MODERNI, Pompeo
– Primogenito di due figli maschi, nacque a Velletri il 19 ott. 1848 da Michele, commerciante di fede repubblicana, e da Rosa Savelloni.
Nel 1866, non ancora diciottenne, si arruolò volontario, lasciando clandestinamente Roma per combattere nella III guerra d’indipendenza al fianco dei garibaldini. Il forte senso di amor patrio, sviluppato durante l’epopea risorgimentale, accompagnò il M. per tutta la vita, contrassegnandone le vicende professionali e personali. Intrapresa la carriera militare, conseguì il grado di colonnello di fanteria, ma coltivò costantemente un forte interesse per la geologia e per la storia contemporanea. La sua formazione, su cui scarseggiano le notizie, si compì almeno in parte all’Università di Cagliari, presso cui frequentò il corso di mineralogia del prof. P. Gennari, fervente patriota.
Nel contesto culturale dell’Italia postunitaria il M., pur non rivestendo un ruolo di primo piano, apportò un significativo contributo quale scienziato e storiografo militare. La sua figura è infatti assimilabile a quella di altri eruditi che hanno partecipato, ciascuno nella propria disciplina, allo sviluppo del pensiero scientifico moderno e laico. Molti di essi furono chiamati a ricoprire incarichi pubblici in ragione sia delle virtù patriottiche, sia delle competenze tecniche. Fu proprio all'indomani della conseguita Unità che nel 1861 venne concepito, su proposta dell’ingegner F. Giordano, il progetto di una cartografia geologica nazionale; il progresso e la ricerca scientifica dovevano infatti avere, secondo il pensiero risorgimentale e positivistico, una funzione fondamentale di sviluppo della cultura generale, propedeutica alla nascita di un'industria nazionale moderna e adeguata al nuovo scenario europeo. Il progetto fu avviato effettivamente nel 1867, con l’istituzione del R. Comitato geologico d’Italia, con sede a Firenze, incaricato della compilazione e pubblicazione della grande Carta geologica del Regno d’Italia, corredata da profili geologici e da elementi descrittivi (disegni, tavole, testi), in modo da essere più completa e utile «all’industria del Paese». La fase operativa ebbe avvio solo nel 1873, con l’istituzione (15 giugno) del R. Ufficio geologico d’Italia, quale sezione del Corpo reale delle miniere del ministero Agricoltura, Industria, Commercio e Foreste, al quale fu affidata la redazione e pubblicazione, sotto l’alta direzione scientifica del Comitato geologico, della Carta geologica d’Italia alla scala 1:100.000. Gli ingegneri del Corpo furono avviati a vaste ricerche e ricognizioni sul campo, svolte a dorso di mulo e a piedi, con raccolta di reperti e campioni, oggi patrimonio del Servizio geologico nazionale.
Nel 1878 il M. cominciò a collaborare con l’Ufficio geologico dapprima come disegnatore, poi come aiutante straordinario (inviato in Sardegna nel 1881) e infine con qualifica di «ajutante ingegnere» della sezione di Roma, avente sede in Largo Santa Susanna. Seppur inquadrato in un ruolo subordinato rispetto agli ingegneri direttori dei rilevamenti, egli diede un significativo contributo alla redazione della cartografia geologica d’Italia, partecipando al rilevamento di estesi settori dell’Appennino centrale. Nel corso della carriera il M. fu infatti coautore di diciassette Fogli geologici alla scala 1:100.000, che coprono gran parte del versante tirrenico della dorsale appenninica, dalla Toscana alla Campania. Per conto dell’Ufficio geologico effettuò inoltre i rilevamenti di larghe aree dell’Appennino umbro-marchigiano e dell’Abruzzo adriatico; i dati originali inediti furono in seguito rielaborati, tra gli altri, da F. Sacco, per la pubblicazione – senza espressa menzione del rilevatore – dei relativi Fogli geologici. Nella prima fase di servizio presso l’Ufficio geologico egli partecipò (assieme a L. Baldacci, E. Cortese, E. Perrone, D. Zaccagna, P. Zezi) alle campagne di rilevamento del Lazio occidentale, svoltesi tra il 1878 e il 1883, che portarono alla pubblicazione dei Fogli 142 «Civitavecchia», 143 «Bracciano», 144 «Palombara Sabina», 149 «Cerveteri», 150 «Roma» e158 «Cori» della Carta Geologica d’Italia (Roma 1888).
Nel 1877 il M. aveva nel frattempo sposato una donna di origine francese, Francesca Conovelle (trascrizione sui registri dello Stato civile del cognome del padre bretone Knoell, combattente morto per la libertà nel 1870). Dal matrimonio ebbe, dopo due bambine nate morte, l’unico figlio Mario, che vide la luce a Roma il 20 luglio 1893. Per espressa volontà dei genitori, agnostici, il neonato non venne educato secondo gli insegnamenti di alcuna religione.
Il M. effettuò una seconda campagna di rilevamenti geologici tra il 1885 e il 1893, assieme a B. Lotti e V. Novarese, tra la Toscana meridionale e la Tuscia laziale; i relativi Fogli della Carta geologica d’Italia vennero pubblicati solo diversi anni dopo: 128 «Grosseto», 129 «Santa Fiora», 139 «Orbetello», 135 «Toscanella» (Roma 1905);120 «Siena» (Roma 1906). Tra il 1886 e il 1895 il M. partecipò inoltre, con L. Baldacci, M. Cassetti e V. Sabatini, ai rilevamenti geologici in Campania, sulla cui base furono stampati, a quindici anni di distanza, i Fogli 183-184 «Napoli» e 185 «Salerno» della Carta geologica d’Italia (Novara 1910).
Nel 1896 la moglie Francesca, di salute cagionevole e duramente provata da un ulteriore aborto avvenuto l’anno precedente, morì prematuramente, all’età di trentacinque anni, nella loro casa di Roma. All’allevamento del piccolo Mario si dedicò con grande devozione un’amica di famiglia, Rosina Gordini, figlia nubile di Giuseppe, invalido di guerra, cospiratore, garibaldino e già soldato nelle prime guerre d’indipendenza. Nel 1899, dopo due anni di lutto, il M. prese la signorina Gordini, di vent’anni più giovane, come moglie in seconde nozze. Sempre assecondando i suoi principi ispiratori, Il M. decise di far frequentare al figlio le scuole pubbliche, onde forgiarne il carattere e distoglierlo dall’idea di appartenere a una classe privilegiata.
L’attività di geologo rilevatore del M. proseguì con un lungo periodo di ricerche in Umbria meridionale, svolte in collaborazione con B. Lotti tra il 1900 e il 1906, che portò alla successiva pubblicazione del Foglio 138 «Terni» (Novara 1911). Nella prima decade del XX secolo cartografò inoltre, per conto dell’Ufficio geologico, diversi settori dell’Appennino umbro-marchigiano e abruzzese, sotto la guida degli ingegneri capi B. Lotti e C. Crema. Gli ultimi Fogli geologici cui il M. contribuì sono il 171 «Gaeta» e il 172 «Caserta» (ibid. 1912), frutto ancora della cooperazione con Baldacci e Cassetti, e il 159 «Frosinone», pubblicato postumo (Roma 1929) da M. Grossi, che revisionò e completò i rilevamenti originali effettuati dal M. assieme a Viola. Oltre alla produzione cartografica, il M. fu autore tra il 1885 e il 1920, di oltre 50 pubblicazioni scientifiche su argomenti geologici e vulcanologici.
Fra tutti i suoi scritti si ricorda in particolare la nota Il nuovo lago e gli avvallamenti di suolo nei dintorni di Leprignano (Roma), in Boll. del R. Comitato geologico d’Italia, XXVII (1896), pp. 46-57, dettagliata descrizione di uno sprofondamento catastrofico manifestatosi improvvisamente il 13 apr. 1895 nella valle del Fosso di San Martino, nel territorio di Capena; tale studio rappresenta ancora oggi un documento di riferimento per la ricostruzione storica dei fenomeni naturali di sinkhole nella Valle del Tevere.
La geologia delle aree vulcaniche dell’Italia centrale fu argomento di precipuo interesse nella sua carriera; tra i suoi scritti più significativi sul tema si rammentano: Contribuzione allo studio geologico dei Monti Vulsini, ibid., XXXIV (1903), 3, pp. 177-244; 4, pp. 333-375; XXXV (1904), 1, pp. 22-72; 2, pp. 198-230 (corredato dalla carta geologica Vulcani Vulsini : geologia e bocche eruttive alla scala 1:100.000 , nella quale sono rappresentati anche i particolari dei centri di emissione di Radicofani e S. Venanzo, quali «bocche eccentriche dei vulcani vulsini»); Alcune osservazioni geologiche sul Vulcano Laziale e specialmente sul Monte Cavo, in Atti della R. Accademia dei Lincei, Rendiconti, cl. di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 5, XV (1905), pp. 462-469. Altro lavoro degno di menzione sono le Note geologiche su la catena dei Lepini e degli Ausoni e sul promontorio Circeo, in Boll. del R. Comitato geologico d’Italia, XLIV (1914), pp. 61-79, in cui l'autore espone una serie di osservazioni da lui fatte in campagna sulla geologia dell'ambito del territorio delle tavolette di Cori, Carpineto Romano, Sezze e Fondi di Terracina.
Raggiunta l’età matura, oltre a dedicarsi agli studi geologici, il M. sviluppò l’altra sua grande passione, quella per la storia contemporanea, cimentandosi in articoli e monografie di carattere storico-militare. Attento osservatore del contesto politico internazionale, il M. pubblicò un romanzo militare sul tema, all’epoca assai in voga, della guerra futura, dal titolo L’Assedio di Roma nella guerra del 1900 (Milano 1900). Alla ricostruzione della gloriosa e sfortunata epopea della Repubblica Romana il M. si dedicò con trasporto nel patriottico I Romani del 1848-49 (Roma 1911), ricco sia di dettagliate informazioni di carattere strategico-militare, sia di considerazioni sulla vicende politiche europee dell’epoca. In qualità di ufficiale della Milizia territoriale egli pubblicò inoltre diversi articoli in L’Esercito italiano, periodico delle forze armate.
Tra il 1912 ed il 1913 il M., nel ruolo di bibliotecario del R. Ufficio geologico, curò la nuova sistemazione della biblioteca, il cui patrimonio bibliografico si era nel frattempo significativamente arricchito.
Alla vigilia del primo conflitto mondiale, il M. sosteneva convintamente le posizioni interventiste: il 19 ag. 1914, come ufficiale in congedo con grado di colonnello, fece domanda per essere richiamato, nel caso di guerra, in servizio al comando di un reggimento della Milizia territoriale. La domanda fu rinnovata l’anno successivo ma, data l’età ormai avanzata, anche questa rimase, con suo grande rammarico, inevasa. Allo scoppio della Grande Guerra, il figlio Mario, allievo dell’Accademia di belle arti di Roma, presentò domanda di arruolamento volontario nella Milizia territoriale (settembre 1914), e, dopo un complicato iter procedurale, prese finalmente servizio nel marzo del 1915 con il grado di sottotenente, venendo dapprima assegnato al 139° battaglione di fanteria di Milizia territoriale, presso il distretto militare di Ancona, per l’impiego in seconda linea, e quindi al 93° reggimento di fanteria-brigata Messina, impegnato sul fronte delle Alpi Giulie. Dopo breve tempo dall’invio al fronte, Mario fu gravemente ferito agli arti inferiori dall’esplosione di una granata, il 2 nov. 1915, durante la terza battaglia dell'Isonzo: subita l’amputazione dei piedi, il giovane perì il giorno successivo a soli ventidue anni presso Santa Maria di Tolmino (Val Camenca, oggi in territorio sloveno), e fu successivamente insignito di medaglia d'argento alla memoria conferita motu proprio dal re d'Italia Vittorio Emanuele III. Nel 1920, indelebilmente segnato dalla prematura scomparsa dell’unico erede, il M. cominciò a tracciarne il profilo nella sua ultima opera, un manoscritto inedito intitolato Mario Moderni. La sua vita narrata dal padre.
La biografia, completata negli anni successivi, illustra il sacrificio del giovane Mario quale paradigma di un profondo senso di amor di patria, individuato quale unica forza morale in grado di ridare linfa vitale alle nuove generazioni, per poter contrastare il critico contesto sociale del primo dopoguerra. In tale convinzione il M. trovò, esaltando la vicenda forse anche al di sopra della sua reale portata, ragion di vita e forza per superare il trauma del lutto. Negli anni successivi riuscì, dopo varie peripezie, a compiere il recupero della salma del figlio e a dargli, dopo solenni esequie, sepoltura nella tomba di famiglia nel cimitero monumentale del Verano di Roma. Nella biografia del figlio traspare nettamente anche la figura del padre, soprattutto per quanto concerne le sue posizioni etiche, morali e politiche. Nella prefazione del volume il M. rivolge infatti un’aspra critica al movimento socialista italiano, sia per le posizioni antinterventiste sostenute durante il conflitto, sia per il sostegno alla «lotta di classe» e all’ondata di scioperi e sommosse successive alla vittoria finale di Vittorio Veneto; non meno tagliente è la critica rivolta al clero, per la propaganda, a suo avviso disfattista, svolta nelle trincee fino a Caporetto, nonché ai diversi governi succedutisi in quel periodo, per non aver saputo gestire nella fase post-bellica il conflitto sociale, che il M. con intuito preconizzò destinato a evolvere in guerra civile. Al tradimento degli alleati, e in particolare della Francia, riserva infine un «filosofico disprezzo».
Il M., affiliato alla massoneria, fu anche membro di numerose società patriottiche, tra cui la Società dei reduci delle patrie battaglie Giuseppe Garibaldi.
Nei primi mesi del 1915, insieme con altri pochi conoscenti, il M. fondò l’Associazione Latina gens che tendeva all’unione intima dei Latini di tutto il mondo. Per volontà sua e della moglie venne istituita nel 1925, in memoria del figlio, la Fondazione Mario Moderni, con finalità di pubblica assistenza e beneficenza.
L’istituzione, ancora esistente a Roma, opera nell’ambito delle attività di sostegno scolastico, prevenzione e recupero della dispersione scolastica e più generalmente nell’ambito delle attività educative e post-scolastiche, tramite l’erogazione di borse di studio in favore di studenti meritevoli.
Il M. morì a Roma, il 19 maggio 1926, nella sua casa di Via Cola di Rienzo 68 (oggi sede della Fondazione).
Fonti e Bibl.: Notizie sull’attività scientifica del M. sono riportate nel Boll. del R. Comitato geologico d’Italia, Atti ufficiali, s. 2, I-X (1880-89); s. 3, I-X (1890-99); s. 4, I-VII (1900-07). Informazioni biografiche sono desumibili dalla sua opera Mario Moderni. La sua vita narrata dal padre, pubblicata postuma a cura di M. Monnanni, Roma 2003.