PREFICA (praefĭca)
Presso i Romani i cortei funebri ufficiali, disposti e regolati da uno speciale incaricato detto designator, erano aperti da un gruppo di suonatori di trombe (siticines) limitati dalla legge delle XII Tavole a un numero non superiore a quello di dieci. Seguivano le prefiche, donne prezzolate, le quali, con ogni esterna dimostrazione di dolore profondo, intonavano durante lo svolgersi del corteo canzoni laudative in onore del defunto (neniae o mortualia). A intervalli la corifea, quella tra le prefiche che aveva migliore voce, recitava l'elogio del defunto, poi tutte insieme cantavano la nenia al suono del flauto. La recitazione e il canto erano inframmezzati da alte grida di dolore e simulati scoppî di pianto, e accompagnati da gesti di disperazione e da segni apparenti di dolore, quale lo scuotere la testa facendo ondeggiare i capelli disciolti, il battersi con violenza il petto, il singhiozzare. Le nenie funebri erano sciocche e insipide e costituivano un esercizio puramente rettorico, senza alcuna profondità di sentimento. Le prefiche erano seguite nel corteo dai suonatori di tibie (tibicines), e, nei funerali di personaggi più facoltosi, dai mim. Nel rilievo funebre, della fine della repubblica, se non del tempo di Augusto, rinvenuto nel 1879 a Preturo, e ora nel museo di Aquila, rappresentante il corteo funebre di un magistrato municipale, figura, tra l'altro, un gruppo di prefiche. Esse sono rappresentate anche nei rilievi dei sarcofagi con la scena dei funerali di Meleagro. Ai funerali dell'imperatore Pertinace (anno 193) furono cantate delle neniae.
Ancora oggi vige in alcuni paesi (Italia, Grecia, Albania, Romania, Irlanda) l'usanza di chiamare a cantare sulla bara le lodi del morto donne, che il popolo indica con varî nomi (reputatrici, computatrici, voceratrici, ecc.); varî anche i nomi delle loro nenie: riepitu, tribolo, naccarata, titio, vocero, ecc. Le prefiche sono quasi sempre prezzolate e parlano in nome dei parenti intimi, rievocando gli episodî più commoventi della vita del defunto. Se sono più d'una, il canto è intonato da una di esse e le altre fanno il coro. A tale ufficio è indicata, talvolta, la più stretta parente (nell'Irlanda la vedova), che è detta la padrona del canto.
Bibl.: A. De Gubernatis, Storia comparata degli usi funebri in Italia, Milano 1878; E. Rubieri, Storia della poesia popolare ital., Firenze 1877.