post-gay
s. m. e f. e agg. inv. Chi o che non si riconosce più in uno schema identitario che vincola alle categorie dell’omosessualità.
• In America David Leavitt, protagonista del coming out novel con «Ballo di famiglia» e «La lingua perduta delle gru», ha già coniato un neologismo: letteratura «post-gay», per indicare appunto una letteratura sganciata da qualsiasi legame identitario, finalmente libera di parlare a tutti, omosessuali o non, capace di raccontare storie e personaggi non appiattiti sulle scelte sessuali. (Simonetta Fiori, Repubblica, 11 giugno 2009, p. 38, Cultura) • l’adulterio di Paula con un ragazzo ben più giovane di lei e l’agnizione gay di Carlo sotto le mani forti di un massaggiatore brasiliano, sono narrati con lo stesso peso, senza fare di «Allegra street» un romanzo omo o no. E fa di questa commedia sofisticata un esempio di quella letteratura «post-gay» ‒ rispettosa cioè dei più fluidi slittamenti sessuali ‒ di cui si parlerà, il 17 e il 18, nel convegno «L’arte del desiderio: Omosessualità, letteratura, differenza» a cui [Mario] Fortunato parteciperà nel pomeriggio del 17. (Fulvio Paloscia, Repubblica, 13 marzo 2011, Firenze, p. XIII) • Emerso nell’84 a 23 anni con le short stories di «Ballo di famiglia», [David] Leavitt dimostrò subito un talento scintillante. [...] Quanto alla bandiera di cantore dell’omosessualità, lui preferisce quella di «post-gay»: «Se un tempo rivendicare l’identità sessuale era un’esigenza politica e ideologica, oggi tutto è diventato più elastico». (Leonetta Bentivoglio, Repubblica, 25 agosto 2014, p. 31, R2 Cultura).
- Dall’ingl. post-gay.
- Già attestato nel Corriere della sera del 31 maggio 2005, p. 58, Tempo libero (Lauretta Colonnelli).