Vedi POTAISSA dell'anno: 1965 - 1973
POTAISSA (Patavissa, Patabissa, Παταουίςςα)
Località della provincia romana Dacia Porolissensis, oggi Turda, presso Cluj, sulla riva sinistra del fiume ArieŞ. Il nome dacico è stato accolto e conservato dai Romani, ed appare nei testi letterarî ed epigrafici in forme diverse: la menzione più antica di P. appare in un miliario dell'anno 106-107 (C.I.L., iii, 1627).
L'identificazione topografica dell'antica P. con l'attuale Turda si deve al Mommsen. La località geto-dacica, anteriore alla conquista romana, ha lasciato scarse tracce archeologiche, dovute a scoperte casuali: resti ceramici (specialmente la tipica "tazza dacica") e monete d'imitazione da monete greche e specialmente macedoni, scoperte sulle alture Dealul Zînelor, Suia, Pordei, ci danno approssimativamente l'estensione di P. in epoca geto-dacica, quand'essa non era che un grosso centro rurale. Occupata dai Romani nel 106, P. è menzionata nel 107-108 quale centro importante sulla strada che traversava la Dacia dal Danubio a Porolissum: allora venne costruito il tratto tra Turda e Cluj (a Potaissa Napocae, C.I.L., iii, 1627). Nei primi anni dell'occupazione romana, P. era una semplice statio, probabilmente con un castrum di unità ausiliari; divenuta poi vicus, sembra aver avuto un'importanza ridotta nella prima metà del sec. II. Con la venuta della legione V Macedonica intorno agli anni 166-167 d. C. la città ha avuto un rapido sviluppo, ottenendo sotto Settimio Severo dapprima il rango di municipium poi quello di colonia e divenendo, per estensione ed importanza, la terza città della Dacia romana dopo Apulum (Alba Iulia) e Sarmizegetusa Ulpia Traiana.
I resti della città romana si estendono per una superficie di circa km 4 × 3. Occasionali ritrovamenti dovuti in generale a lavori agricoli ed edilizi hanno messo in luce un ricco materiale scultoreo ed epigrafico. Solo nel 1958 l'Istituto di Storia antica di Cluj ha iniziato uno scavo sistematico, all'angolo sud-orientale del castro.
Questo castrum, situato sull'altopiano dominante detto Cetate a S-O della città attuale dl Turda, centro della zona archeologica di P., ha le considerevoli dimensioni di m 400 × 570. Ancora nel sec. XIX le sue rovine erano imponenti, ma oggi si può appena seguire la linea del suo muro di cinta. Sembra che vi abbiano stazionato distaccamenti della legio XIII Gemma di Apulum (mattoni bollati). In ogni caso, per un secolo, è stato il principale centro e la sede del comando militare della Dacia Porolissensis.
Il centro civile romano si estendeva a S e ad E del Castrum presso il fiume ArieŞ, sotto la città medievale e moderna di Turda e anche sotto il quartiere denominato Turda Nouă. In base alle numerose iscrizioni trovate a P. appare evidente che l'elemento militare, come sempre nelle province, aveva un ruolo preponderante nella vita della città. Le divinità più diffuse erano quelle del pantheon greco-romano: Giove, Ercole, Liber Pater, Marte, Silvano, Asklepios, Igea, Diana presso le quali godevano di una larga popolarità divinità orientali quali Giove Dolichenus, Mithra, Iside, Serapide.
A cominciare dalla seconda metà del sec. II P. ha avuto un importante ruolo economico, sia quale centro di produzione artigiana (vasi e grandi mattoni, specialmente della legione V Macedonica, suppellettile metallica) sia quale centro commerciale (iscrizione trovata a Salona, C.I.L., iii, 2086 che ricorda un Aur. Aquila dec[urio] Patavisensis neg[otiator] ex Dacia).
Come tutti i centri militari e civili della Dacia, P. è stata evacuata dai Romani nel 271, quando venne ritirata la legione V. Dopo l'evacuazione tuttavia il territorio continua ad essere abitato da parte della popolazione romanizzata come è provato da qualche rara moneta e da uno scarso materiale archeologico del sec. IV d. C.; è di singolare importanza - per la diffusione del cristianesimo in Dacia - una gemma con l'immagine del Buon Pastore e l'iscrizione ΙΧΘΥΣ. Il nome antico di Potaissa è scomparso per sempre e, a cominciare dal sec. XI, viene attestato quello moderno di Turda (ungherese Torda).
Bibl.: C. Daicoviciu, in Pauly-Wissowa, XXIII, 1953, c. 1014-1020, s. v.