Abstract
Nella voce viene illustrata la figura del prefetto dopo le recenti riforme che hanno ridisegnato il profilo complessivo dell’amministrazione italiana introducendo, tra l’altro, anche la nuova denominazione di prefettura-ufficio territoriale del governo. Sono, poi, passate in rassegna tutte le attuali attribuzioni del prefetto, l’organizzazione dell’ufficio e il nuovo ordinamento della carriera prefettizia.
1. Introduzione
Nella storia dell’amministrazione italiana la figura del prefetto, quale rappresentante del governo a livello provinciale, si è evoluta seguendo le trasformazioni che essa ha progressivamente avuto in un secolo e mezzo di storia unitaria. Tappa importante di tale percorso è quella coincidente con l’entrata in vigore della Costituzione, che apre la storia dell’Italia repubblicana introducendo un modello di Stato basato sul pluralismo autonomistico; ma soltanto nel 1970, con l’istituzione delle regioni, gli enti locali divengono effettivamente soggettività pubbliche distinte dallo Stato, dotate di poteri autonomi e quindi, in un tale contesto, la funzione del prefetto è destinata ad assumere un nuovo contenuto.
Un altro rilevante momento di trasformazione si ha alcuni anni più tardi con l’introduzione del federalismo amministrativo di cui alla l. 15.3.1997, n. 59 e relativi decreti delegati, e poi con la riforma del titolo V, parte seconda della Costituzione, contenuta nella l. cost. 18.10.2001, n. 3. Fino ad allora la norma di riferimento per il prefetto era sempre stato il vecchio art. 19 t.u. com. prov. 1934 che, insieme a diverse altre disposizioni di quella legge, era ancora rimasto in vigore identificando il ruolo istituzionale di tale organo come il «rappresentante del potere esecutivo nella provincia», con un fascio di rilevanti attribuzioni in materia di amministrazione locale. Queste ultime vengono definitivamente meno con l’entrata in vigore del nuovo ordinamento delle autonomie locali previsto, in conformità alla Costituzione, dalla l. 8.6.1990, n. 142 e poi con la complessiva formale abrogazione di quell’apparato normativo ormai desueto attraverso il t.u.e.l., approvato con d.lgs. 18.8.2000, n. 267.
A seguito della riforma dell’amministrazione statale introdotta dal d.lgs. 30.7.1999, n. 300 emanato in attuazione della citata l. n. 59/1997, la prefettura acquisisce la configurazione attuale, assumendo la denominazione di prefettura - ufficio territoriale del Governo con il compito di assicurare il coordinamento dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato e, contestualmente, di garantire la leale collaborazione di detti uffici con gli enti locali (art. 11, d.lgs. n. 300/1999, come modificato dal d.lgs. 21.1.2004, n. 29). Si tratta di una formula organizzativa che caratterizza in modo innovativo il ruolo del prefetto facendolo assurgere a momento di aggregazione delle funzioni statali a livello periferico e centro di imputazione della responsabilità di promuovere e facilitare il dialogo e la coesione fra i soggetti istituzionali presenti sul territorio.
Si partirà, pertanto, con l’illustrazione di tale configurazione, esplicitata appunto dalla nuova denominazione dell’ufficio e riassumibile nella funzione di amministrazione generale, e poi si passerà ad esaminare le diverse attribuzioni, che vedono il prefetto impegnato in vari settori (sicurezza pubblica, raccordo con gli enti locali, protezione civile, immigrazione, ecc.) con poteri e competenze particolarmente significative e che richiedono una trattazione specifica.
2. Amministrazione generale
2.1 Premessa
Nella categoria dell’amministrazione generale possono inquadrarsi quelle competenze prefettizie accomunate dalla logica unificante della funzione di rappresentanza del governo nella provincia spettante al prefetto. Un approccio siffatto trova riscontro - come si è detto - nella nuova dimensione acquisita dalla prefettura come ufficio territoriale del governo, che induce a procedere all’illustrazione di dette attribuzioni riunendole appunto nella categoria onnicomprensiva dell’amministrazione generale.
I temi trattati in questo paragrafo saranno, quindi, il ruolo di coordinamento istituzionale svolto dal prefetto attraverso le conferenze permanenti, la potestà di ordinanza, la mediazione nelle vertenze sindacali e fra i vari gruppi sociali, tutti in qualche modo espressione di un compito di amministrazione generale.
2.2 Coordinamento istituzionale
Con la trasformazione della prefettura in ufficio territoriale del governo il legislatore ha inteso recuperare ad essa l’originaria vocazione di ufficio generalista a competenza diffusa ed orizzontale tra più amministrazioni, titolare di un ruolo di coordinamento istituzionale a livello periferico. In tale ambito hanno trovato pertanto coerente collocazione le conferenze permanenti (provinciali e regionali), previste dal comma 2 dell’art. 11 d.lgs 300/1999 e compiutamente disciplinate dagli artt. 4 e 5 del d.P.R. 3.4.2006, n. 180.
Alla conferenza provinciale partecipano i responsabili di tutte le strutture amministrative periferiche dello Stato operanti nella provincia, il presidente della provincia, il rappresentante della città metropolitana laddove costituita, il sindaco del comune capoluogo e i sindaci dei comuni eventualmente interessati alle questioni trattate, o loro delegati, nonché tutti quei soggetti istituzionali di cui è ritenuta utile la partecipazione ai fini delle concrete determinazioni da assumere o che vi hanno comunque interesse. La conferenza regionale, presieduta dal prefetto del capoluogo di regione, ha una composizione analoga, ma gli uffici e gli enti che vi partecipano sono quelli esistenti a livello regionale.
Finalità precipua, oltre al raccordo dell’attività amministrativa delle strutture periferiche dello Stato, è quella di garantire l’attuazione del principio della leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie territoriali, introdotto con la riforma del titolo V della Costituzione, nell’ottica di garantire l’unitarietà della Repubblica. Sicché in quest’ambito il prefetto è titolare di una funzione di amministrazione generale derivantegli dalla sua dipendenza funzionale dal governo unitariamente considerato e il suo coordinamento è interorganico rispetto alle strutture periferiche statali, intersoggettivo allorché faccia riferimento anche agli enti locali.
In coerenza con quanto sinora riferito è la previsione dell’intervento sostitutivo del prefetto, come disciplinato dall’art. 7 del citato d.P.R. n. 180/2006. Detta autorità, infatti, qualora venga a conoscenza di disfunzioni o anomalie nell’attività amministrativa di un ufficio periferico dello Stato, che possano arrecare pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla collettività, previa istruttoria, e dopo aver tentato una mediazione con gli uffici coinvolti, convoca la conferenza permanente per l’esame della situazione ed invita il responsabile dell’ufficio interessato ad adottare, entro un congruo termine, i provvedimenti necessari. In caso di inottemperanza, richiesto l’assenso del Ministro competente e dopo aver contestualmente informato il Presidente del consiglio dei ministri, il prefetto stesso adotta gli atti necessari. In caso di mancato assenso del Ministro, la questione può essere deferita dal Presidente del consiglio dei ministri al governo stesso che, a sua volta, può autorizzare l’intervento sostitutivo del prefetto.
2.3 Potestà di ordinanza
La potestà di ordinanza è lo strumento attraverso il quale il prefetto può sopperire ad eventuali lacune o carenze dell’ordinamento in presenza di avvenimenti e di esigenze di interesse pubblico assolutamente imprevedibili. Presupposto per l’esercizio di tale potestà, prevista da diverse disposizioni di legge, è l’«urgenza», la «grave necessità pubblica», l’«urgente necessità», tutte espressioni queste che la legislazione adotta per identificare una situazione eccezionale, la quale impone una pronta tutela dell’interesse pubblico da parte dell’autorità competente con un provvedimento immediato o con carattere straordinario.
Il più ampio potere di ordinanza di necessità è quello riconosciuto dall’art. 2 R.d. 18.6.1931, n. 773 (t.u.l.p.s.) al prefetto, il quale, laddove sia necessario intervenire con immediatezza per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e nella impossibilità di ricorrere tempestivamente ai rimedi ordinari offerti dall’ordinamento giuridico, può adottare il provvedimento ritenuto nel caso concreto indispensabile.
Nell’applicazione di tale norma, formulata in un ordinamento antecedente a quello previsto dalla vigente Costituzione, occorre tener presente l’indirizzo espresso dalla Corte costituzionale con sentenza 2.7.1956, n. 8, nella quale è stato precisato che le condizioni da soddisfare per ritenere conformi al sistema attuale le ordinanze in parola sono: l’efficacia limitata nel tempo in relazione ai dettami della necessità e dell’urgenza; l’adeguata motivazione; l’efficace pubblicazione nei casi in cui il provvedimento non abbia carattere individuale; la conformità del provvedimento stesso ai principi dell’ordinamento giuridico.
2.4 Mediazione delle vertenze sindacali e sociali
Altra competenza rilevante del prefetto è quella prevista dalla l. 12.6.1990, n. 146 sulla regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali. Tale legge intende attuare una forma di contemperamento tra il diritto di autotutela degli interessi dei lavoratori proclamato dall’art. 40 Cost. ed i diritti della persona costituzionalmente garantiti e ad esso pari ordinati. Il prefetto interviene allorquando viene meno la funzionalità dell’ordinario meccanismo contrattuale di determinazione dei livelli minimi di prestazione dei servizi essenziali e, quindi, nelle ipotesi in cui vi sia fondato pericolo di pregiudizio grave a quei diritti garantiti dalla Costituzione in conseguenza delle modalità di astensione collettiva dal lavoro.
Pertanto, in capo al prefetto, quale autorità garante dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza sociale, laddove lo sciopero abbia rilevanza locale, è riconosciuto dall’art. 8, l. 12.6.1990, n.146, come sostituito dall’art. 7, l. 11.4.2000, n. 83, il potere di adottare, «non meno di quarantotto ore prima dell’inizio dell’astensione collettiva», con ordinanza, le misure necessarie a prevenire il pregiudizio ai diritti della persona costituzionalmente garantiti, derivante dallo sciopero.
L’intervento esplicato del prefetto in tali circostanze è inteso soprattutto ad evitare che dall’esasperazione del conflitto tra datori di lavoro e lavoratori possa essere in qualche modo turbato l’ordine pubblico; comunque esso non può non tendere anche a favorire il raggiungimento di un accordo tra le parti, che possa porre fine al conflitto nell’interesse dell’economia e della occupazione nella provincia.
E questa preziosa opera di mediazione è esercitata dal prefetto non soltanto nelle controversie di lavoro, ma in tutte le vertenze fra i diversi gruppi sociali, ogni qualvolta si riveli opportuna una mediazione fra posizioni collidenti, che possono essere composte soltanto nella visione del superiore interesse generale.
3. Sicurezza pubblica
L’art. 13, l. 1.4.1981, n. 121 definisce il prefetto autorità provinciale di p.s., conferendogli la responsabilità generale dell’ordine e della sicurezza pubblica nella provincia, nonché la potestà di sovrintendere all’attuazione delle direttive emanate in materia; dalla stessa norma viene, inoltre, ribadito che il prefetto dispone della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione e ne coordina l’attività. In parallelo, l’art. 14 della stessa l. n. 121 attribuisce anche al questore la qualifica di autorità provinciale di pubblica sicurezza ed individua le sue competenze fondamentali nella direzione, responsabilità e coordinamento, a livello tecnico-operativo, dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e dell’impiego a tal fine della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione.
Dal quadro normativo ora riferito emergono i termini del rapporto tra prefetto e questore riguardo all’attività di polizia: al primo ne spetta la responsabilità politica, connessa alla scelta del provvedimento da adottare in relazione agli effetti che esso può avere nell’ambito locale e rispetto alle linee della politica governativa; al questore compete, invece, la responsabilità tecnico-operativa dell’attività medesima, dovendo egli provvedere all’attuazione del provvedimento prescelto.
Un ruolo strategico nel coordinamento delle forze di polizia a livello territoriale è quello assegnato al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica dall’art. 20, l. n. 121/1981, più volte modificato ed integrato. Oltre al prefetto che lo presiede, esso è composto dal questore, dai comandanti provinciali dell’Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e del Corpo forestale dello Stato; sono componenti effettivi del Comitato anche il sindaco del comune capoluogo ed il presidente dell’amministrazione provinciale, nonché i sindaci degli altri comuni interessati quando vengono trattate questioni riferibili ai rispettivi ambiti territoriali. Inoltre, il prefetto, sempre ai sensi del citato art. 20, può chiamare a partecipare alle sedute del Comitato le autorità locali di pubblica sicurezza e i responsabili delle amministrazioni dello Stato e di quelle locali interessate ai problemi da trattare e può invitare, d’intesa con il procuratore della Repubblica competente, componenti dell’ordine giudiziario.
La partecipazione degli amministratori locali al Comitato come membri di diritto presenta una valenza molto significativa, in quanto è in coerenza con il ruolo assegnato dalla legislazione più recente, per ciò che concerne la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, agli enti locali, i quali sicuramente dispongono di una visione delle problematiche fortemente ancorata alle dinamiche del territorio. Infatti, le amministrazioni locali possono fornire agli organi istituzionalmente responsabili dell’ordine e della sicurezza pubblica il necessario contributo conoscitivo per individuare le emergenze e le priorità degli interventi e, quindi, favorire tutte le iniziative di prevenzione per ridurre le ragioni di disagio e favorire l’ordinata convivenza.
Nell’ambito della materia in discorso vanno poi considerati i provvedimenti di polizia, che servono a porre in essere le misure limitative dell’attività privata previste dalla legge nell’interesse del mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica. In proposito la casistica dei provvedimenti che il prefetto può adottare è molto ampia e trovasi indicata prevalentemente nel t.u. delle leggi di pubblica sicurezza prima menzionato (R.d. n. 773/1931); a titolo esemplificativo, si citano il porto di pistola per difesa personale (art. 42), la licenza per la detenzione, vendita e trasporto di esplosivi (art. 47), il decreto di riconoscimento di guardia particolare giurata (art. 133) e per l’esercizio di istituti di vigilanza e investigazione privata (art. 134).
4. Raccordo con gli enti locali
Il rapporto con gli enti locali storicamente rappresenta l’ambito privilegiato di azione del prefetto che, con l’evoluzione del nostro ordinamento verso uno Stato fondato sulle autonomie, ha acquisito una nuova dimensione funzionale ispirata alla coesione istituzionale e al principio di leale collaborazione, ma, al tempo stesso, ha visto sostanzialmente ridimensionato il proprio ruolo in tale materia con una notevole riduzione di compiti e attribuzioni.
Il settore attualmente più significativo, che non ha subìto mutamenti, è quello relativo al controllo sugli organi degli enti locali, finalizzato alla sospensione e allo scioglimento dei consigli comunali e provinciali. Ai sensi dell’art. 141, d.lgs. n. 267/2000 è in facoltà del prefetto sospendere, con proprio decreto, il consiglio comunale o provinciale nelle more del procedimento di scioglimento (che si conclude con d.P.R, su proposta del Ministro dell’interno) nelle ipotesi previste dallo stesso art. 141 (ad es. quando il consiglio compia atti contrari alla Costituzione, per gravi e persistenti violazioni di legge, per gravi motivi di ordine pubblico, per mancata approvazione del bilancio nei termini di legge, ecc.). Con il decreto di sospensione il prefetto nomina un commissario prefettizio per la provvisoria amministrazione dell’ente ed attiva la procedura per lo scioglimento dell’organo consiliare.
Una particolare ipotesi di scioglimento di consigli comunali e provinciali è, poi, quella disciplinata dall’art. 143 d.lgs. n. 267/2000, come sostituito dall’art. 2, co. 30, l. 15.7.2009, n. 94, per le ipotesi in cui, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’art. 59, co. 7, dello stesso d.lgs., emergano concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare ovvero su forme di condizionamento degli amministratori, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi, nonché del regolare funzionamento dei servizi ad essi affidati o si rechi serio pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.
Nei confronti degli enti locali permane, inoltre, il potere ispettivo e di verifica che il prefetto può esercitare ovviamente soltanto rispetto alle funzioni amministrative statali attribuite al sindaco nella sua veste di ufficiale di governo (stato civile, anagrafe, statistica, tenuta dei registi elettorali, ecc.). In caso di inadempienze è previsto un potere sostitutivo da parte del prefetto stesso attraverso la nomina di un commissario ad acta.
Fondamentale nell’ambito in esame è, poi, il ruolo del prefetto nel procedimento elettorale, rispetto al quale è garante del suo corretto svolgimento, per far sì che il mandato di rappresentanza affidato dagli elettori ai propri eletti venga a costituirsi nel pieno rispetto delle regole che assicurano l’effettività della competizione fra i diversi schieramenti, nonché della ininterrotta permanenza, in capo agli eletti, dei requisiti soggettivi di candidabilità.
5. Protezione e difesa civile
Nell’ambito del servizio nazionale di protezione civile, istituito dalla l. 24.2.1992, n. 225, il ruolo che l’art. 14 di tale legge attribuisce al prefetto appare obiettivamente rilevante; tuttavia, rispetto a tale significativa configurazione del ruolo prefettizio, le modifiche introdotte successivamente dal d.lgs. 31.3.1998, n. 112, con il conferimento agli enti locali di rilevanti attribuzioni nel campo della protezione civile in virtù del principio di sussidiarietà, appaiono di indubbia consistenza e tali da incidere sensibilmente sul quadro esistente. Infatti tale ruolo finisce inevitabilmente per subire un notevole ridimensionamento, potendosi ora esprimere soltanto in occasione di eventi, che richiedono mezzi e poteri straordinari, e non comprendendo più, tra l’altro, la predisposizione del piano provinciale di protezione civile, che ora compete all’ente provincia.
Comunque, è indubitabile che, di fatto, al momento del verificarsi dell’evento calamitoso, prima che se ne possa determinare la natura e l’estensione e, quindi, sia possibile individuare l’autorità competente ad intervenire, il prefetto costituisce pur sempre per gli enti locali e la stessa opinione pubblica un essenziale punto di riferimento per favorire il tempestivo avvio della macchina dei soccorsi, con la mobilitazione di tutte le forze a disposizione e per rimuovere le eventuali inerzie. Del resto, ciò è coerente con la funzione attuale del prefetto che, quale organo di “chiusura” dell’ordinamento, assicura comunque una sorta di supplenza istituzionale intervenendo ogni qualvolta sia necessario gestire momenti di difficoltà o patologie del sistema.
Per completezza va ricordato che il prefetto può essere coinvolto operativamente anche nella gestione della difesa civile, rientrante in virtù dell’art. 14 d.lgs. n. 300/1999 tra le attribuzioni del Ministero dell’interno e consistente in quel complesso di attività da porre in essere per difendere la popolazione civile da eventi di natura bellica, che vedono coinvolto, soprattutto nella pianificazione di emergenza, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
6. Potestà sanzionatoria
Tra le attribuzioni del prefetto va menzionato il potere di irrogare sanzioni amministrative, in continuo aumento nel nostro ordinamento, specialmente come risultato di un inarrestabile processo di depenalizzazione, che ha nella l. 24.11.1981, n. 689 il testo normativo fondamentale. Essa contiene una disciplina organica, sia sotto il profilo sostanziale che processuale, della materia degli illeciti amministrativi in genere ed attribuisce la potestà sanzionatoria all’ufficio periferico del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione.
Per evitare possibili lacune nel sistema è poi previsto che, per le violazioni di competenza statale, è comunque chiamato a decidere il prefetto allorquando l’ordinamento dei rispettivi ministeri, alle cui attribuzioni siano riconducibili le singole materie, non preveda uffici periferici (art. 17, co. 1, l. n. 689/1981 e art. 2 d.P.R. 29.7.1982, n. 571). La scelta del prefetto è giustificata dal fatto che si tratta di un agente neutrale, avente competenza generale cui, pertanto, può essere affidato l’esercizio di una tale funzione con indubbio carattere paragiurisdizionale.
Oltre a ciò, sono infine da ricordare numerose altre fattispecie sanzionatorie, previste da leggi specifiche ed attribuite sempre alla competenza del prefetto: in tale ambito si possono citare la l. 11.11.1975, n. 584 (e successive modifiche) sul divieto di fumo e il d.lgs. 30.12.1999, n. 507, che ha proceduto a depenalizzare ulteriori violazioni in varie materie, quali ad esempio quelle relative agli assegni bancari e postali, per le quali è competente il prefetto del luogo di pagamento dell’assegno (art. 4, l. 15.12.1990, n. 386).
Un discorso a parte deve però essere riservato alle competenze prefettizie in materia di violazione del codice della strada, per le peculiarità che contraddistinguono il relativo procedimento. Il codice della strada di cui alla l. 30.4.1992, n. 285 e successive modificazioni enuncia una serie di regole di comportamento che devono essere rispettate in materia di circolazione stradale. L’illecito amministrativo conseguente alla violazione di tali norme comporta in generale l’applicazione di una sanzione pecuniaria e, in alcuni casi, anche di una sanzione accessoria, che va a colpire la patente di guida o il veicolo con cui è commessa la violazione (fermo e confisca).
Infine, di natura diversa è il procedimento sanzionatorio, sempre di competenza prefettizia, previsto dall’art. 75, d.P.R. 9.10.1990 n. 309 come modificato dall’art. 4 ter della l. 21.2.2006, n. 49, volto a reprimere l’uso personale di sostanze stupefacenti. Al riguardo, va evidenziato il rilievo dato dalle norme in questione alla fase preventiva più che a quella punitivo-repressiva, che caratterizza in genere il procedimento di cui alla l. n. 689/1981. Infatti, prima dell’adozione del provvedimento sanzionatorio, sono previsti dei colloqui del prefetto con gli assuntori delle sostanze in parola, al fine di indirizzarli presso strutture terapeutiche idonee per avviare un programma di recupero degli stessi.
7. Diritti civili e immigrazione
La tutela delle libertà civili costituisce uno dei più interessanti spazi di attività assegnati alla competenza del Ministero dell’interno dalla riforma ex d.P.R. n. 300/1999, quale dicastero di garanzia del libero svolgimento dei diritti fondamentali del cittadino costituzionalmente garantiti. Sulle tematiche dell’immigrazione, della cittadinanza, del diritto di asilo, dei rapporti con la religione cattolica e le altre confessioni religiose praticate sul territorio sono, infatti, attribuite alle prefetture, quali strutture periferiche di quel dicastero, rilevanti compiti finalizzati ad assicurare un’ampia tutela alla dignità e ai diritti dell’uomo.
Tra tali compiti sarà illustrata sinteticamente in questa sede la gestione del fenomeno dell’immigrazione, a proposito del quale la prefettura - ufficio territoriale del governo risulta titolare di una serie di rilevanti competenze per regolare appunto il fenomeno immigratorio.
La normativa dettata in materia di immigrazione in Italia (i cui passaggi fondamentali più recenti sono segnati dalla l. 6.3.1998, n. 40, dal d.lgs. 25.7.1998, n.286 e dalla l. 30.7.2002, n.189) persegue lo scopo di regolare i flussi migratori, controllare l’ingresso degli stranieri alle frontiere e disciplinarne le condizioni di soggiorno nel nostro Paese. L’approccio è infatti duplice: da un lato vi è la necessità di condurre la lotta alla immigrazione clandestina, dall’altro il bisogno di approntare gli strumenti per l’integrazione della immigrazione regolare.
Per l’assolvimento dei compiti in tema di immigrazione è attivo presso ogni prefettura lo sportello unico per l’immigrazione, cui è affidato il disbrigo delle pratiche relative alle procedure di assunzione di lavoratori non comunitari o apolidi, di ricongiungimento familiare per non comunitari o apolidi, di assunzione di lavoratori neocomunitari. Lo sportello viene costituito con decreto del prefetto ed è composto da un rappresentante della prefettura, da un appartenente ai ruoli della Polizia di Stato e da uno della direzione provinciale del lavoro; la direzione dello stesso può spettare a un dirigente della carriera prefettizia o a un dirigente della direzione provinciale del lavoro.
Sul tema è da ricordare pure che in prefettura è operante il consiglio territoriale per l’immigrazione, presieduto dal prefetto e composto da rappresentanti delle competenti amministrazioni dello Stato, della regione, degli enti locali, degli enti e associazioni localmente attivi nel soccorso e nell’assistenza agli immigrati, delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro. Tale organismo costituisce lo strumento fondamentale per le politiche dell’immigrazione sul territorio, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale. Gli obiettivi principali sono la programmazione, il monitoraggio, la pianificazione e la verifica delle politiche di integrazione e di accoglienza realizzate sul territorio.
8. Organizzazione della prefettura-ufficio territoriale del governo e ordinamento della carriera prefettizia
La prefettura – ufficio territoriale del governo costituisce il complesso di uffici che coadiuva il prefetto nell’esercizio delle sue attribuzioni. Ha sede in ogni capoluogo di provincia, tranne che in Val d’Aosta, la cui provincia è stata soppressa, e a Trento e Bolzano, ove le funzioni prefettizie sono demandate ai rispettivi Commissari del Governo.
Rispetto all’esigenza di supportare il prefetto nell’esercizio delle sue non poche attribuzioni, l’assetto organizzativo della prefettura deve inglobare organicamente tutte le attività che la vedono coinvolta ed il modulo prescelto è stato quello dell’organizzazione per aree e servizi, ove sono distribuiti i vari affari di competenza. Il modulo organizzativo è flessibile e si adatta a strutture di dimensioni diverse, quindi le prefetture presentano moduli organizzativi differenziati a seconda delle varie sedi.
Comunque, lo schema di base è il seguente: gabinetto del prefetto, area I (ordine e sicurezza pubblica), area II (raccordo con enti locali e consultazioni elettorali), area III (applicazione del sistema sanzionatorio amministrativo), area IV (diritti civili e immigrazione), area V (protezione civile, difesa civile); servizio I (affari economici e finanziari), servizio II (affari amministrativi e contrattuali). Il gabinetto e le aree sono dirette da funzionari prefettizi, mentre i servizi da dirigenti contrattualizzati.
La nuova configurazione della prefettura - ufficio territoriale del governo implicitamente conferma quella che è sempre stata la tipica connotazione del prefetto, come funzionario generalista e punto di congiunzione tra politica e amministrazione; la sua diretta connessione con il potere politico ne fa, infatti, uno dei più importanti canali di trasmissione fra governo e cittadini, assicurando la presenza rappresentativa del governo centrale a salvaguardia dell’unità dello Stato.
Questa peculiare connotazione si riflette sullo stato giuridico e sul rapporto di impiego del prefetto, nel quale è evidente l’elemento “fiduciario”. Infatti, il prefetto viene nominato con d.P.R., su proposta del Ministro dell’interno, a seguito di deliberazione del Consiglio dei ministri. Nell’esercizio delle sue attribuzioni istituzionali il prefetto dipende gerarchicamente dal Ministero dell’interno, anche se, data la sua competenza molteplice, dipende funzionalmente da ogni altro Ministero nell’ambito della cui sfera di attribuzioni svolge la sua azione.
Il suo rapporto d’impiego è estremamente aleatorio, in quanto può essere collocato a riposo prima del tempo o collocato a disposizione con giudizio assolutamente discrezionale del governo e con la sola motivazione generica delle esigenze di servizio (artt. 237 e 238 d.P.R. 10.1.1957, n. 3). Sempre ai sensi di tale d.P.R. (art. 236) è previsto che almeno tre quinti dei funzionari nominati prefetto debbono provenire dal personale della carriera prefettizia.
In relazione a tali peculiarità il personale della carriera prefettizia, insieme a quello della carriera diplomatica, è stato escluso dalla privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, introdotta dal d.lgs. 3.2.1993, n. 29 ed è ora disciplinato da un ordinamento speciale ai sensi del d.lgs. 13.5.2000, n. 139, emanato in attuazione della l. 28.7.1999, n.266 .
Il nuovo ordinamento prevede che la carriera prefettizia sia unitaria in ragione delle specifiche funzioni dirigenziali (tabella A di cui all’art. 1, co. 2, d.lgs. n. 139/2000) attribuite ai funzionari che ne fanno parte. Con tale riforma si è avuta l’attribuzione del rango dirigenziale a tutte le qualifiche, superando il distinguo tra qualifiche direttive e dirigenziali prima vigente. Attualmente la carriera si articola nelle tre qualifiche di prefetto, viceprefetto, viceprefetto aggiunto, e ad ogni qualifica corrisponde l’esercizio di specifiche funzioni (tabella di cui all’art. 2, co. 1, d.lgs. n. 139/2000). Alla carriera si accede mediante concorso pubblico, cui segue un corso di formazione della durata di due anni. Per il periodo di frequenza del suddetto corso, ai partecipanti è attribuita la qualifica di consigliere.
Fonti normative
Art. 11, d.lgs. 30.7.1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n.59), come modificato dall’art. 1, d.lgs. 21.1.2004, n. 29; d.P.R. 3.4.2006, n. 180 (Regolamento recante disposizioni in materia di prefetture-uffici territoriali del governo, in attuazione dell’articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni).
Bibliografia essenziale
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