MASSIMO, Porzia
– Nacque, presumibilmente a Roma, intorno al 1540 da Luca e da Virginia di Giulio Colonna, del ramo romano dei Colonna.
I genitori appartenevano a famiglie giunte ai più alti ranghi della nobiltà romana cinquecentesca attraverso percorsi diversi. I Massimo, in particolare, avevano assistito proprio con il nonno della M., Domenico, alla piena affermazione del proprio prestigio e al sostanziale accrescimento della ricchezza, stabilizzatasi attorno alla metà del XVI secolo. Luca ricoprì diverse cariche municipali di rilievo, rispettando una consolidata tradizione familiare; partecipò all’inizio degli anni Trenta alle divisioni dei beni paterni con i fratelli Angelo e Pietro e, grazie anche alla cospicua dote della moglie, accumulò ricchezze e beni immobili sufficienti a istituire la primogenitura a favore del figlio Lelio.
La M. fu data in sposa nel 1553 a Giovan Battista Salviati, primogenito di Lorenzo e di Costanza Conti, giovane rampollo del ramo della famiglia fiorentina giunto a Roma al tempo del primo papato mediceo con Jacopo, cognato di Leone X per averne sposato la sorella Lucrezia de’ Medici, e inseritosi con successo nel tessuto aristocratico cittadino fin dall’inizio degli anni Trenta.
Dell’unione tra la M. e G.B. Salviati, è evocata dai biografi soprattutto la dimensione spirituale, per la loro appartenenza alla cerchia che gravitava a Roma intorno alla figura di Filippo Neri e l’adesione alla nuova spiritualità di matrice oratoriana. L’avvicinamento della giovane coppia alla cerchia di Filippo Neri fu favorito sia dallo strettissimo legame che questi aveva sviluppato in quegli anni con la famiglia Massimo sia dalla convergenza attorno a lui di buona parte della comunità fiorentina a Roma.
La conversione, intorno al 1555, di Salviati, ricordato come «persona dissoluta e mondana» (Il primo processo per s. Filippo Neri, I, p. 25), è annoverata tra quelle più significative ottenute da Filippo Neri nel suo progetto di moralizzazione dei costumi e delle forme di devozione dell’aristocrazia romana. Nonostante la sua giovane età, sembra che proprio la M., forse già penitente di Filippo Neri da qualche tempo, abbia saputo esercitare un ruolo decisivo, seppure non esclusivo, nell’indurre Salviati a divenirne un discepolo. Alla coppia, probabilmente, va attribuito anche l’avvicinamento a Filippo Neri del fratello di Salviati, Antonio Maria, nunzio in Francia e cardinale, ricordato per la sua intensa attività caritativa, per l’intima amicizia con Neri, per la vicinanza agli ambienti della riforma cattolica.
Sul fatto che la M. stesse maturando in quegli anni una forte vocazione religiosa concordano i profili biografici che la riguardano, pur se talvolta assumono un tono agiografico. Importante fu l’incontro con Caterina Ricci, che la M. frequentò con il marito, e presso la quale trascorse del tempo nel monastero domenicano di S. Vincenzo a Prato. Sembra che la M. sia rimasta profondamente colpita dall’apostolato della Ricci, peraltro legata da amicizia spirituale con Filippo Neri, ed è certo che tra le due si sia sviluppato negli anni uno scambio epistolare, andato perduto.
Il 3 ott. 1562, assistito da Filippo Neri, a Roma, Salviati morì. Rimasta vedova a soli 22 anni, senza che l’unione con il marito le avesse dato figli, la M., con l’incoraggiamento di Caterina Ricci, decise di lì a poco di entrare in convento. Contrastata dai parenti del marito, che temevano la dispersione dei beni spettanti alla vedova, e incalzata invece dalla madre e dal domenicano Vincenzo Ercolani, che fu per alcuni anni suo direttore spirituale, la M. vestì l’abito domenicano il 25 marzo 1563 con il nome di Maria Vittoria nel monastero di S. Lucia a Firenze, dove sembra che Salviati stesso avesse espresso il desiderio che lei entrasse dopo la propria morte. Nel monastero, al quale elargì una parte dei propri averi e di cui divenne rapidamente priora, senz’altro grazie al peso sociale della propria origine ma anche in virtù della stima personale che seppe guadagnarsi, la M. rimase per circa un decennio.
Nel 1572 lasciò Firenze accogliendo l’invito di Gregorio XIII a trasferirsi a Roma per occuparsi della riforma della piccola comunità di terziarie domenicane legate a S. Maria sopra Minerva. Stabilitasi a S. Chiara, nell’antica casa di s. Caterina da Siena dove risiedevano le monache, la M. iniziò di lì a poco la ricerca di una nuova e più adeguata sede per un monastero che doveva riformare la propria regola in senso claustrale, secondo la costituzione Circa pastoralis di Pio V (1566), e voleva rinnovare la propria dimensione devozionale e spirituale e, allo stesso tempo, vedere accresciuto il proprio rilievo in seno alla società romana.
Finanziandone in parte l’acquisto e con il sostegno economico del pontefice, la M. fondò un nuovo monastero per le cateriniane sul Monte Magnanapoli, accanto al Quirinale, acquisendo a tale scopo alcune case lungo la salita e terreni entro gli antichi mercati Traianei. Non era la prima volta che le domenicane trovavano una sede in quell’area della città, dove una comunità di terziarie è segnalata dalla prima metà del XV secolo restandovi, sembra, fino a poco prima della fondazione del nuovo monastero. Ciò dovette senz’altro influire sulla scelta del luogo, ma pesarono anche la familiarità della stessa M. con quei luoghi (era figlia di una Colonna, e nuora di una Conti, la cui famiglia aveva proprietà immobili confinanti con l’area del monastero) e l’importanza che il colle del Quirinale andava assumendo nel quadro del rinnovamento urbano della Roma del XVI secolo. Nello stesso luogo, grazie al favore del pontefice verso il consolidamento della presenza domenicana in quell’area, la comunità femminile di S. Sisto trovò una nuova sede nella chiesa dei Ss. Domenico e Sisto, all’estremità superiore del Monte di Magnanapoli.
La comunità di S. Caterina da Siena a Magnanapoli, rifondata dalla M. e insediatasi stabilmente nell’ottobre 1574, divenne entro breve tempo una delle più ampie di Roma; acquisì prestigio e un peso crescente nella città. Destinazione di fanciulle provenienti dalle più nobili famiglie romane, il monastero vide crescere notevolmente le proprie rendite e la consistenza numerica della comunità (27 nel 1574, le monache erano 100 nel 1620), prima di affrontare, negli anni Venti del XVII secolo, ampliamenti e grossi lavori di ristrutturazione, oltre che la ricostruzione della chiesa, che assunse la veste attuale.
La M. fu a più riprese priora e camerlenga della comunità; lì fu raggiunta dalla madre, che già l’aveva seguita a S. Lucia a Firenze. Guidò la vita del monastero fino alla morte dando prova di rigore, pietà e devozione e di una discreta cultura.
La M. morì a Roma il 31 marzo 1603. Fu sepolta, come il marito, a S. Maria sopra Minerva.
Fonti e Bibl.: Chroniques du monastère de S.Sisto et de S.Domenico e Sisto à Rome écrites par trois religieuses du même monastère…, II, Levanto 1920, p. 8; Il primo processo per s. Filippo Neri, a cura di G. Incisa della Rocchetta - N. Vian, I, Città del Vaticano 1957, p. 25 nn. 104 s.; III, ibid. 1960, p. 391; S. Razzi, Vita di s. Caterina de’ Ricci, a cura di G.M. Di Agresti, Firenze 1965, pp. LXX, 229 s.; Caterina de’ Ricci, Epistolario, a cura di G.M. Di Agresti, III, Firenze 1974, p. 416; IV, ibid. 1974, pp. 33 s., 114 s.; Correspondance du nonce en France Antonio Maria Salviati (1572-1578), a cura di P. Hurtubise, I, Rome 1975, p. 55; A. Zucchi, Roma domenicana. Note storiche, I, Firenze 1938, pp. 225-227, 229 ss.; Ceccarius (G. Ceccarelli), I Massimo, Roma 1954, p. 23; D. Trosa, Prolegomeni alla spiritualità di s. Caterina de’ Ricci, Firenze 1975, p. 201; P. Hurtubise, Une famille-témoin. Les Salviati, Città del Vaticano 1985, pp. 280, 307, 321 s., 355 s.; R. Guarnieri, Nec domina nec ancilla, sed socia. Tre casi di direzione spirituale tra Cinque e Seicento, in Women and men in spiritual culture, XIV-XVII centuries: a meeting of South and North. Papers presented at a meeting in Rome… 1984, a cura di E. Schulte van Kessel, The Hague 1986, pp. 119-123, 127; A. Cistellini, S. Filippo Neri. L’Oratorio e la Congregazione oratoriana. Storia e spiritualità, Brescia 1989, pp. 60 s.; M. Bevilacqua, S. Caterina da Siena a Magnanapoli. Arte e storia di una comunità religiosa romana nell’età della Controriforma, Roma 1993, pp. 11, 18-20, 35, 42, 51, 53, 90; C. Valone, Women on the Quirinal hill: patronage in Rome, 1560-1630, in The Art Bulletin, LXXVI (1994), 1, p. 131; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Massimo di Roma, tav. V.