Portinari
Famiglia fiorentina che, secondo una tesi ricorrente negli scritti degli eruditi e dei genealogisti dei secoli XVI-XVIII. - e accolta anche dal Del Lungo - fu originaria di Fiesole e quindi fu costretta a scendere a Firenze dopo la distruzione di quell'antica città. Priva di fondamento fu ritenuta, invece, l'altra tesi, che faceva i P. originari del Portico di Romagna, ove, tuttavia, un ramo di quella casata si stabilì nel Quattrocento. La data dell'inurbamento dei P. è altrettanto incerta. Il Maraini assegna quell'avvenimento al secolo X, ma con scarso fondamento critico; il Bacci ritiene di poterlo posticipare all'anno 1240, facendo implicitamente del padre di Beatrice un fiesolano fiorentinizzato; recentemente, con una più attenta considerazione della particolare problematica connessa alla vicenda genealogica dei P. in relazione alla storia della città, il Pampaloni lo ha fatto risalire agli anni della distruzione di Fiesole e della generale diaspora dei vinti.
Il primo personaggio di questa casata che sia ricordato in documenti fiorentini è " Torrosianus Portonarii ", fratello di un Folco, citato come testimone nell'atto del 1201 relativo al giuramento dei patti stipulati dai Fiorentini con i Senesi. Figlio di questo " Torrosianus " è Ricovero, il padre di Folco, a sua volta padre - secondo la tradizione risalente al Boccaccio - della Beatrice dantesca e di altri numerosi figli di ambo i sessi. Sono, tutti questi, i personaggi che la critica dantesca e la storiografia di argomento fiorentino hanno messo in maggiore evidenza nella genealogia dei P., celebrando in Folco di Ricovero il fondatore dell'ospedale di Santa Maria Nuova e il padre della " donna angelicata ". Ma anche nella realtà politico - sociale del tempo i P. ebbero un posto notevole - quantunque non preminente -, ricordati come sono tra le famiglie consolari del primo cerchio, entro il cui ambito avrebbero dimorato per secoli nelle case avite, ubicate presso la chiesa di Santa Margherita e presso l'altro tempio che da essi prese nome. Luoghi, questi, che in conseguenza della vicinanza esistente fra le dimore dei P. e quelle degli Alighieri, fra le odierne vie del Corso e dello Studio, sono legati alle memorie di D. e di Beatrice.
La documentazione archivistica relativa alla vita di Folco di Ricovero offre elementi utili per riconoscere ai P. una posizione di notevole rilievo nella società fiorentina del Due-Trecento, e, in particolare, fra gli abitanti del Sesto di Porta San Piero. Dediti al commercio, essi poterono disporre dei mezzi sufficienti non solo a fondare ma ancor più a sostenere nella prima fase di sviluppo la crescita dell'ospedale di Santa Maria Nuova; tuttavia, se il diritto di patronato riservato da Folco ai suoi discendenti procurò a essi privilegi e onori formali, li caricò, in prosieguo di tempo, soprattutto di oneri, che sarebbero divenuti sempre più gravosi e sempre meno sopportabili, in conseguenza delle crescenti esigenze della fondazione e in relazione all'alterna vicenda patrimoniale dei vari rami in cui venne suddividendosi la famiglia dei patroni. Nel Trecento i P. appaiono intenti ad accumulare capitali e ad acquistare possedimenti fondiari mediante l'esercizio della mercatura, piuttosto che a curare d'inserirsi nella vita pubblica cittadina; l'oculata cura degl'interessi economici postulò, anzi, la cautela delle scelte politiche. Se infatti nel 1266 un Uguccione P., insieme con il nipote Giano di Manetto, fu condannato a un - del resto blando - confino nel contado per aver aderito al ghibellinismo; e se i figli di Griso di Assalto di Torrigiano aderirono alla Parte bianca unitamente al consanguineo Uguccione detto Doccia, e poi collaborarono con l'imperatore Enrico VII - e vennero, perciò, banditi nel 1311, ma perdonati nel 1312 dai capitani di Parte -, Folco di Ricovero e i suoi familiari si professarono Neri e poterono perciò restare indisturbati in Firenze, continuando a esercitare i loro traffici e consolidando la propria posizione sociale con alleanze matrimoniali che li legavano alle maggiori casate fiorentine, quali i Biliotti, i Caponsacchi, i Cavalcanti, i Soderini, gli Strozzi. Che i P. abbiano cercato di conservare un atteggiamento di astensione dagl'impegni della politica attiva sembra confermarlo il fatto che dopo Folco di Ricovero nessuno di essi ricoprì più lé cariche di priore o di gonfaloniere.
La loro attività bancaria subì una prima crisi nel 1397; ma senza conseguenze esiziali, perché l'organizzazione e il funzionamento decentrato dei banchi permise il salvataggio di gran parte dei capitali. Intorno alla metà del Trecento, la famiglia si era già divisa in due rami, con i due figli di Giovanni di Manetto di Folco, Sandro e Adovardo.
La vicenda genealogica di tutti questi P. supera largamente i limiti cronologici dell'età di D.; tuttavia, pur nel diversificarsi delle situazioni storiche, delle condizioni politiche, delle capacità personali dei vari esponenti della famiglia, essa resta ancora per lungo tempo collegata idealmente e materialmente al motivo preminente della fama che la distinse nella storia fiorentina, come quella che aveva fondato e che ancora sosteneva e rappresentava sul piano giuridico la maggiore istituzione assistenziale cittadina: l'ospedale di Santa Maria Nuova.
Stemma dei P. fu uno scudo d'oro alla porta del medesimo inserita in un portale d'azzurro sorretto da due leoni rampanti dello stesso.
Bibl. - Fonti utili per lo studio della vicenda genealogica dei P. sono: nella biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, il manoscritto Magliabechiano cl. XXV 401; nell'Archivio di Stato di Firenze, le Carte Dei, gli Alberi Pucci, gli spogli del senatore dell'Ancisa, i " prioristi " di Palazzo e Mariani, e, fra gli atti di contenuto politico e amministrativo, le Provvisioni della Repubblica, i registri del Catasto e della Decima; nella biblioteca Riccardiana di Firenze, i manoscritti Riccardiani 347, 1884, 2009, 2045, 2050, 2328, 3416. Fra questi manoscritti è notevole il n. 2009, contenente una Genealogia dei P. documentata coll'autorità di storie, croniche, manoscritti e altri pubblici strumenti, opera di Folco di Francesco Maria P.; di questa raccolta si è servito poi A. Maraini, per le sue Notizie sulla nobile famiglia P., Firenze 1879. Altri documenti sono editi nelle Delizie degli eruditi toscani, a cura del padre Ildefonso di S. Luigi, ibid. 7770-1789 (cfr. l'indice, nel vol. XXIV), da P. Santini, Documenti sull'antica costituzione di Firenze, ibid. 1895, 63, n. XXXIV, e da G. Cecchini, Il caleffo vecchio del comune di Siena, I, ibid. 1932, 65. Rielaborazione ancora manoscritta di queste fonti in biblioteca Nazionale Centrale Firenze, Carte Passerini, sub v. Portinari. Oltre allo studio del Maraini (non esente, peraltro, da carenze critiche), si vedano le sintesi della genealogia dei P. pubblicate da L. Passerini a commento del romanzo di A. Ademollo, Marietta de' Ricci, ecc., VI, Firenze 1845², 206-207 (che, però, commette alcuni errori, specialmente trattando dei P. dell'età moderna), da G.G. Warren Lord Vernon, L'Inferno, ecc., II, Documenti, Londra 1858, 555-556, e da Scartazzini, Enciclopedia 1547-1548; di gran lunga più documentata e criticamente condotta è la recente ricerca di G. Pampaloni, il quale ha ricostruito la genealogia dei P. nei primi due capitoli del saggio su Il palazzo Portinari-Salviati, Firenze 1960, 11-45. Si vedano anche le opere di S. Ammirato, Albero e istoria della famiglia dei conti Guidi, ecc., Firenze 1640, 63, 75; P. Giovio, Historiarum sui temporis libri XLV, II, ibid. 1550, 93; P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze e de' Fiorentini, ibid. 1593, 70, 114, 127; ID., Difesa della città di Firenze e de' Fiorentini, ecc., Lione 1577, 158, 221; U. Verini, De illustratione urbis Florentiae libri III, Parigi 1583, 64; e, per l'inserimento delle biografie dei P. contemporanei a D. nella storia di Firenze, Davidsohn, Storia III 91, 672, 815; IV II 256, 257; IV III 99, 373. Alla compagnia mercantile dei P. accenna lo stesso autore, op. cit., IV II 715, 812, 813, 838. Dei P. e della loro vicenda genealogica si occupano, naturalmente, anche gli scritti dedicati alla storia dell'ospedale di Santa Maria Nuova; per un esauriente orientamento bibliografico a proposito di questo argomento, cfr. l'altra recente opera di G. Pampaloni, Lo spedale di Santa Maria Nuova, ecc., Firenze 1961, 5-53. Notizie sui P. sono frequenti anche negli scritti riguardanti Folco di Ricovero Portinari.