PORFIRIO
. Poeta o, per meglio dire, verseggiatore latino, si deve con molta probabilità identificare con Publilio Ottaziano Porfirio, praefectus urbi negli anni 329 e 333. La grafia latina del nome è Porfyrius, non Porphyrius. Fu mandato in esilio per motivi a noi ignoti. Allo scopo d'ottenere il perdono, egli dedicò i Panegirici a Costantino in occasione dei Vicennalia del 325. Ma solo più tardi l'imperatore, che apprezzava l'ingegno di Porfirio, gli condonò la pena. Continuando nella via tracciata dai poeti neoretici, P. fece sfoggio di straordinaria virtuosità tecnica.
Componimenti figurati in forma di zampogna, di altare, di quadrato; carmi acrostici, mesostici, telostici; versi reciproci, che si possono cioè leggere tanto da sinistra quanto da destra, mantenendo lo stesso metro e il medesimo senso; esametri che, letti all'incontrario, diventano pentametri, costituendo una sottospecie dei versi reciproci; distici anaciclici, ossia tali che leggendo a rovescio il primo e il secondo distico si ottengono nell'ordine normale rispettivamente il secondo e il primo; versi ropalici che procedono con parole successivamente crescenti d'una sillaba; questi e simili artifici furono ammirati dai contemporanei e diedero fama grande al verseggiatore abilissimo nelle cui poesie non è traccia di sincera ispirazione. Edizione di A. Kluge, Optatiani Porfyrii carmina, Lipsia 1926.
Bibl.: M. Schanz, Geschichte der römischen Litteratur, IV, i, 2ª ed., Monaco 1904, par. 783.