POSSAGNO
. Paesello della provincia di Treviso, a 48 km. dal capoluogo e a 9 da Asolo, 276 m. s. m., posto in amena posizione, tra verdi colline ai piedi dell'alta severa montagna lungo le falde del Monfenera (gruppo del M. Grappa, Prealpi Venete), presso la Valorcana, noto soprattutto per aver dato i natali ad Antonio Canova. La parte principale del paese è allineata lungo la strada pedemontana che conduce da Pederobba a Crespano; un bel viale ombreggiato da acacie sale al Tempio Canoviano (m. 333; v. appresso). Il piccolo comune (kmq. 12,08) occupato da prati e pascoli (7,8 kmq.) e da bosco (2,5) contava 1913 ab. nel 1881, 2107 nel 1901 e 2128 nel 1931, di cui circa 900 abitano a Possagno, gli altri in quattro frazioni e in case sparse. D'estate i bovini passano nelle malghe dell'Archeson e dell'Archesetto. Noti del paese sono gli scalpellini, che lavorano i marmi delle vicine cave, o emigrano all'estero.
Monumenti. - La notorietà di questa borgata ai piedi del Grappa è legata al nome di Antonio Canova il quale, natovi nel 1757, l'amò sempre, vi ritornò più volte in vita, la decorò di sue opere e la beneficò largamente alla sua morte. Nel ritiro campestre durante il torbido periodo del 1797 il Canova aveva dipinto per la parrocchiale di Possagno il quadro della Deposizione, poi da lui stesso ritoccato, che dimostra le sue mediocri attitudini pittoriche. Ma più tardi egli volle donare al suo paese addirittura un tempio grandioso in sostituzione della vecchia cadente parrocchiale. Ne diede il disegno e iniziò nel 1819 la costruzione, compiuta solo qualche anno dopo la sua morte.
Eminente sovra un'ampia scalea nella spianata a mezza costa, biancheggia sullo sfondo verde del poggio il compatto dado marmoreo coronato dalla perfetta calotta della cupola e mosso, in ritmo austero di chiaroscuro solo sulla fronte, da un pronao a doppia fila di colonne doriche. Imitazione felice, non fredda copia, del Pantheon. L'interno a rotonda è decorato di affreschi del Demin (Apostoli) e di pale ai quattro altari laterali nicchiati (Moretto, Luca Giordano, Palma il Giovane, Andrea Vicentino), nonché della già ricordata Deposizione del Canova all'altar maggiore. Vi sono inoltre, in altri due nicchioni, il gruppo di bronzo della Pietà, ultima grande opera del Canova e un'urna marmorea con le salme dello scultore e del fratello mons. G. B. Sartori-Canova, davanti alla quale fu posto nel 1922 un tripode in bronzo del Pogliaghi.
La casa del Canova racchiude disegni e pitture del maestro e alcuni pochi marmi, per lo più incompiuti, rimasti, dopo la sua morte, nello studio di via S. Giacomo a Roma assieme ai modelli in gesso. Questi sono riuniti, per dono di mons. Sartori-Canova, nella annessa gipsoteca e formano una importantissima raccolta di tutta l'opera canoviana. Taluni, come quasi tutti i bassorilievi di Socrate, non furono tradotti in marmo. V'è anche l'originale in marmo del monumento funebre De Haro e una serie di bozzetti in creta assai interessanti per cogliere la prima calda ispirazione del maestro. Molti gessi andarono in frantumi per bombardamenti durante la guerra mondiale, ma furono in gran parte accuratamente restaurati.
Bibl.: L. Coletti, La fortuna del Canova, in Boll. del R. Istituto di Arch. st. dell'arte, I (1927).