postilla
Una sola volta, in rima, in Pd III 13 Quali per vetri trasparenti e tersi, o ver per acque nitide e tranquille / … tornan d'i nostri visi le postille ... I commentatori più antichi intendevano " immagini " riflesse (Ottimo, Benvenuto, Landino) ovvero " le figure e le rappresentazioni " (Buti); il Vellutello chiosa " gli aspetti "; il Venturi, " i delineamenti e le immagini leggermente adombrate ".
Importante la glossa del Lombardi, anche per la fortuna che ha avuto fra alcuni degl'interpreti moderni (Blanc, Sapegno, ecc.): " direi ‛ postille ' essere state ai tempi del Poeta appellate, come parmi che anche a' dì nostri si appellino, non le marginali dichiarazioni solamente, ma eziandio quelle semplici linee, o segni qualsivogliano, che a qualche porzione di scrittura si appongono, o per indicare parole altrove prese, o per richiamar ivi chi legge a maggior attenzione; e che trasferisca Dante per ciò ‛ postille ', cioè cotali linee, a significare i lineamenti dell'umano vólto ". Al che si è obiettato da alcuni che, mentre le note marginali a un testo servono ad aiutare, a chiarire, " qui si accenna a difficoltà... e... la difficoltà è nell'insieme del volto, diafanizzato e smaterializzato " (Mattalia). Tale obiezione, però, non ci sembra molto fondata, dal momento che il Lombardi, e poi, con maggiore chiarezza, il Blanc, vedono la metafora dantesca basata su un'analogia non di funzioni, ma di forme: " quelle deboli immagini sono all'immagine perfetta riflessa in uno specchio ciò che le note succinte (postille) sono al testo d'un libro " (Blanc).
Da ricordare, infine, che a giudizio del Cesari, seguito dal Torraca e dal Mattalia, p. sarebbe diminutivo di ‛ posta ', nel senso di " orma ", " traccia " (cfr. If XXIII 148).