PORRO (lat. scient. Allium porrum L., v. allium; fr. poireau; sp. puerro; ted. Porree, ingl. leek)
Considerato da taluni come varietà colturale dell'A. ampeloprasum L. (il "porrandello" aglio d'Oriente) è ortaggio usato per condimento fino dai più antichi tempi: i Romani lo chiamavano porrum, i Greci πρασίον. È caratterizzato dalla forma del bulbo semplice, allungato-ovoideo, con tuniche bianche generalmente senza bulbilli sotto le tuniche e dagli stami trifidi col segmento mediano lungo la metà della porzione intera; mentre nell'A. ampeloprasum il bulbo è formato da due bulbi disposti ai lati della base del caule circondati da tuniche comuni, che dànno a esso la forma di una castagna. Se ne ignora la provenienza.
Il porro è meno coltivato delle cipolle e dell'aglio; lo si trova qua e là coltivato in molti orti di varie provincie italiane specialmente nel Piemonte (Asti, Casale, Alba, Bra e soprattutto a Chivasso). Zone di speciale coltivazione sono anche nell'Italia centrale.
Le varietà di porro più coltivate e raccomandabili sono le seguenti: 1. Grosso corto d'estate: è varietà precoce, ha bulbo grosso e si coltiva anche in autunno. 2. Lungo gigante d'inverno d'Italia: il bulbo di questo porro è lungo 30 cm. e anche più; è cilindrico, rustico, assai produttivo; nei climi settentrionali non può essere coltivato perché assai poco resistente alle gelate. 3. Grossissimo di Rouen: ha piede corto, grossissimo di circa cm. 15-20 di lunghezza e cm. 5-7 di diametro; è una bellissima varietà produttiva e nell'inverno e nell'autunno; è un porro vigoroso, molto rustico ed è uno dei più coltivati. 4. Mostruoso di Carentan: i caratteri di questa varietà assomigliano a quelli del porro grossissimo di Rouen, dalla quale razza sembra provenga, con miglioramenti: è differente per le dimensioni più grandi del porro e per il maggior spazio che hanno le foglie. La lunghezza del piede di questo porro si aggira dai 20 ai 25 cm., mentre il diametro si aggira dai 6 agli 8 cm.
La coltura del porro si fa seguire a quella di altri ortaggi, per cui sono necessarie lavorazioni accurate e concimazioni abbondanti. Tale coltura si può praticare dopo quella del cavolfiore o del cavolo cappuccio, dei piselli, delle patate, del peperone e dei pomodori. La semina diretta del porro non si usa mai: occorre preparare le piantine nei semenzai. I semi del porro sono in numero di quattrocento circa in un grammo, e un litro di essi pesa circa 550 gr.; la durata germinativa dei semi di porro è abitualmente di due anni. La semina si fa in tempi diversi: le prime semine si fanno in letto caldo nel mese di dicembre o in gennaio per le produzioni estive; le seconde semine si fanno nel marzo e in aprile, sempre in semenzaio, per le prime produzioni nell'autunno; le terze semine si fanno nel giugno e luglio per le produzioni autunnali e invernali. Il trapianto si esegue quando le piantine abbiano raggiunto la grossezza di una matita, in aiole entro solchi della profondità di 8-10 centimetri, distanti fra loro 25 centimetri; e la distanza nelle file si aggira intorno a 15-20 centimetri. Se necessarie, si praticano zappature e si fanno concimazioni azotate in copertura.
Il porro è molto avido di concimi chimici e vuole stallatico ben decomposto. Nelle grandi colture, in terre sufficientemente provviste di materie organiche, una buona somministrazione di concimi chimici è la seguente: nitrato quintali 1-2; perfosfato quintali 5; solfato di potassa quintali 2. Prima del consumo si fa la rincalzatura alle piante per ottenere l'imbianchimento della porzione inferiore del fusto. Della parte inferiore della pianta e delle foglie bianche del porro si fa grande uso in cucina. Il fusto, cotto, si presta molto bene a differenti salse o a svariate zuppe.
Gl'insetti dannosi alle cipolle e agli agli danneggiano anche il porro. Il porro è sottoposto anche a danni speciali dovuti alla Puccinia porri, che è ben combattuta, quando la pianta è giovane, con polverizzazioni a base di solfato di rame, carbonato di soda e ammoniaca.