processi simili l'essenziale è l'accertamento della situazione giuridica contestata, e che una condanna pecuniaria, com'è tipica del processo romano, non potrebbe mai sostituire l'attuazione della pronuncia del giudice, tuttavia le formule del processo di libertà, redatte sull'esempio di quella della rivendicazione di cosa, davano al giudice la facoltà di condannare, ed egli ne approfittava per tener conto di eventuali danni o spese; sicché mancava quella struttura lineare, di semplice invito ad accertare un determinato punto, che la giurisprudenza classica esigeva per parlare di pregiudizio. Ma nell'epoca postclassica e giustinianea, e forse già prima nella giurisdizione dell'apposito praetor ex liberalibus causis istituito nei primordî del Principato, il processo di libertà diviene appunto il più importante fra i praeiudicia.
Nel secondo dei significati definiti in principio, un praeiudicium si avrebbe, ad es., se nel decidere sulla rivendicazione di una cosa, eventualmente appartenuta a un defunto, si attribuisse implicitamente a uno dei contendenti il titolo di erede. In un caso di questo genere, il pretore concedeva alle parti la formula della rivendicazione e lasciava nominare il giudice relativo, ma alla formula stessa premetteva una clausola, detta praescriptio, che suonava: ea res agatur, ne praeindicium hereditati fiat ("si faccia il processo, ma senza pregiudicare la questione ereditaria"); in forza di questa clausola non solamente si poteva intentare in seguito la petizione di eredità, ma chi in questa fosse riconosciuto erede poteva recuperare anche la cosa singola eventualmente attribuita dal primo giudice all'avversario. Analogamente si procedeva in casi simili.
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