PONZIO VAGLIA, Emilio Giuseppe Giacomo Gaetano
PONZIO VAGLIA, Emilio Giuseppe Giacomo Gaetano. – Nacque a Torino il 5 dicembre 1831 da Giuseppe ed Eugenia Arnulfi.
Il padre era stato procuratore patrimoniale nella Regia Camera de’ conti, poi tesoriere segreto di Casa reale dal 1831 e, infine, intendente del patrimonio particolare e della cassa privata di Carlo Alberto, per conto del quale aveva anche tenuto i contatti con il gruppo dirigente della sollevazione veneta e lombarda del 1848.
Emilio iniziò la carriera militare nell’arma dotta per eccellenza, l’artiglieria, frequentando dal 1845 l’Accademia militare di Torino. Ne uscì, nel 1851, con il grado di luogotenente venendo successivamente destinato al reggimento d’artiglieria di campagna. L’anno seguente si distinse per il comportamento tenuto in occasione dello scoppio della polveriera di borgo Doria a Torino avvenuto il 26 aprile 1852, tanto da essere poi insignito della medaglia di bronzo al valor militare. Dall’aprile 1855 al maggio 1856 fece parte del corpo di spedizione sardo in Crimea insieme ai migliori quadri del futuro Esercito italiano, in particolare a Fiorenzo Bava Beccaris con il quale aveva già condiviso gli studi all’Accademia militare e l’azione di borgo Doria. Partecipò alla seconda e alla terza guerra d’indipendenza segnalandosi a Villafranca dove, il 24 giugno 1866, alla testa dei serventi dei pezzi d’artiglieria, caricò il nemico guadagnandosi l’onorificenza della croce dell’Ordine militare di Savoia. Nel frattempo aveva raggiunto i più alti gradi militari: nel 1859 era stato nominato capitano dello stato maggiore dell’artiglieria; nel 1861 maggiore nel 1° reggimento di campagna e nel 1862 membro del comitato d’artiglieria.
Il 2 maggio 1868 sposò Maria Luisa Francesca (Fanny) Rogier, con la quale ebbe quattro figli (Roberto, Bianca, Giorgia e Olga). L’anno dopo tornò allo stato maggiore della sua arma divenendo comandante in seconda della Scuola d’artiglieria. Nel 1881 fu nominato comandante territoriale dell’arma a Piacenza e, nel 1882, maggiore generale comandante la brigata Pistoia. Nell’agosto dello stesso anno fu inviato presso la corte dello zar in occasione delle grandi manovre dell’Esercito russo. Nel marzo 1887 ottenne il grado di tenente generale e il comando della divisione di Firenze, mentre nel 1892 venne chiamato alla guida dell’XI corpo d’armata. Fu infine collocato a riposo nel 1899.
Non tutto il cursus honorum di Ponzio Vaglia si svolse, tuttavia, nell’arte delle armi: la sua notorietà, anzi, fu dovuta soprattutto agli incarichi politici e amministrativi svolti presso Casa reale, che ne giustificavano la fama di uomo di corte benvoluto da Umberto I che lo chiamò al Quirinale. Ponzio Vaglia fu aiutante di campo del re, uno degli alti ufficiali chiamati a far parte del più stretto entourage del sovrano, dal 1883 al 1887 quando i rigidi regolamenti militari che limitavano la permanenza a corte imposero il suo ritorno ai reparti combattenti. La testimonianza del ministro della Real casa Urbanino Rattazzi, raccolta dalle pagine del diario del presidente del Senato Domenico Farini, avrebbe narrato che lo stesso sovrano voleva mantenere la carica di corte al suo protetto (Farini, 1961-62, I, p. 394). Ma fu solo sei anni dopo, il 1° febbraio del 1893, che Ponzio Vaglia poté tornare al Quirinale nella veste di primo aiutante di campo del re in sostituzione di Emilio Pallavicino di Priola. Oltre alle simpatie sovrane – era infatti tradizione sabauda quella di preferire per gli incarichi di palazzo coloro che vantassero ascendenze di ex servitori del casato – Ponzio Vaglia poteva contare sull’assenso e il favore di gran parte della politica italiana che vedeva in lui un personaggio neutrale e scarsamente propenso a intervenire negli affari parlamentari. Fu per questo motivo che, caduto il primo governo diretto da Giovanni Giolitti, egli fu incaricato di reggere provvisoriamente l’apparato amministrativo di Casa reale al posto di Rattazzi inviso al nuovo presidente del Consiglio Francesco Crispi e da lui costretto alle dimissioni.
Furono molti i tentativi di rendere stabile il nuovo incarico: «Io dico che bisognerebbe trovare un uomo che rifuggisse dalla politica: un Ponzio Vaglia civile» (ibid., p. 624) avrebbe suggerito successivamente Farini a Crispi nel tentativo non nascosto di stabilizzare a corte la posizione del generale piemontese e di evitare un sempre possibile ritorno di Rattazzi a palazzo reale. Le pressioni in questo senso di Crispi presso il re, tuttavia, non conseguirono, almeno immediatamente, il loro scopo: «Ho anch’io le mie idee. Ci sto bene senza ministro. Ponzio Vaglia […] mi resta bene e per me sarebbe un certo dispiacere se dovessi nominare un nuovo ministro» (Roma, Museo centrale del Risorgimento italiano, Carte Crispi, b. 667, f. 34, Note conversazioni con il re, 27 giugno1895) aveva confidato lo stesso Umberto al capo del governo.
Creato senatore il 25 ottobre 1896, fu solamente alla cessazione del suo ruolo nell’Esercito per raggiunti limiti di età e alla conseguente decadenza dalla carica di primo aiutante che Umberto decise di nominarlo finalmente ministro della Real casa effettivo il 10 dicembre1899. Nel corso del periodo successivo, tuttavia, dopo essere stato in qualche modo associato dall’opinione pubblica alla repressione dei moti popolari di Milano operata dal generale e amico Bava Beccaris si trovò al centro delle polemiche per l’operato tenuto in occasione dell’assassinio di Umberto I.
Nel corso del dibattito parlamentare seguito al regicidio, Ponzio Vaglia, che si trovava nella stessa vettura del re insieme all’aiutante di campo Felice Avogadro di Quinto, fu accusato di non esser stato capace di organizzare la vigilanza delle forze di polizia e di non aver saputo proteggere personalmente il sovrano. Le critiche ebbero ampio rilievo sulla stampa periodica che dette risalto agli interventi parlamentari di censura. Sull’onda dell’emozione si paragonò sfavorevolmente la condotta del generale a quella di Benedetto Cairoli il quale, invece, aveva fatto scudo al monarca con il proprio corpo in occasione dell’attentato di Giovanni Passannante a Napoli nell’autunno del 1878. Fu persino evidenziata la fredda difesa d’ufficio del presidente del Consiglio Saracco il quale, in privato invece, sollecitava il nuovo sovrano a esonerare Avogadro di Quinto e lo stesso Ponzio Vaglia dagli incarichi.
Vittorio Emanuele III, tuttavia, confermò il ministro della Real casa al suo posto, attestandogli pubblicamente la stima che confermò più tardi attribuendogli il 22 settembre 1904 anche il titolo di conte, mentre sostituì Avogadro con il generale Ugo Brusati già primo aiutante di campo del principe ereditario. Nel 1909 Ponzio Vaglia, dimessosi per limiti d’età dalla carica di palazzo, fu nominato ministro di Stato secondo le consuetudini di corte che avevano sempre accompagnato le dimissioni dalla funzione con l’investitura alla nuova dignità di fatto puramente onorifica.
Morì a Roma il 29 dicembre 1913.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della real casa, Ufficio del primo aiutante di campo generale di S.M. il Re, Posizione IV - Corte nobile delle LL. MM. e dei Principi reali, b. 33; Archivio storico della Presidenza della Repubblica, Ministero della Real Casa, b. 233, f. 2; Museo centrale del Risorgimento italiano, Archivio, Corrispondenza, bb. 24, 129, 314; 327; 333; 484; 508 s.; 667 s.; 835; 904; 909; 983; 1038; 1042; Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Fondo Luigi Luzzatti, Corrispondenza, f. Emilio Ponzio Vaglia; Milano, Civiche raccolte storiche - Museo del Risorgimento, Fondo Bava Beccaris, b. 8, f. 2.
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