Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La corte boema conosce negli anni di regno di Carlo IV del Lussemburgo, del figlio Venceslao IV e successivamente di Sigismondo, ultimo rampollo della dinastia, una stagione artistica particolarmente feconda che fa di Praga una delle città europee più vivaci e colte. I modelli del gotico si diffondono nell’accezione elegante del Weicher Stil, mentre nuove imprese architettoniche, dal castello di Karlstein alla cattedrale di San Vito, vanno ridisegnando il volto della città.
Educato alla corte di Francia, il futuro Carlo IV, re di Boemia, ha l’occasione di conoscere anche la cultura delle corti dell’Italia padana in uno dei suoi viaggi nella penisola. Il fascino che l’arte delle corti esercita sul giovane principe non è senza conseguenze. Artisti italiani vengono, infatti, chiamati a prestare la loro opera e il loro talento in Boemia e oggetti d’arte, usciti dalle botteghe di maestri italiani, sono ambiti dal collezionismo del re e del suo entourage.
Nel 1344 Praga diviene sede vescovile per volere di papa Clemente VI, già precettore del giovane re alla corte di Francia. Subito dopo si dà avvio alla costruzione della nuova cattedrale di San Vito, destinata a divenire luogo della consacrazione regia e mausoleo della famiglia reale. Il progetto viene affidato all’architetto francese Mathieu d’Arras. Peter Parler, quindi, è chiamato a succedergli in qualità di capomastro del cantiere, probabilmente dal 1356, anno in cui è documentata la sua presenza nella capitale. Formatosi presso la bottega paterna a Schwäbisch Gmünd, Peter Parler lavora alle sculture della fronte esterna dell’atrio della Frauenkirche di Norimberga, poi, al servizio di Carlo IV, realizza il decoro scultoreo del castello di Lauf auf der Pegnitz, prestando la sua opera per altre imprese promosse dalla corte, nella chiesa di Ognissanti nel castello di Hradcany e per la torre del Ponte Carlo sulla Moldava.
Dopo la sua incoronazione il 2 settembre 1347, Carlo IV si adopera per consolidare il ruolo della Boemia all’interno dell’impero e per fare di Praga una capitale europea. Pittori, miniatori e copisti, ma anche scultori, maestri vetrai, ricamatori e orefici sono attestati in gran numero nella capitale, segnata da una nuova vivacità artistica nella quale si va sperimentando lo stile gotico internazionale sul modello della corte di Francia.
In viaggio verso l’Italia, Carlo IV viene incoronato con la corona ferrea a Milano il 6 gennaio 1355 nella basilica di Sant’Ambrogio, come era consuetudine, proseguendo poi per Roma. Jan de Streda, personaggio influente all’interno della cancelleria negli anni 1353-1364 e 1371-1374, svolge un ruolo di primo piano anche nell’indirizzare le scelte artistiche di Carlo IV. Il gusto italianizzante è particolarmente vivo nell’illustrazione manoscritta, ad esempio del Liber viaticus del Narodni Muzeum di Praga (ms. XIII A 12), con ascendenze lombarde e parigine alla Jean Pucelle. Ma l’impresa alla quale Carlo IV dedica forse le maggiori energie, di ritorno da Roma, è la ricostruzione del castello di Karlstein.
Ben cinque cappelle sottolineano il carattere sacrale della residenza: la cappella della Santa Croce, dove è custodito il tesoro reale, la cappella delle reliquie della Passione e altre due cappelle dedicate a san Nicola e a san Venceslao oltre alla chiesa titolata alla Vergine. Tra i pittori attivi nella residenza si ricordano Nicholas Wurmser di Strasburgo, e il più noto Magister Theodoricus che lavora alla cappella della Santa Croce. Si tratta di una cappella-reliquiario sul modello della cappella del Sancta Sanctorum al Laterano e, ovviamente, della Sainte-Chapelle di Parigi.
La preziosità del rivestimento pittorico dell’interno, con le pareti impreziosite dall’oro e da pietre semipreziose, doveva evocare la bellezza e lo splendore della Gerusalemme celeste. La presenza delle figure di santi alle pareti era direttamente legata alle reliquie custodite. Tutto il programma era volto alla celebrazione della famiglia reale nella persona di Carlo IV come sovrano pio e saggio. Il lavoro viene affidato al Magister Theodoricus, che sappiamo risiedere presso il castello nel 1359 e al quale si deve il progetto di decorazione dell’interno, che sostituisce al tradizionale medium dell’affresco una serie di tavole lignee dipinte con mezze figure di santi, collocate sulle pareti in registri sovrapposti a formare un’insolita galleria. Il maestro realizza personalmente i disegni ed esegue almeno 30 delle tavole: la Crocifissione, gli Evangelisti, alcuni degli Apostoli e i Santi patroni della Boemia, e Carlo Magno.
Almeno altri tre maestri della bottega intervengono a completare la serie. Il lavoro è terminato in tempi abbastanza rapidi nel 1364 e la cappella è consacrata il 9 febbraio 1365. Un’altra presenza spicca nella cappella ed è quella di Tommaso da Modena. Al pittore si deve infatti il trittico con la Madonna con il Bambino tra i santi Venceslao e Palmazio. Nessuna traccia nei documenti del passaggio di Tommaso da Modena, che lascia la sua firma sul trittico di Karlstein. È ancora oggetto di discussione se il maestro abbia realmente soggiornato nella città boema o, più semplicemente, si sia limitato a inviare dall’Italia la sua opera.
Un gruppo di sette codici, legati alla committenza di Venceslao IV, si conserva oggi tra la Osterreichische Nationalbibliothek di Vienna e l’Universitätsbibliothek di Strasburgo. Il più celebre è la Bibbia ora a Vienna (ms. 2643), miniata da almeno nove maestri. Si tratta di una delle prime traduzioni in tedesco del testo sacro, corredata da un apparato decorativo senza precedenti, purtroppo non completato. Apparteneva a Venceslao anche il libro d’ore oggi a Oxford (Pembroke College, ms. 20). Venceslao IV, come già Carlo IV, si dedicava quotidianamente alla recita delle ore. Il codice riflette nelle scelte iconografiche la devozione per i santi della Chiesa boema, Ludmilla, Adalberto vescovo di Praga e, ovviamente, san Venceslao. Anzi, nella figura di quest’ultimo si nasconde proprio un ritratto dell’imperatore, il cui stemma, fregiato dell’aquila dei re dei Romani, appare nello stesso foglio. In un’altra iniziale del manoscritto Venceslao è dipinto in compagnia della seconda moglie, Sofia di Baviera.
Al declinare del secolo si va meglio definendo quello stile che ancora oggi indichiamo come Weicher Stil, ovvero stile dolce, a significare un particolare momento del gotico, boemo ma non solo, in cui i ritmi si allentano in cadenze sempre più studiate e complesse, con figure allungate e leggere, fasciate da vesti con ricadute abbondanti di pieghe che le nascondono, protagoniste eleganti e quasi in posa sul teatro sacro nell’illustrazione di messali e libri d’ore come nelle raffinatissime tavole di devozione privata. In scultura, ad esempio, sono le Schönen Madonnen, ovvero la Vergine con il Bambino, ad affermarsi come una nuova iconografia tesa a esaltare la bellezza di Maria nel suo rapporto dolce e affettuoso con il Figlio. Ne sono bellissimi esempi la Madonna con il Bambino da Krumlov, oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, o la Madonna con il Bambino del Rheinisches Landesmuseum di Bonn (16058). Presuppone un modello in scultura anche la tavoletta con la Madonna con il Bambino, già nel tesoro della cattedrale di San Vito e oggi al Narodni Muzeum di Praga (P 5463), forse da mettere in relazione con un altare dedicato nel 1415 ai santi Giovanni Battista ed Evangelista nella cappella Hazmburk in cattedrale. Anche il tema del Cristo in pietà, sorretto in grembo dalla Vergine, immagine nota come Vesperbild, conosce negli anni al volgere del nuovo secolo una grande diffusione, in particolar modo in scultura. Opere come la Pietà del Metropolitan Museum di New York (The Cloisters Collection, 2001.78) non possono non suscitare un coinvolgimento emotivo diretto e partecipe nella meditazione devota sulle sofferenze patite da Gesù e insieme da Maria che contempla il corpo esangue del figlio.
Sigismondo (1368-1437) è l’ultimo della dinastia dei Lussemburgo. Diviene re di Ungheria nel 1387 in seguito al suo matrimonio con Maria d’Ungheria e imperatore del Sacro Romano Impero nel 1433, ma regna sul trono di Boemia solo per due brevi periodi (1419-1420 e 1436-1437). Un suo ritratto, oggi conservato a Vienna (Kunsthistorisches Museum), è dipinto, probabilmente intorno al 1436-1437, dallo stesso anonimo artista che ha realizzato una serie di 14 tavole già nel convento dei Cappuccini di Praga, in prestito dal 1939 alla Narodni Galerie. Ignoriamo tuttora quale fosse la destinazione originaria del complesso dei dipinti che presenta, in una serie di figure a mezzo busto, Cristo, la Vergine, san Giovanni Battista, dieci Apostoli e san Paolo e che probabilmente ornavano le pareti di una cappella.