PRECLUSIONE
. Sotto questo nome si intende "la perdita d'una facoltà processuale per il solo fatto che si sono raggiunti i limiti segnati dalla legge al suo esercizio" (G. Chiovenda). L'istituto della preclusione non si trova regolato in generale, né, tanto meno, definito, nei codici processuali italiani, nei quali è però largamente applicato; dallo studio dei casi d'applicazione il Chiovenda per primo, prendendo lo spunto da un'idea del Bülow, ha tratto un concetto generale al quale ha dato il nome di preclusione, concetto che oggi si trova unanimamente accolto in dottrina e largamente utilizzato nei giudicati.
Scopo della preclusione è quello di assicurare precisione e rapidità allo svolgimento del processo; la perdita di una facoltà processuale avviene o per non aver osservato l'ordine assegnato dalla legge al suo esercizio (come per i termini perentorî), o per aver compiuto un'attività incompatibile con l'esercizio (es., aver compiuto atti incompatibili con l'intenzione d'impugnare una sentenza), o, infine, per aver già una volta esercitato la facoltà (cosiddetta consumazione). L'utilità del concetto di preclusione si manifesta più di ogni altro nel campo della cosa giudicata, in quanto ha permesso di differenziare concetti in precedenza confusi. La cosa giudicata in senso sostanziale, che opera fuori del processo, si fonda sulla preclusione della questione sul fondamento della domanda; invece, durante il processo, possono precludersi varie questioni, ma non si produce su di esse la cosa giudicata poiché durante lo svolgimento del processo potrebbero proporsi nuove questioni o eccezioni che toglierebbero importanza pratica alla preclusione avvenuta. Dalla preclusione può nascere un diritto, ma può nascere di solito una situazione giuridica; e così la preclusione graduale di tutte le questioni nel processo porterà con sé l'acquisizione di elementi che, col concorso di altri successivi, condurranno alla sentenza di merito.
Fra le numerose applicazioni del concetto di preclusione, ricordiamo che nel processo civile: a) la confessione, e così la mancata risposta all'interrogatorio, il mancato disconoscimento di scrittura, precludono il diritto di dedurre fatti incompatibili coi fatti confessati o acquisiti in forza di ficta confessio (art. 1360 cod. civ.; 218, 283 cod. proc. civ.); b) la prestazione del giuramento decisorio o il rifiuto di prestarlo precludono ogni difesa da ambe le parti sui fatti sui quali il giuramento fu deferito; c) l'ordinanza, che fissa il giorno per giurare, preclude il diritto di riferire il giuramento (art. 224 cod. proc. civ.), ecc.; d) l'appello incidentale e per adesione devono proporsi nella prima comparsa (art. 54, r. decr. 31 agosto 1901); e) in appello non possono dedursi nuove domande (art. 490 cod. proc. civ.); f) la sentenza della cassazione a sezioni riunite fa stato rispetto al punto di diritto deciso (art. 547 cod. proc. civ.). Preclusioni possono pure derivare dall'ordine in cui vengono proposte date eccezioni: così, certe eccezioni (di nullità degli atti, d'incompetenza per territorio, di perenzione, ecc.) devono essere proposte prima di ogni altra istanza o difesa. Nel processo penale ricordiamo, per tutte che: a) la costituzione di parte civile può farsi fino a che non siano compiute le formalità di apertura del dibattimento (art. 93 cod. proc. pen.); b) le questioni sulla citazione e intervento del responsabile civile e varie altre deducibili in limine sono precluse, se non proposte subito dopo le formalità d'apertura del dibattimento (art. 439 cod. proc. pen.), ecc.
Bibl.: D'Onofrio, Sul concetto di preclusione, in Studi in onore di G. Chiovenda, Padova 1926; G. Chiovenda, Sulla cosa giudicata, in Saggi di dir. proc. civ., II Roma 1931 p. 399; id., Cosa giudicata e competenza, ibid., p. 411; id., Cosa giudicata e preclusione, in Riv. ital. scienze giuridiche, 1933; id., Istituzioni di dir. proc. civ., I, Napoli 1935, p. 339; II, 1936, p. 478; E. Massari, Il processo penale, I, ivi 1932, p. 449.