PORFIRITI (fr. Porphyrites; ted. e ingl. Porphyrite)
Rocce che corrispondono ai termini effusivi paleovulcanici dei magmi granodioritici e dioritici; si distinguono di solito in porfiriti quarzifere e non quarzifere. Considerate in rapporto alla loro composizione mineralogica, il principale loro carattere è dato dalla prevalenza dei plagioclasi sodico-calcici fra i loro componenti essenziali e dalla mancanza quasi assoluta dei feldspati puramente alcalini, come ortoclasio, anortoclasio e albite, che solo compaiono in piccole quantità in quei termini che rappresentano forme di transizione verso i porfidi.
La struttura delle porfiriti varia assai, essendo però costantemente porfirica in modo evidente. I fenocristalli di plagioclasio mostrano generalmente una spiccatissima struttura zonata dovuta a una successione di strati tutti sodico-calcici, ma che, dalle zone esterne verso quelle interne, vanno gradatamente arricchendosi di ossido di calcio; il che spiega la scarsa acidità di queste rocce. I fenocristalli di quarzo, quando sono presenti, mostrano le stesse forme e proprietà di quelli dei porfidi quarziferi. Fra i componenti colorati sono abbondanti la biotite e l'orneblenda, i cui cristalli presentano spesso il fenomeno del riassorbimento magmatico, per cui appariscono arrotondati e corrosi. È anche frequente la presenza di pirosseni monoclini e rombici, però con caratteri tali che indicano che appartengono a un tempo di formazione più recente dei precedenti. Sono anche frequenti la calcite, l'epidoto, la zoisite, ecc., come prodotti di alterazione dei feldspati plagioclasici.
La struttura della pasta fondamentale è assai varia, passando dalla olocristallina alla ipocristallina, cioè da termini completamente cristallini ad altri che lo sono soltanto parzialmente e che quindi hanno in parte tale pasta costituita da sostanza vetrosa. Quando si tratta di termini ipocristallini, che sono i più frequenti, la struttura può essere pilotassitica, se la parte vetrosa della pasta non è molto abbondante e i componenti cristallini rappresentati dai microliti di quarzo, quando è presente, di plagioclasio e degli altri componenti colorati formano un feltro compatto; è invece ialopilitica quando la parte vetrosa è preponderante. Il plagioclasio della pasta fondamentale presenta sempre un grado di acidità superiore a quello dei fenocristalli. Si nota poi anche una seconda generazione di microliti pirossenici riferibili ad augite.
La composizione chimica molto variabile di questa famiglia di rocce appare evidente dalla seguente tabella:
Le porfiriti quarzifere non sono molto frequenti in Italia e presentano caratteri molto prossimi a quelli dei porfidi quarziferi. Una regione interessante da questo lato è quella dei dintorni di Recoaro. Più frequenti sono le porfiriti non quarzifere. Degni di nota sono fra queste i filoni di porfirite micacea e anfibolica nel tratto tra la Valchiusella e la Valsesia, attraverso la formazione gneissica-anfibolica della zona Val Sesia-Valle di Lanzo, e quelli molto potenti del Biellese. Tutti questi filoni porfiritici, come sembra ormai accertato, appartengono al grande apparato eruttivo terziario, formato dalle masse dioritiche di Traversella e dalla sienite della Balma, nel Biellese. Anche nelle Prealpi lombarde si notano formazioni porfiritiche molto importanti. Porfiriti micacee si rinvengono nei-pressi del Lago di Lugano, i cosiddetti porfidi neri.
Classiche sono poi fra quelle di regioni straniere le formazioni porfiritiche del Harz e della Turingia, attribuibili al Permico. In alcuni punti dell'alto Vicentino e delle Alpi Carniche si rinvengono porfiriti augitiche molto basiche, di tinta scura, con olivina facente passaggio ai melafiri da cui si distinguono difficilmente.
Talune varietà di porfirite sono impiegate come materiali da costruzione ornamentali. Fra queste è molto noto il cosiddetto porfido rosso antico, proveniente dall'Alto Egitto, Gebel Dukhān, che si può considerare come una porfirite andesitica alterata, caratterizzata da una massa fondamentale di color rosso scuro, in cui spicca una moltitudine di fenocristalli, non mai molto voluminosi, di plagioclasio, bianchi o rosei. La tinta rossa della massa deriva da ossido ferrico, e la tinta rosea dei fenocristalli è dovuta all'epidoto manganesifero risultante dalla decomposizione simultanea dell'augite e dell'orneblenda.
Conosciuto dall'antichità, fu cominciato a usare dai Romani sotto l'imperatore Claudio, e così largamente da venire chiamato pietra romana, o romana, in aggiunta alle denominazioni: lapis porphyrites, per il colore, marmo tebaico (da una importante cava nella Tebaide) o leucostitto, perché macchiato di bianco. Si riteneva proveniente da alcuni, invece che dall'Egitto, dall'Arabia, e secondo altri le prime cave si aprivano nei pressi dell'istmo di Suez.
Oltre la varietà più pregiata rosso vivace, erano conosciute una varietà paonazza, detta bastardone, una bigia, una nera.
Inoltre molto caratteristiche sono le porfiriti labradoritiche, formate da grandi cristalli di labradorite bianchi o verdastri, che si staccano su una pasta compatta verde scuro, talvolta bruna, costituita da microliti di labradorite e augite in una pasta vetrosa. Si rinvengono nelle Alpi venete, particolarmente nel bellunese, Lago di Alleghe. Una porfirite labradoritica è il porfido verde antico o porfido serpentino, lapis Lacedaemonis dei lapidarî, proveniente da Marathonḗsi nel Peloponneso e molto usato nell'antichità come pietra da decorazione. (V. tav. a colori).