pregio (prezzo)
Del suo capostipite latino pretium (Cv I IX 3 sì come non si dee chiamare citarista chi tiene la cetera in casa per prestarla per prezzo, unica occorrenza in questa forma, e Detto 249, dove ‛ pregio ' vale parimente " prezzo " in senso venale o materiale) conserva il significato fondamentale di " valore " che in D. è da riferire principalmente a una sfera morale, per riflesso del provenzale pretz: s'io procaccio di valere, / non penso tanto a mia proprietate / quanto a colei che m'ha in sua podestate, / che 'l fo perché sua cosa in pregio monti; / e io son tutto suo (Rime XCI 62): il gentil disio di ben far che impegna le capacità potenziali del poeta (cfr. i vv. 49-51) è tensione al nobilitamento della sua persona solo in quanto questa appartiene alla sua donna; cosa dunque del tutto disinteressata; in tal senso il p. dell'uno si estende indirettamente anche all'altra.
Questo significato può figurare in assoluto, come complesso di virtù, come " merito " dell'individuo o dell'opera sua: nel conspetto de' quali non solamente mia persona invilio, ma di minor pregio si fece ogni opera, si già fatta, come quella che fosse a fare (Cv I III 5); ma talora si presenta con sfumature etico-civili o cortese-cavalleresche implicanti connotazioni di prodezza e liberalità: la bella insegna... / del gran barone [Ugo il Grande di Toscana] il cui nome e 'l cui pregio / la festa di Tommaso riconforta (Pd XVI 128); io vi giuro, s'io di sopra vada, / che vostra gente onrata [i Malaspina] non si sfregia / del pregio de la borsa e de la spada (Pg VIII 129: chiara la funzione specificata dal complemento); Questi è Rinier; questi è 'l pregio e l'onore / de la casa da Calboli (XIV 88: dove il p. di un singolo uomo costituisce e avvalora la dignità di tutto il casato; per la coppia p.-onore, cfr. Iacopo da Lentini [D]iamante, né smiraldo 14 " e si l'acresca in gran pregio ed onore " e, con leggera variante - " chi vuole presio ed esser honorato " -, Rinaldo d'Aquino Venuto m'è in talento 22); ancora più rilevato per la sottolineatura dell'aggettivo, e anche qui motivo di eccellenza personale e, insieme, di un'intera città, nelle parole di Sordello a Virgilio: o pregio etterno del loco ond'io fui (Pg VII 18; e cfr., per l'evidente parallelismo, il v. 16 0 gloria di Latin).
Altrove, in area amorosa, si accompagna con l'idea della bellezza, ma di una bellezza che, sull'esempio provenzale, trapassa naturalmente in gentilezza di costume e perfezione spirituale: più bella siete, al mio parire, / d'ogni altra donna di pregio laudato (Rime dubbie XVIII 6: cfr. " vostro fin presio mando a la verdura. / Lo vostro presio fino / in giò si rinnovelli ", G. Cavalcanti Fresca rosa novella 5-7).
Al confine fra il senso di " merito " e quello di " fama ", " reputazione ", si colloca l'attestazione di Rime XL 2 Savete giudicar vostra ragione, / o om che pregio di saver portate.
Da segnalare i sintagmi ‛ privare sé di p. ' e ‛ dar p. ', il primo corrispondente a " togliere a sé la buona fama ", come fece, nel caso specifico, Fulcieri da Calboli con i suoi crimini disumani (Pg XIV 63), il secondo a " dar lode ", " esaltare ": Così fer molti antichi di Guittone, / di grido in grido pur lui dando pregio, / fin che l'ha vinto il ver con più persone (XXVI 125).
In Detto 250 ch'i' non troveria pregio / nessun, che mai la vaglia, denota " cosa di valore ". In Fiore CXI 2 in paradiso non de' attender pregio, equivale a " premio ".