PORFIRIO (Πορϕύριος, Porphyrius) di Tiro
Pensatore greco, nato il 232 o 233 d. C., morto, pare a Roma, sul principio del sec. IV. Dal 262 o 263 scolaro di Plotino a Roma, divenne il più illustre dei suoi discepoli, contribuendo largamente, con la sua vasta attività filosofica ed erudita, a consolidare e trasmettere la tradizione del primo neoplatonismo. Sua opera è la sistemazione degli scritti del maestro nelle sei Enneadi, che egli pubblicò premettendovi una Vita di Plotino (riprodotta nelle principali edizioni dell'opera plotiniana). Alla stessa attività erudita risalgono i suoi molteplici commenti a scritti platonici e aristotelici, coi quali egli inaugura la grande tradizione dell'ermeneutica neoplatonica: essi del resto rispondono anche alla tendenza sincretistica propria del neoplatonismo in genere e di lui in particolare, mirante ad attenuare o addirittura eliminare il contrasto tra Platone e Aristotele. Nella sua attività più propriamente speculativa egli mostra di sentire soprattutto il lato etico-religioso del neoplatonismo plotiniano, che contribuisce con le sue trattazioni a chiarire: ed è quindi caratteristico come il motivo neoplatonico della sistemazione graduale e gerarchica dell'intera realtà sia da lui applicato soprattutto nel campo della classificazione delle virtù, sempre più valutate a seconda che il loro contenuto passionale-pratieo cede il passo al motivo della pura contemplazione teoretica.
Tra gli scritti di P., per i cui titoli è da vedere in generale l'opera sotto citata dal Bidez, che ne enumera 77, alcuni meritano particolare menzione. Nel campo logico eccelle, per la sua importanza storica, l'Isagoge (Εἰσαγωγή, Introduzione), detta anche Αἱ πέντε ϕωναί (Quinque voces), in quanto tratta dei cinque concetti γένος, εἶδος, διαϕορά, ἴδιον, συμβεβηκός (genus, species, differentia, proprium, accidens). È un'introduzione alla logica aristotelica, di grande peso sia in quanto manifesta il decisivo intento (già del resto chiaritosi nel platonismo medio) della scuola platonico-neoplatonica di accogliere nel proprio sistema anche gli elementi più solidi dell'aristotelismo, sia in quanto costituisce la base di una lunga serie di versioni (in latino la tradusse Boezio) e di commenti, contribuendo così fortemente al trapasso della logica classica in seno alla tradizione cristiano-medievale (v. l'ed. di A. Busse nei Commentaria in Aristotelem Graeca, IV, 1). Dell'intento di conciliazione platonico-aristotelica proprio di P. è d'altronde documento tipico, già nel suo titolo, l'opera Περὶ τοῦ μίαν εἶναι τὴν Πλάτωνος καὶ 'Αριστοτέλους αἵρεσιν (Sull'identità di platonismo e aristotelismo), andata perduta, e quella Περὶ τῶν τῆς ψυχῆς δυναμεων (Sulle facoltà dell'anima), che mirava a giustificare nello stesso tempo la divisione platonica dell'anima in parti e la divisione aristotelica dell'anima in funzioni. Superstiti sono invece le 'Αϕορμαὶ πρὸς τὰ νοητά (Sententiae ad intelligibilia ducentes, Guida verso l'intelligibile: v. l'ed. di B. Mommert, Lipsia 1907), compendio aforistico del sistema neoplatonico; il Πρὸς Μαρκέλλαν (Ad Marcellam), scritto di edificazione religiosa, diretto alla moglie; il Βίος Πυϑαγόρου (Vita di Pitagora), frammento di una sua storia della filosofia; il Περὶ τοῦ ἐν 'Οδυσσείᾳ τῶν νυμϕῶν ἄντρου (De antro nympharum), tipico esempio di allegoresi omerica (di questi ultimi tre scritti si veda l'ed. di A. Nauck in P. philos. Plat. opuscula selecta, Lipsia 1886). Interessante dal punto di vista religioso è il Περὶ τῆς ἐκ λογίων ϕιλοσοϕίας (De philosophia ex oraculis haurienda), superstite solo in frammenti (editi da G. Wolff, Berlino 1856). Importanza speciale ha poi, in questo campo, l'opera composta da P., in quindici libri, contro il cristianesimo, e in particolare contro la sua concezione dell'uomo-dio (Κατὰ Χριστιανῶν, Contra Christianos: testimonianze e frammenti nello studio di A. von Harnack, in Abhandlungen d. berliner Akademie, philos.-hist. Klasse, 1916: aggiunte dello stesso Harnack, in Sitzungsberichte d. berliner Akademie, 1921). Contro quest'opera, che fu arsa pubblicamente dagl'imperatori Valentiniano III e Teodosio II nel 448, scrissero Metodio, Eusebio di Cesarea, Apollinare di Laodicea e Filostorgio. Da ricordare, infine, è il Πρὸς Γαῦρον περὶ τοῦ πῶς ἐμψυχοῦται τὰ ἔμβρυα (A Gauro, sul modo in cui gli embrioni divengono animati), già attribuito a Galeno e invece assai probabilmente di P. (ediz. di K. Kalbfleisch in appendice alle Abhandlungen der berliner Akademie, philos.-hist. Klasse, Berlino 1895).
Bibl.: L'opera moderna fondamentale su P. è quella di J. Bidez, Vie de P., le philosophe néoplatonicien, Gand-Lipsia 1913, da consultare anche per le testimonianze concernenti la vita di P. e per le edizioni delle sue opere. Per la bibliografia ulteriore, v. Ueberweg-Praechter, Grundriss der Geschichte der Philosophie, I, 12ª ediz., Berlino 1926, pp. 598-99 del testo (per le edizioni), e pp. 190-191 dell'appendice bibliografica (per gli scritti su P.).