Port-Royal (o Port-Royal-des-Champs)
(o Port-Royal-des-Champs) Monastero della regione parigina nella valle della Chevreuse, presso l’odierno centro di Trappes.
Il nome primitivo del luogo fu Porrois e da esso derivò poi quello con cui il monastero fu consacrato alla storia. Il luogo fu scelto nel 1204 da Matilde di Garlanda, moglie di Matteo de Montmorency-Marly, per fondarvi un monastero di religiose cisterciensi, che fu presto elevato al rango di abbazia. Decaduto nei secc. 15° e 16°, P.-R. risorse agli inizi del 17° sec. per opera di Jacqueline Arnauld (in religione mère Angélique), badessa dal 1602, che si adoperò per riportare il suo monastero alla piena osservanza della primitiva regola benedettina. Nel 1626, per l’accresciuto numero delle religiose e per le condizioni poco salubri del luogo, l’abbazia fu trasferita a Parigi in alcuni edifici situati nel faubourg Saint-Jacques: sarà questo il monastero di P.-R. de Paris. Decisivi per la storia di P.-R. furono da una parte l’incontro della mère Angélique con l’abate di Saint-Cyran, che dal 1635 assunse la direzione spirituale del monastero, e dall’altra la decisione (1637) di due nipoti di mère Angélique, A. Le Maître e S. Le Maître de Séricourt, di ritirarsi a vivere, nello studio e nella meditazione, nei pressi del monastero parigino di P.-R., dove questi primi «solitari» furono poi raggiunti da Arnauld, il grande teologo, Le Maître de Sacy, Nicole, Pascal. Per i legami che le univano a Saint-Cyran, Nicole, Arnauld e Pascal e per le caratteristiche stesse della loro religiosità, le religiose di P.-R. si trovarono a essere implicate nelle aspre polemiche che fecero seguito alla pubblicazione dell’Augustinus (1640) di Giansenio e della Fréquente communion (1643) di Arnauld e videro il loro monastero oggetto di persecuzione. La grande diffusione delle Provinciales (1656; trad. it. Lettere provinciali) (➔ Provinciali, Lettere) di Pascal, irritando i gesuiti, concorse ad aggravare la situazione di P.-R., contro cui l’autorità prese una serie di provvedimenti, senza che per questo venisse piegata la fermezza con la quale le religiose si opposero alle replicate richieste di sottoscrivere il formulario di condanna delle cinque proposizioni attribuite a Giansenio dalle bolle Cum occasione (1653) di Innocenzo X e Ad sanctam Beati Petri sedem (1656) di Alessandro VII (➔ giansenismo). Già nel 1656 erano state disperse le Piccole scuole e i «solitari» costretti ad abbandonare P.-R.-des-Champs (dove si erano stabiliti nel 1638). Nel 1660 le Piccole scuole furono definitivamente soppresse; nel 1661 pensionanti, postulanti e novizie furono fatti uscire sia da P.-R. de Paris sia da P.-R.-des-Champs; il 3 luglio 1665 tutte le religiose che rifiutarono la sottoscrizione del formulario furono relegate a P.-R.-des-Champs. Seguì qualche anno di tranquillità, dal 1669 alla morte (1679) di madame de Longueville, dieci anni di glorioso tramonto. Accanto alle religiose, si raggrupparono allora intorno a P.-R.-des-Champs protettrici e amici devoti, fra i più bei nomi della società e della cultura francesi; con madame de Longueville, la principessa di Conti, la duchessa di Liancourt, madame de Sablé, madame de Sévigné, Boileau, lo stesso La Fontaine, un po’ più tardi Racine. Poi ricominciarono le persecuzioni. Nell’apr. 1706 fu vietato a P.-R. di ricevere novizie; il 27 marzo 1708 ad instantiam regis Clemente XI soppresse definitivamente il monastero; il 29 ott. 1709 il marchese d’Argenson, luogotenente di polizia, procedette a mano armata alla dispersione delle religiose. Nel 1770 fu ordinata la demolizione degli stessi edifici di P.-R.-des-Champs, che furono rasi al suolo. Anche la chiesa e il cimitero subirono la stessa sorte. La vicenda di P.-R., narrata la prima volta da Racine (Abrégé de l’histoire de Port-Royal, post., 1767; trad. it. La leggenda di Porto Reale) e sempre presente nella cultura francese, ha avuto il suo grande storico in Sainte-Beuve (Port-Royal, 5 voll., 1840-59; trad. it.).
Tra le opere filosofiche prodotte dagli autori che gravitarono intorno a P.-R. rivestono un’importanza centrale la Grammaire générale et raisonnée pubblicata da Arnauld e Claude Lancelot nel 1660 (trad. it. Grammatica generale e ragionata) e la Logique ou art de penser, pubblicata da Arnauld e Nicole nel 1662 (trad. it., La logica o l’arte di pensare: ➔ Logica di Port-Royal). In tali opere si ha la formulazione di una logica d’impostazione cartesiana che, non essendo ancora pubblicati i testi logici di Descartes (le Regulae ad directionem ingenii saranno pubblicate, postume, nel 1701), costituirà uno dei veicoli principali per la diffusione e l’insegnamento del cartesianismo, sebbene con profonde modificazioni rispetto all’impianto originale. Si segnala, innanzi tutto, l’estensione della logica a una serie di ambiti di ordine pratico, morale e storico, mediante l’adozione di un trattamento logico della probabilità (nel lib. 4°) estraneo all’originario progetto cartesiano, incentrato, al contrario, sulla logica della certezza. Mediante l’analisi delle tecniche del ragionamento e del discorso, gli autori di P.-R. formulano una logica e una grammatica omogenee con la conoscenza e con il linguaggio umano, in quanto espressione e combinazione di idee che sussumono tanto i pensieri quanto le cose. La Logique distingue infatti definizioni di ‘nomi’ e definizioni di ‘cose’; le prime hanno carattere arbitrario, le seconde necessario, in quanto corrispondono alle reali proprietà sia degli oggetti che designano sia delle idee che se ne hanno. Nel primo libro l’analisi è incentrata sulle idee (di cose, di maniere di cose, di cose modificate) e sulla teoria dei segni. Lo studio del rapporto fra nomi e idee si estende allo studio del formarsi e dello svilupparsi del ragionamento come del pensiero stesso con attenzione ai diversi tipi di enunciati, anche ingannevoli, e alle fallacie nella dimostrazione (libb. 2° e 3°). Le regole che disciplinano la corretta definizione dei nomi (chiara), degli assiomi (semplici ed evidenti) e delle dimostrazioni che se ne ottengono, vengono ricondotte all’ambito metodologico dove si evidenzia la necessità di ridurre le realtà complesse e di difficile analisi agli elementi semplici tenendo conto, nell’ordine dell’esposizione e della comprensione, dell’ordine naturale delle cose, e accogliendo accanto al metodo analitico privilegiato da Descartes il metodo sintetico proposto da Pascal in De l’art de persuader (1658; trad. it. L’arte di persuadere).