precarieta
precarietà s. f. – Termine adottato da P. Sylos Labini per indicare la situazione di individui che vivono una condizione lavorativa caratterizzata da insicurezza a causa della mancanza di continuità nella partecipazione al mercato del lavoro, e non riescono quindi a percepire un reddito adeguato alla pianificazione della propria esistenza presente e futura. Negli anni Novanta del 20° sec. in molti paesi europei sono state attuate numerose riforme dei regimi di regolamentazione del lavoro con l’obiettivo di introdurre maggiore . Ciò ha portato alla creazione di nuove forme contrattuali (v. ; Biagi, legge), che possono condurre in alcuni casi a forme di p. a causa della loro durata limitata, della bassa copertura assicurativa e dei minori diritti. In via generale, infatti, la p. discende da un utilizzo improprio della flessibilità. Tuttavia, la nozione stessa di p. non è sempre impiegata in modo univoco, soprattutto per via dei diversi giudizi che si danno sul suo legame con la flessibilità non sempre negativi, nonché per il sovrapporsi in modo improprio dei concetti di atipicità e precarietà. In generale, la condizione lavorativa tende a precarizzarsi quanto più la temporaneità del contratto si associa a una limitata o assente copertura previdenziale, alla mancanza di ammortizzatori sociali per i periodi di vacanza contrattuale, a una scarsa probabilità di transitare verso contratti stabili. La p. tende ad aumentare anche in conseguenza di una maggiore frammentazione del percorso lavorativo, del sottoinquadramento contrattuale rispetto al titolo di studio e della lunghezza della permanenza nella situazione di incertezza contrattuale; un insieme di fattori che degenerando possono alimentare la definitiva fuoriuscita dal mercato del lavoro soprattutto delle componenti giovanili (v. anche NEET).