PONTELLO
– Famiglia di costruttori edili originaria del Friuli trapiantata a Firenze negli anni del primo conflitto mondiale, operò nel campo dell’edilizia pubblica e privata divenendo – nell’arco di alcuni decenni e attraverso quattro generazioni – una delle dinastie imprenditoriali più importanti tra quelle attive in Italia nel settore delle costruzioni.
Il capostipite Callisto nacque a Cavasso Nuovo (Udine) il 4 aprile 1868, terzo degli otto figli di Fortunato e Maria Teresa Lovisa. Le modeste condizioni economiche della famiglia lo costrinsero a un precoce abbandono degli studi e a iniziare, all’età di dodici anni, l’attività lavorativa all’estero: prima come operaio edile e successivamente come imprenditore. Lavorò per oltre vent’anni in Grecia, Romania, Serbia e nei territori dell’Impero austro-ungarico confinanti con l’Italia, segnalandosi per l’impegno, l’accuratezza e, soprattutto, per l’utilizzo di nuove tecniche costruttive basate sull’impiego di strutture in cemento armato; come – ad esempio – nel caso del celebre ponte dei Draghi (1901) a Lubiana, progettato da Josef Melan, padre della teoria del calcolo statico per grandi ponti sospesi, destinato a divenire uno dei simboli architettonici della capitale slovena. Nel 1891 sposò Maria Elisabetta Lovisa dalla quale ebbe quattro figli: Elena, Fortunato (Cavasso Nuovo, Udine, 29 luglio 1892), Ferdinando Edoardo e Irene.
Allo scoppio del primo conflitto mondiale rientrò in Italia concentrando l’attività nel natio Friuli, che tuttavia fu costretto ad abbandonare dopo la ritirata di Caporetto (1917). Si stabilì a Firenze dove raggiunse il figlio Fortunato, ricoverato presso il locale ospedale militare a seguito di una grave mutilazione subita in guerra, facendo della città toscana il proprio luogo d’elezione con il proposito di rilanciarvi l’attività in campo edilizio.
Nella Firenze tra le due guerre Callisto – affiancato dal figlio Fortunato, laureatosi nel frattempo in ingegneria – si assicurò, mantenendo la propria impresa nella forma di ditta individuale, alcuni tra i più importanti lavori pubblici realizzati nella città, quali la Biblioteca nazionale progettata da Cesare Bazzani, «testimonianza tra le più tronfie e accademiche della scuola architettonica neo-barocca romana» (Gobbi, 1976, p. 39), e gli assai più riusciti padiglioni ospedalieri del nuovo nosocomio cittadino con l’annessa ristrutturazione e ampliamento del convento delle suore Oblate ospitaliere, realizzati entrambi nell’area di Careggi per conto del R. Arcispedale di S. Maria nuova e stabilimenti riuniti di Firenze.
A essi si affiancarono alcuni edifici destinati a ospitare la nuova facoltà di medicina della R. Università, quali la presidenza, la biblioteca e l’Istituto di igiene. Sempre nel quadro della committenza pubblica furono eseguiti alcuni padiglioni per la R. Università di Padova, la stazione ferroviaria di Siena e il carcere giudiziario di Massa. Tra le realizzazioni più significative in ambito privato vi furono, nella prima metà degli anni Venti, i nuovi impianti della Fonderia del Pignone, ubicati in un’area a nord-ovest di Firenze (Rifredi-Novoli) che in anni precedenti aveva attratto anche altre aziende operanti nel capoluogo toscano (Officine Galileo, Manetti & Roberts, Superpila) e, qualche anno più tardi, i nuovi, imponenti edifici del Dinamitificio Nobel a Carmignano (Firenze).
Alla fine degli anni Trenta la ditta Pontello consolidò il proprio ruolo con l’aggiudicazione di altri importanti appalti pubblici, come il restauro delle officine per materiale rotabile della stazione di Firenze Porta al Prato e la costruzione del nuovo Autocentro del VII Corpo d’Armata di stanza nel capoluogo toscano: un complesso di lavori che, sommato a quelli portati a termine in precedenza, valse a Callisto la nomina (16 novembre 1939) a cavaliere del Lavoro. Tra le varie cariche ricoperte vi furono quella di membro del direttorio del Sindacato costruttori edili e quella di consigliere provinciale delle Corporazioni.
Callisto morì a Firenze il 31 ottobre 1941.
Il nuovo decennio rappresentò un momento di svolta nella storia dei Pontello. La successione alla guida dell’impresa non presentò problemi particolari dato che Fortunato – l’unico figlio maschio rimasto, dopo la prematura scomparsa di Ferdinando Edoardo – fin dal primo dopoguerra aveva affiancato il padre nel lavoro in azienda; ma le sue precarie condizioni di salute non gli consentirono di rimanervi a lungo.
Fortunato morì a Firenze il 28 aprile 1944.
La successione toccò pertanto alla terza generazione, ovvero ai quattro figli nati dal matrimonio di Fortunato con Marcella Ceppi: Flavio Callisto (Firenze, 11 marzo 1924), Claudio (Firenze, 4 dicembre 1925), Gianluigi e Miuta.
Fu il maggiore di essi, l’allora ventenne Flavio Callisto, ad assumersi l’onere di assicurare la continuità dell’impresa in un momento particolarmente travagliato come quello che coincise con la liberazione di Firenze e con la fase finale della guerra in Italia. Interrotti al secondo anno gli studi di ingegneria intrapresi al Politecnico di Milano si dedicò interamente al rilancio dell’azienda di famiglia che rinacque nel 1945, nella forma di società a responsabilità limitata, con la denominazione di Società toscana edificatrice. Nel 1954 quest’ultima si trasformò nella società in accomandita semplice Costruzioni Callisto Pontello nel segno di una tradizione che aveva sempre privilegiato forme giuridiche che assicuravano uno stretto controllo della famiglia sull’assetto proprietario dell’azienda.
Le pressanti esigenze di ricostruzione e di modernizzazione della Firenze post-bellica trovarono nell’impresa guidata dal giovane Flavio Callisto un interlocutore importante.
Nel centro storico i segni della guerra avevano lasciato le tracce più evidenti nella zona intorno a Ponte Vecchio – unico ponte salvato dalla distruzione – dove, per impedire l’attraversamento dell’Arno, i genieri tedeschi avevano minato e abbattuto tutti i palazzi delle zone adiacenti: Borgo S. Jacopo, via Guicciardini, via dei Bardi, Por Santa Maria e il Lungarno Acciaioli apparivano un desolante cumulo di macerie.
Il dibattito apertosi sulle prospettive della rinascita ruotò intorno alle opposte posizioni del critico americano Bernard Berenson, sostenitore di una ricostruzione in base al criterio ‘com’era e dov’era’ e dello storico dell’arte Ranuccio Bianchi Bandinelli che denunciò apertamente questo orientamento come retorica del ‘falso antico’, ammettendo la possibilità di interventi innovativi (Belli - Belluzzi, 2013, pp. 59-62). Importante fu poi la figura di Giovanni Michelucci che, per alcuni anni, fu il catalizzatore intorno al quale crebbero personalità ed esperienze diverse dell’architettura fiorentina: da Leonardo Savioli a Giuseppe Gori, da Edoardo Detti a Italo Gamberini. Fu lo stesso Michelucci a ricordare in un’intervista di molti anni dopo l’impressione suscitatagli dalla distruzione di quella parte di città: «Sul Lungarno erano cascate tutte le facciate ‘artistiche’, dietro alle quali era apparsa una miseria paurosa: si vedevano i resti delle stanzette senza luce, e situazioni – non parliamo d’igiene – veramente offensive dal punto di vista umano e per una città come Firenze. Così, vedendo come l’arte era servita a nascondere questa miseria e questa vergogna, ebbi uno shock, un trauma. Pensai allora che l’arte non può essere un inganno, una bugia, non può servire ad illudere sulle situazioni reali!» (Michelucci, 1966, p. 89).
L’apporto della ditta Pontello alla ricostruzione si concentrò sugli edifici di Borgo S. Jacopo, per i quali fu creata una società apposita allo scopo di coordinare gli interventi della proprietà edilizia di quell’area, e sul ponte alle Grazie. La ricostruzione di quest’ultimo si basò sul progetto degli architetti Michelucci, Detti, Riccardo Gizdulich e Danilo Santi affiancati dall’ingegner Piero Melucci, portando alla realizzazione di un ponte con cinque arcate, inaugurato nel febbraio 1957 e realizzato in uno stile moderatamente moderno che si armonizzava con le strutture e gli edifici storici attigui.
Nel corso degli anni Sessanta, Flavio Callisto, ormai titolare di un’azienda con centinaia di dipendenti, si assicurò la costruzione di una parte rilevante dei nuovi edifici della città – soprattutto di quelli dotati di particolari caratteristiche stilistiche progettati da architetti di chiara fama. Tra questi il Mercato ortofrutticolo di Novoli, il nuovo liceo scientifico Leonardo da Vinci (la prima scuola fiorentina a trovare collocazione in un edificio appositamente progettato per l’uso scolastico), i palazzi delle Poste e della società telefonica Teti, la clinica ostetrica e ginecologica dell’ospedale di Careggi, la Casa dello studente, il Palazzo dei congressi con l’annesso Palazzo degli affari, il ponte Giovanni da Verrazzano e le nuove sedi della compagnia di assicurazioni Fondiaria e della Banca popolare di Novara.
Alle realizzazioni nell’area fiorentina si affiancarono importanti lavori pubblici a Genova, con la costruzione di alcuni padiglioni dell’ospedale di S. Martino e della sede universitaria della facoltà di scienze naturali, e a Pisa, dove venne costruito il nuovo palazzo dell’Inps. Negli stessi anni l’impresa si assicurò l’appalto di alcuni lotti di lavori stradali su arterie di grande comunicazione (autostrada del Sole, autostrade Firenze - Mare, Sestri Levante - Livorno, Roma - L’Aquila, Napoli - Bari e superstrada Firenze - Siena).
Impegno e risultati conseguiti da Flavio Callisto nell’arco di tre decenni trovarono un pieno riconoscimento con la nomina a cavaliere del Lavoro il 2 giugno 1973.
Quattro anni prima era stato insignito del premio Achille Marazza destinato agli imprenditori segnalatisi per particolari benemerenze nel campo delle relazioni umane con i dipendenti.
Nel 1968, per ricordare il centenario della nascita del fondatore dell’impresa, istituì la Fondazione Callisto Pontello per l’incremento degli studi e delle ricerche scientifiche in edilizia e architettura, dotandola di un patrimonio di cinquanta milioni di lire, con lo scopo di assegnare premi e riconoscimenti a giovani studiosi.
Alla fine degli anni Settanta, momento culminante di una lunga fase di espansione, con i dipendenti arrivati alla soglia delle seicento unità, la vecchia struttura societaria incentrata sull’accomandita semplice lasciò il posto (7 maggio 1979) a una nuova società anonima, con identica denominazione e con un capitale sociale di dieci miliardi. Sei anni prima (27 dicembre 1973) un’altra società, la Pontello Finanziaria, si era incaricata di assorbire tutte le anonime create negli anni precedenti: nel 1976 la Milano prefabbricati, la Appalti estero e l’Immobiliare dei Lanzi; nel 1981 la Benedetto Varchi, le Immobiliari Aba, Borgo S. Jacopo e Villamagna nonché la Etruria marmi e immobili. Nel 1983, al termine di questo processo per incorporazione, il capitale della Pontello finanziaria era passato da quattrocento milioni a sei miliardi di lire. Quello che non mutò fu l’assetto proprietario rimasto saldamente nelle mani degli eredi di Fortunato, affiancati da un ristretto numero di collaboratori di fiducia della famiglia.
Con l’inizio del nuovo decennio per Flavio Callisto maturò una svolta in direzione della notorietà che andava ben oltre quella conseguita dall’azienda o dal fratello Claudio, noto avvocato fiorentino eletto deputato per due legislature (1976-1979 e 1983-1987) nelle file della Democrazia cristiana.
Fu l’ingresso nel mondo del calcio, attraverso l’acquisto dell’A. C. Fiorentina (maggio 1980), a proiettare l’intera famiglia Pontello sulla grande ribalta nazionale e a conferirle quella notorietà sino ad allora circoscritta al settore imprenditoriale. Flavio Callisto ne affidò la presidenza al figlio Ranieri (Firenze, 14 agosto 1948), il maggiore dei due nati dal matrimonio con Simonetta Strozzi. Quest’ultimo, a soli trentadue anni, divenne il più giovane presidente di una società di calcio di serie A.
I primi quattro anni della loro gestione, certamente più dinamica e manageriale rispetto alle precedenti, furono segnati da grandi aspettative per il rafforzamento della squadra che, in particolare nella stagione 1981-82, sfiorò la vittoria del campionato. Ma, a partire dalla metà del decennio, si registrò un progressivo distacco della famiglia dalla società di calcio, tanto che Ranieri lasciò la presidenza a due manager: a Pier Cesare Baretti prima e, dopo la prematura scomparsa di questi, a Lorenzo Righetti.
L’uscita della famiglia dal club nel 1990 risultò particolarmente traumatica e fu accompagnata da manifestazioni e disordini a Firenze con i quali una parte della tifoseria manifestò il proprio disappunto per il trasferimento di Roberto Baggio, il giocatore più rappresentativo, alla Juventus.
Negli stessi anni nei quali si sviluppò l’avventura nel calcio, i Pontello dovettero prendere atto dei mutamenti intervenuti nel mercato edilizio con il forte rallentamento sia della committenza privata e soprattutto di quella pubblica. L’attenzione si volse sempre di più verso l’ammodernamento del sistema infrastrutturale italiano e verso l’estero.
Nel primo caso particolarmente importanti furono la realizzazione del nuovo terminal ferroviario di Maddaloni - Marcianise, il più grande scalo di smistamento merci dell’Italia meridionale e la realizzazione dell’impianto Dinamico polifunzionale di Napoli destinato alla manutenzione dei convogli Eurostar, mentre nel secondo, il patrimonio di conoscenze e di tecnologie accumulate negli anni trovò applicazione nella costruzione della grande centrale elettrica di Tarong nel Queensland australiano (1984-86) e nella realizzazione, interamente in viadotto (15 km), della strada a scorrimento veloce Jeddah-Al Medinah in Arabia Saudita (1977-83).
L’accresciuta presenza nel campo delle pavimentazioni stradali portò in questi anni all’acquisizione, in collaborazione con il gruppo Ferruzzi, di due imprese a forte vocazione produttiva: la toscana Betonval Calcetruzzi di Cemento (1980) e l’emiliana Valli e Zabban (1982).
A metà degli anni Novanta i Pontello uscirono dal controllo delle aziende del gruppo.
La principale di esse, la Costruzioni Callisto Pontello entrò a far parte del gruppo Baldassini-Tognozzi e operò ancora per qualche anno finché, gravata da un pesante indebitamento, fu costretta a richiedere l’ammissione al concordato preventivo. Questo provvedimento venne però rifiutato dal Tribunale fallimentare (per mancanza dei requisiti richiesti dalla legge) che, nel gennaio 2004, ne decretò il fallimento ponendola in liquidazione.
Flavio Callisto morì a Firenze il 31 maggio 2006.
Fonti e Bibl.: Notizie utili sui due principali esponenti della famiglia sono a Roma, Archivio storico della Federazione dei cavalieri del Lavoro, ff. Callisto Pontello e Flavio Callisto Pontello. L’archivio societario – come ricorda la pubblicazione curata dalla Sovrintendenza archivistica regionale, Archivi di imprese industriali in Toscana, Firenze 1982, p. 101 – risulta in gran parte perduto a causa dei danni provocati dall’alluvione di Firenze nel 1966, mentre la documentazione più recente è andata dispersa in seguito al frazionamento del gruppo.
Sulle origini friulane e sui primi anni di attività di Callisto qualche notizia è rintracciabile in Cavasso Nuovo. Cjavàs, Storia-Comunità-Territorio, a cura di P.G. Begotti, Cavasso Nuovo (Pordenone) 2008, pp. 313 s. Sulle vicende urbanistiche e architettoniche di Firenze nel corso del Novecento si può fare riferimento a: Giovanni Michelucci, a cura di F. Borsi, Firenze 1966; G. Gobbi, Itinerario di Firenze moderna. Architettura 1860-1975, Firenze 1976; G. Belli - A. Belluzzi, Una notte d’estate del 1944. Le rovine della guerra e la ricostruzione a Firenze, Firenze 2013, pp. 59-159; F. Paolini, Firenze 1946-2005. Una storia urbana e ambientale, Milano 2014. Per la presenza di componenti della famiglia nelle aziende del gruppo negli anni Ottanta: Assonime, Repertorio delle società italiane per azioni, Roma 1984, I, pp. 1098 e 1382, II, pp. 1682 e 2530. Sul coinvolgimento nella gestione dell’A. C. Fiorentina si veda S. Picchi, Fiorentina: 80 anni di storia. Il gioco, i personaggi, la città, San Lazzaro di Savena 2006, pp. 315-352.