POROLISSUM
Centro dacico e poi romano nella regione nord-occidentale dell'antica provincia Dacia, che da esso trasse l'appellativo di Dacia Porolissensis. Il nome, conservato in epoca romana, è dacico ed appare sia nei testi che nelle iscrizioni in diverse varianti che si riducono a due forme principali: Porolissum, con il suo derivato aggettivale Porolissensis sia scritto per esteso, sia in forma abbreviata P., Por. (C.I.L., iii, 14468), Porol. (C.I.L., iii, 1486, 1995), Porolis. (C.I.L., iii, 7962) - e Paralissum, con l'alternanza a, o comune nell'onomastica traco-dacica (cfr. Potaissa - Patavissa).
Le rovine della città antica si trovano sul territorio degli odierni villaggi di Moigrad e Jac (a circa 10 km a E della cittadina di Zalău, prov. di Cluj), disseminate su più alture - ultime ramificazioni dei monti Meses - d'una altezza media intorno ai 500 m. Gli scavi, eseguiti tra il 1908 e il 1914, nel 1938-39, 1943, 1949 e ripresi in modo sistematico nel 1958 hanno chiarito solo in parte la complessa topografia di P. che Tolomeo (viii, 4) considerava una pòlis da annoverare tra le più importanti della Dacia.
Le vestigia dell'epoca dacica sono apparse su tutta la vasta zona: sull'altura Citera è stato identificato un abitato dacico fortificato con un vallo di terra e un fossato interno e sulla collina dominante di Măgura una grande necropoli a incinerazione con appositi focolari per sacrifici, per la combustione dei cadaveri con resti di forni, ustrina, e fosse per le tombe propriamente dette. Il ricco e variato materiale archeologico messo in luce dagli scavi e dalle scoperte occasionali illustra lo stadio fiorente della civiltà dacica nel periodo tra Burebista e Decebalo (sec. I a. C. sec. I d. C.), bruscamente interrotta dalla conquista romana.
Terminate le guerre daciche, nel 106 d. C. i Romani occuparono P. - come ci provano due diplomi militari (C.I.L., xvi, 160 e 163) e un'anfora con un bollo dell'officina dell'imperatore Nerva, a Parenzo - e la trasformarono in un punto strategico della più grande importanza nel sistema difensivo del limes nord-occidentale della Dacia. Le truppe che vi stazionavano hanno costruito due castra di terra (uno sull'altura Pomet, l'altro sul Citera) e al più tardi all'epoca di Antonino Pio, li hanno rifatti in pietra. Il castrum dell'altura Citera, distrutto probabilmente durante le guerre marcomanniche del tempo di Marco Aurelio, è stato abbandonato, mentre quello più importante del Pomet è stato ricostruito, sempre in pietra, all'epoca di Caracalla. Il nuovo castrum di 266 × 294 m era assai poderoso sia per lo spessore delle mura, sia per la naturale difesa della montagna. Il sistema difensivo di P. è stato completato da un limes lungo circa 4 km - il limes Porolissensis costituito da un vallo continuo di terra interrotto in alcuni punti da un muro di pietra e rinforzato, a dati intervalli, da torri di pietra o castella di terra. In base ai bolli di mattoni venuti in luce sappiamo che hanno stazionato a P. più distaccamenti delle legioni XIII Gemina, VII Claudia felix, III Gallorum (?), cohors I Hispanorum pia felix quingenaria, cohors VI Thracum, cohors I Augusta Ituraeorum (?), cohors I Brittonum milliaria Ulpia equitata pia fidelis c. R., cohors V Lingonum e il numerus Palmyrenorum Porolissensium sagittariorum c. R. Tra questi distaccamenti solo gli ultimi tre hanno stazionato più a lungo nel castrum di Porolissum.
Insieme alle truppe è venuta a P. anche la popolazione civile, innanzitutto le famiglie dei soldati poi artigiani e commercianti, provenienti dall'Italia e da altre province dell'Impero, specialmente orientali. Intorno al castrum di Pomet, sulle terrazze e i dolci pendii dell'altura, furono costruiti templi ed edifici pubblici. Sulla Terrazza dei Santuari ad O del castrum gli scavi hanno messo in luce più santuarî, dei quali uno circolare (?) dedicato alla dea Suria, probabilmente un'ipostasi di Giunone. Un altro tempio, scoperto nel 1939 proprio di fronte all'angolo N del castrum, è stato innalzato dapprima a Liber pater, divinità particolarmente venerata in Dacia e poi, dopo la ricostruzione eseguita dal numerus Palmyrenorum dell'epoca di Caracalla, al dio orientale Bēl. Su due terrazze a S sono tuttora visibili importanti vestigia di terme e palestre non ancora scavate. Più giù, su una terza terrazza, gli scavi del 1959 hanno messo in luce le rovine di un anfiteatro, in origine un semplice amphitheatrum castrense in legno, più tardi ricostruito in pietra (asse maggiore 6o m) a cura del procuratore Tib. Claudio Quintiliano (157 d. C.), come ci dice un'iscrizione da lungo tempo nota (C.I.L., iii, 836).
L'abitato civile si estendeva a E del castrum sui pendii della stessa altura Pomet, sino ai pendii della collina Citera. Gli scavi del 1908-1914 hanno scoperto più gruppi di case. La necropoli dell'abitato e del castrum si trovava a S-E, verso il villaggio Jac, lungo l'antica strada lastricata che si dipartiva dalla porta S-E del grande castrum.
Nel corso del II sec. d. C. quest'abitato ha raggiunto un notevole stadio di sviluppo. Il governatore della provincia Dacia Porolissensis risiedeva a Napoca, dato che P. era situata proprio sul limes e, conseguentemente, era troppo esposta.
Fu Settimio Severo ad accordare a P. il rango di municipio, come risulta da iscrizioni recentemente scoperte (municipium Septimium Porolissense). Uno speciale impulso allo sviluppo della città è stato dato, oltre che dalla presenza di un'importante guarnigione, dal commercio con le genti libere fuori della provincia, i Daci, gli Iapigi e le popolazioni germaniche, favorito dalla sua situazione geografica a un importante nodo stradale. Un certo sviluppo hanno avuto a P. diverse industrie, tra le quali quella ceramica. È verosimile che nel 214 l'imperatore Caracalla abbia visitato la città, ove ha potuto vedere il nuovo Castrum e la statua equestre in bronzo che gli era stata elevata dalla coorte V Lingonum (si è conservata l'iscrizione della base). È dopo la morte di Caracalla che per gli attacchi sempre più violenti dei barbari, cominciano per la città i tempi difficili. L'ultima iscrizione fin'ora nota è dell'epoca di Decio (249-251): lo scavo permette di osservare che la vita di P. si protrasse sino al 271 quando Aureliano ritirò le truppe dalla Dacia.
Dopo questa data, la popolazione daco-romana continua a vivere per un certo tempo nella città, seppellendo i suoi morti tra le rovine dei vecchi edifici. Monete di Costantino il Grande e dei suoi successori ci provano sino a che epoca ha continuato questa misera vita. L'invasione degli Unni e degli altri popoli migranti ha obbligato certo i Daco-Romani a ritirarsi in valli più nascoste. Alla venuta degli Slavi - sec. VI-VII - a P. non esistevano che rovine e persino il suo nome era dimenticato. Il villaggio sorto presso l'antica città distrutta ha ricevuto il nome slavo di Moigrad.
Bibl.: A. Buday, in Erdélyi Muzeum, XXV, 1908, pp. 337-348, XXVI, 1909, pp. 26-34; id., in Dolgozatok-Cluj, II, 1911, pp. 70-105 ; V, 1914, pp. 67-94; VI, 1915, pp. 51-111; A. Stein, Dacien nach dem Bruderkrieg im Hause des Severus, Sibiu 1942; C. Daicoviciu, in Dacia, VII-VIII, 1937-1940, pp. 323-336; id., in Pauly-Wissowa, XXII, 1953, c. 265-270, s. v.; A. Radnóti, in Arch. Ért., ser. III, vol. V-VI, 1944-1955, pp. 146-151; 165-168; M. Moga, in Stud. Cerc. Istor. Vec., I, i, 1950, pp. 131-135; M. Macrea, Santierul Porolissum, apporti preliminari per il 1950 e il 1959, rispettivamente in Materiale, VII e VIII (in corso di stampa).