POZZUOLI (A. T., 27-28-29)
Città della provincia di Napoli (da cui dista 12 km.), situata nella regione flegrea sopra un promontorio, nell'insenatura che si apre nella parte settentrionale del Golfo di Napoli e che prende per l'appunto il nome di Golfo di Pozzuoli. Abitata da circa 2700 ab. nel 1532, da 5500 nel 1669, da 9000 nel 1800, e da 15.736 nel 1871, contava nel 1931 27.144 abitanti, quasi totalmente raccolti nel centro urbano. È località interessante per le sorgenti termali di cui è ricca e per i fenomeni bradisismici e vulcanici, che la rendono meta di studiosi e di turisti. Testimonianze dei lenti spostamenti della linea di spiaggia, oltre che sulle ben note colonne del Serapeo, si riconoscono nelle terrazze marine che distinguono la fascia costiera (più importante di tutte la zona detta la Starza). L'attività vulcanica è manifesta nella famosa solfatara, che è una cavità craterica di forma ellittica (asse maggiore: 770 m.; asse minore: 580 m.) la quale si apre a poco più di un chilometro dal centro abitato, nella parte di ENE.; attraversa una fase vulcanica che si suol dire appunto di solfatara e che consiste nell'emissione di vapore acqueo che deposita zolfo, solfuri, ecc., in sorgenti di anidride carbonica e di acqua minerale, e in getti di fango ad alta temperatura. L'ultima eruzione della solfatara sarebbe avvenuta nel 1198. Il territorio comunale di Pozzuoli ha un'estensione di kmq. 43,23; esso è coltivato prevalentemente a ortaggi, a viti e ad alberi da frutta. Fino a pochi anni fa Pozzuoli ebbe nel vasto stabilimento Armstrong, ora inattivo, un centro di intensa attività siderurgica. Il porto ha avuto nella media annua del triennio 1928-30 un movimento di 77 navi e di 7612 tonn. di merce (di cui 4679 di merce imbarcata). Pozzuoli ha stazione sulla direttissima Napoli-Roma e sulla ferrovia secondaria Napoli-Torregaveta; essa è congiunta a Napoli anche da una linea tramviaria.
Le acque clorurato-sodiche termali (fino a 69°) di Pozzuoli per bagni sono indicate contro reumatismo, artrite, postumi di traumi, forme ginecologiche. Stagione: maggio-ottobre.
Pozzuoli nell'antichità. - Pozzuoli (lat. Puteŏli), al centro del golfo che si apre fra il promontorio di Pausilypon e il Capo Miseno, ebbe nell'antichità una funzione eminentemente mercantile nello sviluppo dei traffici marittimi fra l'Italia, l'Egitto e l'Oriente mediterraneo. Fondata nel 529-8 a. C. da fuggiaschi politici di Samo, con il nome augurale di Dicearchia (Δικαιάρχεια) entro l'orbita territoriale e politica di Cuma, sostenne e difese dapprima le sorti dell'ellenismo campano contro gli Etruschi e gli Italici. Ma caduta nel 421 Cuma sotto l'occupazlone sannitica, Pozzuoli, attratta ormai nella nuova confederazione politica di Capua, venne a trovarsi in naturale antagonismo con Napoli; da ciò l'ipotesi seducente, ma non confortata da validi argomenti, di varî storici e numismatici che alla vita della sannitica Puteoli attribuiscono il gruppo delle monete greco-campane con la leggenda Phistlus o Phistluis. Sottomessa la Campania a Roma nel 338, Puteoli dovette avere, al pari di Capua e di Cuma, la civitas sine suffragio, e, più tardi, nel 318, la giurisdizione dei praefecti iure dicundo. Respinto vittoriosamente un attacco di Annibale dal presidio romano che vi aveva posto Fabio Massimo (a. 215), la città ebbe un nuovo inizio di vita con la deduzione di 300 famiglie romane e con la sua trasformazione in colonia civium romanorum (a. 194).
I Romani, che durante la 2ª guerra punica avevano avuto occasione di apprezzare l'enorme vantaggio che per essi costituiva il porto di Pozzuoli, già aperto per lunga consuetudine allo sbocco delle vie di navigazione con la Grecia e l'Oriente, e collegato con facili strade con i grandi centri del retroterra campano, non esitarono, lasciando a Napoli la sua indipendenza politica, di fare di Puteoli il porto mediterraneo di Roma, per la conquista politica e commerciale dell'Oriente ellenistico; una frontiera doganale, con esazioni ed esenzioni di speciali tributi, assicurava alle merci del porto puteolano un regime di preferenza rispetto a quelle del vicino porto di Napoli. Così mentre Roma si avviava alla conquista dell'Asia, della Siria e dell'Egitto, Puteoli allargò anch'essa il suo respiro sul mare: vide affluire ambascerie di dinasti, di retori e di filosofi del decadente ellenismo, navigli carichi di mercanzie esotiche e rare e navi annonarie; accolse nell'oscuro meandro delle vie del suo quartiere portuale, la moltitudine più varia e poliglotta che potesse animare un mercato greco-orientale: Alessandrini e Greci d'Asia Minore, Siri, Tirî ed Eliopolitani, Ebrei e apostoli della nuova fede, Nabatei del Mar Rosso; aprì le sue porte ai culti più esotici; assunse, in una parola, l'aspetto, il colore e la funzione di un grande e frequentato emporio marittimo; di modo che il poeta Lucilio poté (126-125 a. C.) chiamarla Delus minor e, più tardi, Stazio (Silvae, III, 5, 74) litora mundi hospita.
Torbidi, ribellioni, congiure, processi scandalosi animano questo quadro, senza togliergli tuttavia quello che sostanzialmente esso fu: l'esperimento vittorioso di Roma nel commercio d'oltremare e l'esercizio della politica finanziaria attraverso la grande scuola del commercio mediterraneo.
Dubbia e controversa è la situazione giuridica di Pozzuoli nell'età di Silla e nella prima età dell'impero. Ebbe da Nerone nell'anno 63 il diritto e il rango di colonia con la denominazione di Colonia Claudia Neronensis Puteolana e, successivamente, da Vespasiano, in premio di averne seguito le sorti nella lotta con Vitellio, ebbe assegnata una parte dell'agro campano e il nuovo titolo di Colonia Flavia Augusta Puteolana.
Ma la fortuna di Puteoli declinò con l'impianto e con il rapido sviluppo del porto claudio-traianeo di Ostia, che fece deviare verso le foci del Tevere la massima parte del traffico marittimo del golfo puteolano. Restò tuttavia, dopo il distacco da Roma, il principale porto della Campania, finché le invasioni barbariche la trovarono indifesa nella sua tarda e stanca opulenza di città mercantile e industriale. Napoli accolse allora fra le sue mura la sua popolazione fuggiasca; e i pochi rimasti, abbandonati i quartieri del porto minacciati dal lento movimento bradisismico e le più alte pendici dei colli, si ridussero sul mare intorno all'altura del Castello, là dove era per prima sorta la colonia dei profughi di Samo.
Monumenti. - L'alta funzione economica che ebbe Puteoli nell'età della repubblica e dell'impero è ampiamente documentata dalla ricchezza e dalla grandiosità dei monumenti, le cui vestigia sono ancora superstiti nell'area dell'abitato; sepolti o semisepolti sotto il livello del mare sono peraltro i monumenti e le opere portuali del quartiere marittimo a causa dei bradisismi; inglobati nelle abitazioni moderne, molti edifici grandiosi; trasformato in chiesa cattedrale, dedicata al martire puteolano S. Procolo, il tempio che il patrizio puteolano L. Calpurnius, con l'opera dell'architetto L. Cocceius, costruttore delle grandi cryptae sotterranee di Cuma e di Neapolis, aveva innalzato sull'acropoli a Roma ed Augusto, forse sul luogo stesso di un più vetusto tempio greco.
Della città bassa e del porto restano, entro la costruzione dell'attuale molo, tracce della poderosa gettata romana a pilastri ed archi (opus pilarum), che per la sua larghezza e per la sua lunghezza (m. 15 circa per m. 372), era uno degli esempî più tipici e più grandiosi dell'ingegneria portuale romana (costruita da Augusto, danneggiata da una violenta mareggiata sotto Adriano, riparata da Antonino nell'anno 139); ma interamente sommersi sono i lunghi portici che, intitolati al nome di varie divinità, fiancheggiavano la sontuosa ripa puteolana. Sopravvive invece, nel suo duplice interesse archeologico e geologico, il monumento più singolare di tutta la regione flegrea, il cosiddetto Tempio di Serapide, che per la sua pianta e per la stretta analogia che presenta con altri edifici simili di Roma, di Pompei, di Timgad, va identificato col Macellum o mercato alimentare della città; distrutti i grandi macella di Roma, quello di Pozzuoli è, grazie alla singolarità del fenomeno geologico che lo ha preservato, uno dei più grandiosi e dei più integri.
È un'area quadrata (m. 59 per m. 65,50 di lato) che comprende un cortile centrale porticato e una serie di ambienti disposti lungo i quattro lati; quelli dei lati più lunghi, a forma di vere e proprie botteghe, si aprono alternativamente o verso il portico interno o verso un ambulacro esterno; tabernae più spaziose si trovano sul lato meridionale, dove si apriva l'ingresso principale; di contro all'ingresso, sono una grande cella absidata, preceduta sulla linea del portico da quattro grandi colonne di cipollino (di cui tre ancora in piedi), e ambienti che dovevano essere destinati alla vendita di carni e di pesce, mentre i due maggiori ambienti all'angolo, per la singolare disposizione che vi si osservò in tempo di emersione, erano due grandi latrinae pubbliche rivestite di marmi e dotate di acqua corrente. Restano, al centro dell'area, gli avanzi struttivi ed architettonici della rotonda a forma di tempietto circolare (monopteron). Le parti più antiche dell'edificio sembrano dell'età flavia; ma molto esso dové essere rimaneggiato e ricostruito nell'età degli Antonini e dei Severi.
Sottoposto alle lente inesorabili oscillazioni del suolo, invaso attualmente dalle acque termo-minerali che scaturiscono in gran copia dal sottosuolo in prossimità del litorale, il Tempio di Serapide con le sue tre grandi colonne di cipollino corrose lungo il fusto dai fori dei litodomi, rappresenta l'indice metrico più prezioso che si abbia per misurare il fenomeno del bradisismo, così accentuato lungo tutta la rada di Pozzuoli. Il livello più alto a cui è giunta nel passato l'acqua del mare è di m. 5,719 dal piano di posa della colonna; l'ultima misurazione del 1933 dava a m. 2,05 di profondità il piano del pavimento.
Sulle pendici della collina, che sale rapidamente verso il cratere della Solfatara, lontano dall'affollamento e dai rumori dell'emporio, innanzi all'aperto panorama del golfo, era il quartiere più signorile della città, ricco di monumenti, di sontuose abitazioni e di ville; e qui restano ancora gli avanzi più grandiosi degli edifici pubblici, il grande anfiteatro di età flavia (v. appresso), l'anfiteatro minore più antico, di età augustea, le terme pubbliche (cosiddetto Tempio di Nettuno) che riproducono, nella pianta e nella distribuzione, il tipo architettonico delle terme quale si venne determinando a Roma dall'età dei Flavî in poi, e vasti impianti di riserve di acqua, alimentate dall'acquedotto campano e dall'acquedotto claudio del Serino. Sboccavano nella città alta le grandi arterie stradali della Campania: la Via Domitiana da Cuma, la Via Campana da Capua, la Via Antiniana da Neapolis. E, appena fuori delle porte, ma soprattutto fuori della porta della Regio palatina, lungo un gran tratto della Via Campana, si estende la necropoli, una delle più vaste e più grandiose che si conoscano, ricca di mausolei e d'ipogei, alcuni dei quali conservano tracce di decorazione a stucco e a pittura.
Dei monumenti pubblici resta ancora in buona parte intatto l'anfiteatro, che la città costruì a proprie spese sotto il regno di Vespasiano; è per le sue proporzioni (misura dell'asse longitudinale m. 149, dell'asse trasversale m. 116) il secondo degli anfiteatri campani e il terzo, rispetto al Colosseo, degli anfiteatri d'Italia; la capacità viene calcolata a 35-40.000 spettatori (v. anfiteatro). Spoglio della sua decorazione architettonica esteriore, violentemente strappata dalle masse murarie, conserva peraltro in perfetto stato i sotterranei dell'arena (attribuiti generalmente ad età posteriore), dai quali, meglio che in altri anfiteatri, è possibile farsi un'idea chiara del complicato e grandioso meccanismo degli spettacoli delle cacce e dei combattimenti con fiere. (V. tavv. XXXV e XXXVI).
Bibl.: Loffredo Ferrante, Antichità di Pozzuoli e luoghi convicini, Napoli 1580; G. C. Capaccio, Historia Puteolana, Napoli 1604; P. A. Paoli, Antiquitatum Puteolis, Cumis, Bais existentium reliquiae, Napoli 1768 (Atlante con 68 tavole); J. Beloch, Campanien, 2ª ed., Breslavia 1890, p. 88 segg. (tav. III); C. Dubois, Pouzzoles antique. Histoire et topographie, Parigi 1907; E. Ciaceri, St. d. Magna Grecia, III, Milano 1932, passim; A. Maiuri, I Campi Flegrei, Roma 1934, pp. 17-56; id., La funzione economica e commerciale di Pozzuoli nell'antichità, in Atti del XIX Congr. Naz. dei Campi Flegrei, 1928.