Vedi PONTECAGNANO dell'anno: 1973 - 1996
PONTECAGNANO (v. s 1970, p. 636)
Le recenti indagini archeologiche hanno apportato un notevole contributo alla conoscenza del centro etrusco-campano.
I limiti dell'area dell'abitato sono stati precisati mediante due campagne di prospezioni geofisiche. Esso occupa una piattaforma che - a differenza del profilo orografico attuale - doveva sopraelevarsi leggermente sul pianoro circostante: a O è limitato da un avvallamento naturale segnalato dalle prospezioni, forse interpretabile come il vecchio letto del fiume Picentino, sul lato meridionale giunge fino a una linea di demarcazione pressoché coincidente con il tracciato attuale della S.S. 18 oltre il quale, con un salto di quota, inizia la necropoli; a E si espande in corrispondenza dell'attuale località S. Antonio, dove un limite convenzionale può essere costituito da Via Palinuro. A Ν l'abitato oltrepassa di poco il tracciato dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, occupando pertanto una superficie di c.a 85 ha.
I criterî fondamentali di organizzazione funzionale dello spazio con la suddivisione tra la zona dell'abitato, l'area riservata alle sepolture e il territorio destinato allo sfruttamento agricolo, risalgono al momento iniziale dell'insediamento, durante l'Età del Ferro: le necropoli del IX e VIII sec. a.C. si dispongono all'esterno dell'abitato di età storica, in zone destinate a scopi funerarî fino alla fine del IV secolo. La distribuzione delle sepolture consente pertanto di ipotizzare una sostanziale coincidenza tra la sede dell'abitato dell'Età del Ferro - di cui non si sono ancora rinvenuti resti - e quella della successiva città etrusco-campana. Le aree sepolcrali più estese si collocano a SO del centro abitato - probabilmente in rapporto alla via che conduceva al guado del Picentino - e a O di esso nella località S. Antonio, sui due lati del corso non antico del torrente Frestola. Una terza area sepolcrale di minori dimensioni - individuata a S dell'abitato in corrispondenza dell'attuale linea ferroviaria - risulta infine connessa a un asse viario antico che, ripreso dai tracciati odierni di Via dei Cavalleggeri e Via C. Colombo, conduce dalla città verso il mare. Sullo stesso tracciato si dispone in località Masseria Caselle, a c.a 2 km dall'abitato, una necropoli di età orientalizzante connessa all'occupazione agricola della chora.
Alla fine del VII sec. l'insediamento viene interessato da un processo di urbanizzazione: si attua una complessiva pianificazione degli spazî che investe sia l'abitato sia la necropoli secondo criteri che restano invariati fino alla fine del IV sec. a.C.
L'abitato sembra articolarsi in due settori distinti da forme diversificate di occupazione, separati dal tracciato di Via Cavalleggeri che, come detto, riprende una strada antica. Questa strada potrebbe essere forse connessa al tracciato della cinta muraria - la cui ubicazione in corrispondenza della via appare ipotizzabile in base a rinvenimenti occasionali - fungendo da elemento di demarcazione tra la zona propriamente urbana dell'abitato e un'ampia fascia orientale suburbana.
Quest'ultima, estesa fino a Via Palinuro, sembra esclusivamente destinata a una funzione artigianale: immediatamente a E di Via Cavalleggeri è stato infatti rinvenuto un edificio di età ellenistica in cui si è riconosciuta una fullonica, mentre all'opposto lato orientale del settore, prospiciente Via Palinuro, è stato individuato l'ampio Ceramico della città antica con fornaci per ceramica d'uso comune e laterizî, databili dall'inizio del VI fino alla metà del V sec. a.C.
Nella fascia a occidente di Via Cavalleggeri può essere invece riconosciuto il settore propriamente abitativo della città antica dove sono ubicate le aree pubbliche.
Sono state in particolare individuate due aree di santuario dislocate in una posizione periferica dell'area urbana, ai margini settentrionale e meridionale di essa. Nella prima, in località Pastini, una fase edilizia dello scorcio del IV sec. si è sovrapposta a un'area con abbondante materiale votivo in uso almeno dalla metà del VI fino al V sec. avanzato, da cui proviene una coppa carenata in impasto buccheroide con iscrizione amina[...]s attestante l'esistenza di un toponimo connesso a un gentilizio riferibile all'etnico degli Aminei ricordato dalle fonti storiche in rapporto all'agro picentino.
L'area di culto può essere connessa a una divinità femminile di carattere ctonio e agrario per il rinvenimento, sia pure nei livelli di abbandono, di statuine dei tipi pestani della dea in trono e dell'offerente con porcellino.
La seconda area di santuario, situata in località Carlanzone tra Via Verdi e Via Bellini, si imperniava intorno a una piazza centrale: sul lato O di essa sorge in età arcaica un portico con fondazione in blocchi, ricostruito con un diverso orientamento nel corso del IV sec., mentre sul lato opposto si sviluppa un'area di servizio con ambienti con fondazioni in ciottoli, pozzi e una grande fornace per laterizî. In quest'ultima zona sono stati scoperti due depositi votivi: l'uno contenente uno scarico di ex voto di tradizione medio-italica ma anche una testa fittile con taenia della fine del V sec. pertinente a una decorazione architettonica o, forse, a un donario; l'altro era costituito da materiale vascolare dall'inizio del VI alla fine del IV sec., tra cui un kàntharos di bucchero, una patera e due ciotole a vernice nera con iscrizioni greche ad Apollo graffite in alfabeto acheo, a testimonianza dell'instaurarsi di un culto di tipo emporico praticato forse da sacerdoti greci.
Sia il Ceramico che le due aree di santuario sono abbandonate alla fine del IV sec., evidenziando un processo di destrutturazione connesso alla fine della città etrusco-campana: analoghi fenomeni di discontinuità si avvertono, del resto, anche nella zona delle necropoli, dove dal terzo venticinquennio dello stesso secolo si iniziano a sfruttare nuove aree sepolcrali. Una ripresa fondata su presupposti economici e sociali profondamente trasformati interviene con la fondazione di Picentia, connessa - a quanto riporta la tradizione storica (Strab., V, 4, 13) - al trasferimento di una parte della tribù adriatica dei Picentini, deportata dai Romani nel territorio tra Salerno e il Sele nel 268 a.C. Il centro romano occupa l'area del più antico insediamento, insistendo in particolare nel suo settore occidentale. La sua fondazione comporta sia una revisione dell'impianto urbano sia una complessiva riorganizzazione del territorio agricolo: il primo è infatti pianificato secondo una maglia regolare di assi viari ortogonali, il secondo è oggetto di una nuova suddivisione agraria mediante il sistema della centuriazione individuata attraverso la lettura aerofotografica. La città sembra subire una distruzione violenta agli inizî del I sec. a.C., documentata da uno strato di incendio e dal crollo di ingenti strutture riscontrati nel settore di abitato finora indagato: tale evento potrebbe essere connesso alla devastazione di Picentia da parte di Silla, tramandata dalle fonti storiche. Verso la metà del I sec. si assiste a una ripresa del centro, anche in forme monumentali: da questo momento l'abitato sembra contrarsi intorno al principale asse viario trasversale (decumano) dove continua a sopravvivere fino al V sec. d.C. Si sviluppano contemporaneamente piccoli nuclei insediativi segnalati da aree di necropoli rinvenute in prossimità del guado del fiume Picentino o presso la stazione ferroviaria, mentre nel territorio si impiantano ville rustiche o marittime, come quella recentemente scoperta alla foce del fiume Asa.
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