povero
Riferito a persona, nel senso proprio di " indigente ", p. si trova adoperato per lo più in funzione predicativa; spesso anche con valore di sostantivo.
Fra gli esempi di povertà, nel Purgatorio, è ricordato quello della Vergine: Povera fosti tanto, / quanto veder si può per quello ospizio / dove sponesti il tuo portato santo (Pg XX 22). Nel caso di Romeo di Villanova, che dalla corte di Raimondo Beringhieri partissi povero e vetusto (Pd VI 139), l'aggettivo, grazie anche all'accostamento a vetusto, acquista più intenso significato: " quasi dica: consumò l'età sua presso all'ingrato signore sanza premio " (Landino; e si veda anche la lunga esposizione della vicenda fatta da Benvenuto: cedendo alle insinuazioni dei suoi cortigiani, " Raymundus... petivit ab isto [Romeo] rationem villicationis suae. Cui Romeus: Veni ad curiam tuam pauper, et pauper inde recedo. Et continuo accepta mulula et veste sua peregrina, quam ab initio reservaverat, recessit "). Analogamente per s. Pietro, che povero e digiuno si diede a seminar la buona pianta (XXIV 109): la povertà dell'Apostolo, in contrasto con la grandezza dell'opera a lui dovuta, fa meglio risaltare l'eccezionalità del ‛ miracolo '.
Una dittologia analoga si ha nel Fiore, nelle sarcastiche parole di Falsembiante (e' sarà pover e tristo / colu' che viverà di lealtate, CXVII 3); e ancora, con l'aggettivo sostantivato: il pover... / più ch'i' posso il metto da l'un canto (CVI 10); sed i' sono da nessun biasmato, / perch'io il pover lascio e 'l ricco stringo... (CVIII 10; la contrapposizione a ‛ ricco ' si ha anche in altri casi: cfr. per es. LXXXV 9 Uomini pover, opposto a uomini ricchi del v. 5). Non meno spregiudicati i consigli della Vecchia a Bellaccoglienza: In pover uom non metter già tu' amore, / ché non è cosa che pover uom vaglia (CLXIX 1 e 2); se la donna si accorge che uno degli uomini da lei ‛ catturati ' fosse pover, gittil per la scala (CLXVII 14); e quando ha trovato l'amante adatto, faccia in modo che pover rimanga il dolente, / ella rimanga ricca e ben calzata (CLXVIII 13). Nella stessa accezione si vedano, ancora sostantivati, Fiore CXIV 5, CXV 3 e 10 (dove si discute del precetto evangelico di dare ogni ricchezza ai p.); e inoltre Pd XII 89 la sedia [del pontefice]... fu già benigna / …a' poveri giusti, " ai poveri onesti, non ai gallioffi " (Buti): dove affiora un'eco della polemica contro l'avidità degli ecclesiastici.
Si manifesta nella sciatteria dell'abbigliamento dimesso l'umile condizione di Drittura, che si dichiara povera... a panni ed a cintura (Rime CIV 36: si noti il costrutto): discinta e scalza, con le vesti lacere, l'aveva infatti rappresentata il poeta (vv. 26 e 27).
Sempre riferito a persona, nella forma alterata ‛ poverello ', l'aggettivo esprime lo stato d'animo con cui D. considera i personaggi cui lo attribuisce: che è piuttosto di compassione per il mendicante, il poverello contro cui si scaglia la furia dei cani (If XXI 68), di commossa ammirazione per la poverella cui si accomunò Pietro Lombardo nell'offrire a Santa Chiesa suo tesoro (Pd X 107: è la ‛ vidua paupercula ' la quale, dice Luca, donò " omnem victum suum, quem habuit " [21, 2 e 4]; l'episodio è ripreso dallo stesso Pietro nel prologo dei suoi Sententiarum libri). Il poverel di Dio (Pd XIII 33) è s. Francesco, così come i suoi seguaci sono gli scalzi poverelli, la gente poverella (XII 131, XI 94).
In un passo della Vita Nuova l'aggettivo ha valore figurato alludendo a uno stato d'animo depresso, privo di gioia. Ma si noti, nel contesto, la presenza di termini riferentisi a una reale ‛ ricchezza ': Or ho perduta tutta mia baldanza, / che si movea d'amoroso tesoro; / ond'io pover dimoro / ... Sì che volendo far come coloro / che per vergogna celan lor mancanza, la loro " povertà "... (Vn VII 5 7: " me ne vivo misero e sconsolato ", commentano Barbi-Maggini, rimandando a Iacopo Cecchi Morte, poi ch'io 7-8 " Perché tu, Morte, puoi la vita mia / povera e ricca far, come a te piace "). In un ambito decisamente metaforico è anche l'occorrenza di Cv I I 9 coloro che sanno porgono de la loro buona ricchezza a li veri poveri, cioè a li 'mpediti che di questo cibo [del sapere] sempre vivono affamati (§ 6): dov'è ben posto in luce l'alto valore che D. attribuisce al sapere, autentica ‛ ricchezza '.
Detto di cosa, l'aggettivo allude ancora a scarsezza di mezzi (Oh sicura facultà de la povera vita! [CV IV XIII 12], esplicita traduzione da Lucano V 527-528 " O vitae tuta facultas / pauperis angustique lares! ". In altro senso, è povero il calle, il corso dell'Arno che nel suo tratto iniziale, nel Casentino, " ha poca acqua " [Landino: cfr. Pg XIV 45]); oppure indica, più estensivamente, mancanza di bellezza e di pregio: Non che Roma di carro così bello / rallegrasse Affricano, o vero Augusto, / ma quel del Sol saria pover con ello, " modesto ", paragonato allo splendido carro triunfale simboleggiante la Chiesa (Pg XXIX 117 e 107).
Discusso il significato del termine in Pg XVI 2 Buio d'inferno e di notte privata / d'ogne pianeto, sotto pover cielo, / quant'esser può di nuvol tenebrata. Benvenuto, insieme con tutti i commentatori antichi, chiosa: " coelum, quod est ditissimum tot gemmis lucentibus, tunc videtur pauperatum quando apparet privatum praetiosissimis ornamentis suis ". Invece alcuni fra i moderni intendono: " in luogo di dove si veda solo un limitato tratto di cielo, com'è, per es., in una gola stretta e profonda " (Scartazzini-Vandelli, Porena, Chimenz, Mattalia, ecc.). In particolare, il Porena, esclusa l'interpretazione tradizionale, in quanto comporterebbe, contestualmente, " una sovrabbondanza prolissa e inefficace a un tempo, per dire una cosa semplicissima ", attribuisce a D. il proposito di rappresentare, nei vv. 1-3, " le condizioni per cui una notte poté apparirgli totalmente oscura ", e cioè " una condizione astronomica per cui non si vedesse in cielo non già nessun corpo celeste.., ma nessuno dei corpi più luminosi... sicché, anche se serena, sarebbe una notte oscura "; o " una condizione topografica per cui egli vedesse poco cielo "; o " una condizione meteorologica per cui le nubi coprissero il cielo quanto più è possibile ". A tale interpretazione, che pur ritiene " sottile ", il Sapegno obietta che essa " frantuma e distrugge l'unità dell'impressione poetica, risolvendola in una serie di determinazioni concettuali ".
In altri casi l'aggettivo indica inadeguatezza: cfr. Vn XXXIII 1 Poi che detto ei questo sonetto, pensandomi chi questi era a cui lo intendea dare quasi come per lui fatto, vidi che povero mi parea lo servigio e nudo a così distretta persona di questa gloriosa, " a paragone del merito che a quella persona derivava dal suo rapporto di parentela con Beatrice " (Sapegno); e anche Cv III V 22 0 ineffabile sapienza... quanto è povera la nostra mente a te comprendere!, che in Busnelli-Vandelli è ricondotto a Paul. Rom. 11,33 " O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei, quam incomprehensibilia sunt iudicia eius ! ".