SIGNORUCCI, Pompeo Giovanmaria
– Nacque a Borgo San Sepolcro (o semplicemente Borgo, ossia l’odierna Sansepolcro) il 24 marzo 1571, penultimo dei sette figli di Lorenzo (nato nel 1532).
La famiglia doveva essere benestante, anche se non nobile, dal momento che risultava intestataria di alcune cappelle nel duomo. Nel 1590, a 19 anni, Signorucci era sacerdote e maestro di grammatica, incarico che abbandonò nel 1591 per motivi di salute. Dal 1592 al 1597 fu organista della cattedrale, svolgendo nel contempo attività presso le confraternite di S. Maria della Misericordia, dove il suo impegno come organista è documentato dal 1591 al 1600, e di S. Bartolomeo dal 1595 al 1598. Al 1594 risale la prima pubblicazione a stampa, la canzonetta a tre voci Crudel, se ’l mio mal vedi apparsa nel Secondo libro delle canzonette a tre e quattro voci del concittadino Gaspare Torelli, più giovane di un anno ma già trasferitosi e produttivo a Padova.
Negli anni intorno al 1600 Signorucci avviò un’intensa produzione editoriale (solo in parte superstite): da essa si evince il desiderio di trovare una collocazione lavorativa in città come Roma e Firenze. Nel 1602 pubblicò il primo libro di Madrigali a cinque voci con un ecco a otto dedicato a Francesco Anastasi e il primo libro di Concerti ecclesiastici a otto voci intitolati al cardinal Aldobrandini. Il primo dei due dedicatari – il «gentiluomo perugino» incontrato a Spoleto mentr’egli andava a Roma per il giubileo del 1600 e quegli ne tornava – apparteneva alla famiglia Anastagi (una variante di Anastasi) e morì in prigione il 26 ottobre 1611 ventiseienne (cfr. A. Arrighi, Famiglie perugine, vol. 1, Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, ms. 1548, cc. 133v, 137r): era dunque nato nel 1585 e all’epoca dell’incontro con Signorucci aveva solo 15 anni. Ancor più significativa è la dedica al cardinale Pietro Aldobrandini (1571-1621), nipote di Clemente VIII, il massimo mecenate della musica nella Roma di questi anni. Signorucci si scusa con coloro che lo conoscono come «servitore» del vescovo del Borgo (Alessandro Borghi, che tenne la cattedra episcopale biturgense dal 1598 al 1605), ma «tutto quello che può in qualunque modo uscir da lui», e dunque anche le dimostrazioni di benignità ottenute da Signorucci, è dovuto all’Aldobrandini. In altre parole il musicista si dichiara come già appartenente, in via indiretta, alla cerchia del porporato. Il primo componimento dei Concerti ecclesiastici, «Sacro novel pastore, or ecco fido gregge umil s’inchina», fu scritto per l’entrata di Borghi in Sansepolcro. I Salmi, falsi bordoni e motetti a tre voci [...] con due Magnificat, op. VI, del 1603 sono destinati a Uritia Sergiuliani, suora nel monastero di S. Margherita a Sansepolcro e una delle sue prime e più dotate allieve; e le Messe a otto voci [...] con un Magnificat, op. VII, dello stesso anno, a Ventura Venturi di Sansepolcro, priore di S. Lorenzo a Firenze.
Sui frontespizi delle pubblicazioni del 1602 e del 1603 compare la qualifica di «maestro di capella et organista del Borgo S. Sepolcro», sia pur priva di riferimenti a una precisa istituzione: si presume dunque che il rapporto di lavoro con la città natale fosse proseguito in questi anni. Il 24 novembre 1606 (1607 stile pisano) Signorucci venne nominato maestro di cappella nella cattedrale di Pisa. Il secondo libro de concerti ecclesiastici a otto voci, op. XI (Venezia 1608), offerto ad Alessandro Marzi Medici arcivescovo di Firenze (1577-1630), lo dichiara appunto maestro di cappella nel duomo di Pisa, nonché accademico Unisono di Perugia. Nel capitolo del 16 maggio 1607 (1608 stile pisano) i canonici lamentarono però le frequenti assenze di Signorucci (o perché fuori Pisa o perché ammalato) e stabilirono di trovargli un sostituto che in caso di necessità provvedesse alla musica.
Morì il 15 novembre 1608, come risulta dall’obituario della confraternita di S. Bartolomeo del Borgo. I documenti pisani riportano pagamenti regolari fino al settembre 1608 (1609 stile pisano), e nel gennaio successivo venne retribuito il nuovo maestro di cappella, Antonio Bonavita, per il servizio prestato nei due mesi precedenti.
In varie fonti è attestata la circolazione delle musiche di Signorucci: in un inventario dei «Libri da cantare» redatto nel 1608 alla morte del perugino Cesare Crispolti, rifondatore e principe dell’accademia musicale degli Unisoni alla quale il musicista fu aggregato (Brumana, 2016); nei cataloghi del 1615, 1616, 1618, 1619, 1620 del libraio Flurschütz di Augusta, che riportano «Psalmi, Magnificat, Motetti, Messe a 8» con probabile riferimento alle opere VI e VII (Die Kataloge..., 1974); nei cataloghi librari della fiera di Francoforte, che nel 1609 segnalano una raccolta di concerti ecclesiastici, da identificare con la citata op. XI del 1608 (Göhler, 1902, n. 1431), e tre anni prima un libro di salmi a quattro voci (Venezia 1606; ibid., n. 1430; Barbieri 2011, p. 161), cioè uno di almeno sei libri dispersi (dal titolo abbreviato risulta che già in quell’anno Signorucci era accademico Unisono). Nel 1612 e nel 1613, la seconda e la terza parte del Promptuarium musicum pubblicato a Strasburgo da Abraham Schade (Schadaeus) incorporarono due mottetti, Surrexit pastor bonus e Vidi coniunctos viros, dai Concerti ecclesiastici del 1602.
Di un’unica opera di Signorucci esiste un’edizione moderna che consenta di esprimere un giudizio critico: è il primo libro di madrigali a cinque voci, scritto (come si legge nella dedica) nel 1600. I diciassette componimenti mostrano un’ottima padronanza della scrittura musicale, tale da consentirgli soluzioni innovative e funzionali pur rimanendo all’interno dei canoni tipici del madrigale tardo cinquecentesco. Le voci sono trattate alla pari, senza la presenza di passi solistici, e procedono in maniera prevalentemente sillabica. Predominano i tempi binari, ma ci sono anche alcuni episodi a scansione ternaria. L’ultimo madrigale è scritto con la tecnica dell’eco, le cui voci suddivise in due gruppi si alternano per creare l’effetto tipicamente barocco dei lamenti della ninfa abbandonata dall’amante. Le otto voci si riuniscono solo in poche battute finali sulla parola «pace». Tra i versi madrigaleschi, tutti adespoti, musicati da Signorucci si riconoscono Cor mio, mentre vi miro di Battista Guarini, Deh chi vorria giammai di Ansaldo Cebà e Un vostro sì m’avviva di Maurizio Moro. Il testo di Guarini fu messo in musica da numerosi compositori tra la fine del Cinquecento e i primi due decenni del Seicento. Il confronto con il madrigale di Monteverdi pubblicato nel Quarto libro de’ madrigali a cinque voci (1603) mostra che in Signorucci prevalgono la compattezza delle voci e lo stile imitativo, tipico della formazione degli organisti. Per questo, e forse non a caso, il musicista è menzionato da Banchieri nelle Conclusioni del suono dell’organo (Bologna 1609, p. 25) ed è il destinatario di una delle sue Lettere armoniche, non datata (Bologna 1628, pp. 142 s.).
Fonti e Bibl.: A. Göhler, Verzeichnis der in den Frankfurter und Leipziger Messkatalogen der Jahre 1564 bis 1759 angezeigten Musikalien, Leipzig 1902, sez. 2, p. 80, nn. 1430-1431; Die Kataloge des Augsburger Musikalien-Händlers Kaspar Flurschütz, 1613-1628, a cura di R. Schaal, Wilhelmshaven 1974, ad ind.; C. Marionni, «O che felice incontro». Il primo libro dei “Madrigali a cinque voci” di Pompeo Signorucci (1602), Perugia 2004; P. Barbieri, Music-selling in seventeenth-century Rome: three new inventories from Franzini’s bookshops, 1621, 1633, 1686, in Recercare, XXIII (2011), pp. 153, 161; B. Brumana, Le “Hore armoniche” di Orazio Petrolini (1613), in Editoria musicale. Madrigali tifernati per il monastero vallombrosano di Oselle, a cura di B. Brumana, Trestina 2016, p. 54.