postpartitico
(post-partitico), agg. Successivo al modello politico basato sull’organizzazione tradizionale dei partiti.
• La corruzione, la scarsa resa in termini di etica pubblica delle classi politiche post-partitiche da un lato, e il dominio di poteri privati legati a interessi economici dall’altro, condannano una democrazia all’opacità del comando e al declino nella vita civile e materiale. (Michele Prospero, Unità, 25 luglio 2013, p. 15, Forum) • Sembra di capire che il modello post-partitico e da department store sia il segno che il nuovo Pd voglia essere a tutti gli effetti simile a un partito americano. Ma le differenze non mancano e non sono di poco conto. (Nadia Urbinati, Repubblica, 23 ottobre 2014, p. 37, Commenti) • A caratterizzare il suo [di Matteo Renzi] modo di governare, più che l’obiettivo sempre rimasto nel vago di un «partito della nazione» (che ancora presupporrebbe un’idea di partito strutturato in modo tradizionale, di tipo novecentesco per intenderci), è l’idea di una politica postpartitica fondata sul rapporto diretto tra il leader e i cittadini. (Giovanni Belardelli, Corriere della sera, 6 dicembre 2015, p. 26, Idee & opinioni).
- Derivato dall’agg. partitico con l’aggiunta del prefisso post-.
- Già attestato nel Corriere della sera del 7 maggio 1993, p. 9, Interno (Danilo Taino), nella variante grafica post partitico.