post-digitale
s. m. e agg. Fase che segue l’affermarsi dell’informatica; successivo al digitale, alla rappresentazione digitale.
• [Mike] Cooper ha attraversato da professionista, con curiosità e umiltà quarant’anni di musica: dal blues revival inglese al free jazz, dall’improvvisazione radicale all’elettronica, dal folk europeo a quello delle isole del Pacifico (è uno specialista delle tecniche «slide»), suonando accanto ai più grandi esponenti di quasi tutti i generi citati. Sintetizzando così tante influenze in modo sempre personale, oggi si definisce un «primitivista post-digitale, e collezionista di camicie hawaiiane». (Adriano Lanzi, Unità, 7 gennaio 2009, p. 57, Roma) • «Questo sembra quasi un libro post-digitale. Se oggi si digitalizza tutto quello che è cartaceo, io invece ho cartacizzato, perdoni il neologismo, le immagini digitali. Per me il computer è fondamentale nella creazione e nella possibilità di far viaggiare i miei disegni come fossero uccelli migratori, attraverso le email, verso le destinazioni più disparate» (Emiliano Ponzi intervistato da Luca Raffaelli, Repubblica, 2 novembre 2011, p. 57, Cultura) • Il desiderio di «nuovo» ha messo in secondo piano la portata del cambiamento di questi ultimi venti anni e, presi a discutere se sia meglio iOS o Android, non abbiamo colto pienamente l’arrivo del post-digitale. [...] Senza pensiero critico, senza un’etica del post-digitale, quello che ci aspetta è il nuovo mondo di Huxley, dove tutti saremo schiavi e felici di esserlo, (Andrea Resmini, Sole 24 Ore, 25 settembre 2016, p. 11, Nòva24).
- Derivato dal s. m. e agg. digitale con l’aggiunta del prefisso post-.
- Già attestato nell’Unità dell’11 maggio 2001, p. 18, In scena (Enrico Ghezzi), nella variante grafica postdigitale.