poverta
povertà Stato di indigenza consistente in un livello di reddito troppo basso per permettere la soddisfazione di bisogni fondamentali offerta dal mercato, nonché in una inadeguata disponibilità di beni e servizi di ordine sociale, politico e culturale. La p. è una variabile legata allo sviluppo della società ed è, dunque, un fenomeno complesso analizzabile sotto diversi aspetti.
La definizione di p. come carenza dei mezzi indispensabili alla mera sussistenza dell’individuo non è sufficiente a rendere il concetto univoco. Infatti la stessa sussistenza è definita in maniera diversa dalle varie teorie economiche. Inoltre, la scarsità dei mezzi è legata alle condizioni storiche di sviluppo della società (la p. di una società primitiva è diversa da quella di un’economia industrializzata) e varia in base al territorio in cui essa si manifesta. La relatività del concetto di p. si applica anche alla struttura sociale considerata. Difatti, dati il luogo e l’epoca storica, la p. non esprime soltanto la condizione di coloro che possiedono una quantità di beni materiali insufficienti alla sopravvivenza, ma anche di quelli che ne dispongono in quantità minore rispetto ad altri. In tal senso il concetto di p. è relativo anche alla distribuzione dei beni che si realizza nell’ambito di una medesima struttura sociale. Nelle società del terzo millennio, il problema della p. assume aspetti completamente diversi a seconda che si considerino Paesi industrialmente avanzati o arretrati. Nei primi, il livello complessivo del prodotto nazionale è abbastanza alto da consentire un alleviamento della p. attraverso una redistribuzione, ma permangono cosiddette isole di p., aree sottosviluppate rispetto al resto del Paese, o anche zone urbane in cui si concentra un gran numero di individui poveri e, spesso, socialmente emarginati. Nei Paesi meno sviluppati il prodotto pro capite è invece così basso che una ripartizione di reddito fra ricchi e poveri non sortirebbe l’effetto di accrescere i beni materiali dei poveri. Mentre nei Paesi sviluppati la possibilità di risolvere il problema della p. risiede nelle politiche redistributive, nei Paesi arretrati i programmi di riduzione della p. sono rivolti a favorire la crescita economica, o consistono in trasferimenti di reddito dai Paesi ricchi orientati alla promozione dello sviluppo economico, e anche in misure intese ad assicurare il soddisfacimento dei bisogni di base. È possibile peraltro parlare di p. nell’ambito di una società soltanto individuando un certo livello di riferimento (linea della p.).
Si utilizza, come indice di misura della p. assoluta, un paniere di beni e servizi essenziali in grado di assicurare alle famiglie uno standard di vita che eviti forme di esclusione sociale. Il valore monetario di tale paniere costituisce la soglia di p. assoluta per l’anno in cui è stato definito; viene aggiornato nel tempo per tenere conto delle variazioni dei prezzi di beni e servizi. Ovviamente questo modo di misurare la p. assoluta è arbitrariamente condizionato dall’identificazione del paniere; i Paesi che operano tali misurazioni aderiscono a standard internazionali che stabiliscono quali prodotti e prestazioni sono considerati essenziali.
La linea di p. relativa viene invece costruita attraverso indicatori statistici della distribuzione del reddito in una nazione. La p. relativa implica quindi un concetto di ‘distanza’ del reddito tra gruppi sociali ed è più vicina al concetto di disuguaglianza. Nelle rilevazioni ufficiali dei Paesi industrializzati si fa riferimento all’ISPL (International Standard of Poverty Line), che consente di misurare la p. in termini relativi rispetto al tenore di vita medio della popolazione. Così, si definisce povera una famiglia di due componenti che ha una spesa per consumi inferiore o uguale alla spesa media pro capite nel Paese e, per famiglie di diversa ampiezza, si ricorre a scale di equivalenza, cioè coefficienti correttivi in modo da tenere conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare della dimensione del nucleo familiare.
La p. può anche essere interpretata come l’esclusione di un individuo o di un gruppo dalla partecipazione alla vita economica e politica e dall’integrazione sociale nella comunità a cui appartiene. Possono esserne la causa sia fattori soggettivi, come l’età o le condizioni di salute, sia fattori connessi con l’organizzazione sociale nel suo complesso, come l’accesso ai servizi sociali, il grado di istruzione, le opportunità occupazionali, il godimento o meno di alcuni diritti di cittadinanza. Anche a livello delle istituzioni internazionali si è, perciò, considerato opportuno misurare la p. non solo in termini di reddito o di spesa per consumi, ricorrendo agli indici di diffusione (o di incidenza) della p. e agli indici di intensità della p., ma anche attraverso parametri costruiti facendo riferimento alla combinazione delle diverse cause da cui la p. può dipendere. Dal 1997 l’UNDP (United Nations Development Programme), organismo delle Nazioni Unite finalizzato alla promozione dello sviluppo, ha studiato l’andamento della p. nei Paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo, utilizzando l’indice di p. umana (IPU), che tiene conto non solo del reddito pro capite, ma anche delle opportunità degli individui di vivere un’esistenza accettabile. In particolare, l’IPU raggruppa in un unico indice composito 4 dimensioni di base dell’esistenza umana: la durata della vita e le condizioni di salute; l’accesso alle conoscenze; la disponibilità economica e il grado di partecipazione sociale.