COMPAGNONI, Pompeo
Nacque a Macerata il 20 apr. 1602 da Giuliano e da Angelina Floriani. La famiglia era tra le più antiche e illustri della città. Ma anche la casata materna, originaria di San Severino, era nobilissima, tanto che, essendosi estinta con il fratello di Angelina, i Compagnoni ne assunsero il cognome accanto al loro.
Poco si conosce della giovinezza del Compagnoni. Certo si dedicò contemporaneamente agli studi giuridici e all'attività letteraria, tanto che fece parte dell'Accademia dei Discordi. Nel 1622 si laureò appunto in giurisprudenza nella città natale e, sia per meriti propri sia per la posizione della famiglia, non ebbe difficoltà ad ottenere in quello stesso anno la lettura delle istituzioni civili. La carriera universitaria del C. fu rapida e brillante. Nel 1627 ottenne la cattedra dello "straordinario di Bartolo" e nel 1631 l'insegnamento dell'"ordinaria civile". In complesso insegnò all'università per dodici anni: a questo periodo risalgono un Repertorium iuris, manoscritto, e i cinque volumi, pure manoscritti, delle Letture legali da lui effettuate; ambedue le opere sono smarrite.
Nel 1634 decise di lasciare l'insegnamento e la città natale per recarsi a Roma, nonostante avesse già ottenuto la riconferma dell'incarico per un triennio. A Roma seppe inserirsi abilmente nella cerchia dei Barberini. Conobbe personalmente Urbano VIII, che lo stimò e lo protesse per tutto il resto del pontificato; entrò in stretta amicizia, fra i moltissimi altri, col cardinale Facchinetti e con Raimondo Capizzucchi, maestro del Sacro Palazzo. Tornato a Macerata nel 1637, non disdegnò di impegnarsi attivamente nel governo cittadino, nel quale tra il 1650 e il 1672 ricoprì i più svariati incarichi. Fu altresì nominato auditore alla Rota; nel 1664 fu eletto deputato di Macerata nella congregazione incaricata di ripartire le imposte statali per l'intera provincia. In tutti gli incarichi affidatigli dimostrò impegno, competenza e moderazione, per cui più volte sarà lodato dal Consiglio generale e dai gonfalonieri della città. Ma il momento centrale della vita del C. dopo il ritorno da Roma resta l'attività di storico, che culminerà nel 1661 con la pubblicazione a Macerata della prima parte della Reggia Picena, ovvero de' Presidi della Marca.
All'attenzione per i fatti storici, allo studio scrupoloso delle fonti il C. era stato portato dalla sua particolare concezione del diritto. Dotato di una vastissima conoscenza della storiografia italiana dal Medicevo fino ai contemporanei, progettò il disegno di scrivere una storia d'insieme della Marca attraverso il filo conduttore delle dominazioni politiche susseguitesi nella regione. La Reggia Picena doveva comprendere tre parti: la prima dalle origini leggendarie al 1445, la seconda dal 1446 al 1600, la terza, dal 1600 in poi. La mole enorme del lavoro, le distrazioni dovute all'espletamento delle funzioni pubbliche (che lo condussero sovente a Roma) impedirono al C. di portare a termine l'opera. La seconda parte infatti restò interrotta al 1593 ed è tuttora inedita. L'originale si trova nella biblioteca privata del conte Compagnucci Compagnoni, mentre nella Biblioteca comunale di Macerata se ne conservano due copie manoscritte, una settecentesca e l'altra ottocentesca (mss. 129, 786). La terza parte non fu neppure iniziata. Il C. lavorò sulle fonti: non vi fu biblioteca e archivio delle Marche o delle zone vicine che non fu da lui visitato o su cui almeno non fu ragguagliato da qualche collaboratore. L'impegno filologico del C. ci è testimoniato dai grossi tomi manoscritti di appunti conservati presso la Bibl. com. di Macerata, mss. 530-537, 540, 763 (benché non siano che una parte di quelli di cui si servì). Contengono una massa incredibile di notizie, di estratti da archivi, di singole trattazioni ("Dei vescovi di Macerata", "Memorie de' Signori Conti Ferretti d'Ancona" ecc.), ma anche documenti originali e opere rare e antiquarie che il C. conservava presso di sé. Ne risulta tra l'altro l'interesse dell'autore anche per luoghi al di fuori della Marca, come Assisi, Foligno, Spoleto, Orvieto, Siena, Lucca, Bologna.
La prima parte della Reggia Picena, ordinata secondo un criterio strettamente annalistico, si divide in sette libri. Il primo arriva alla dominazione longobarda; il secondo va dalla fine del sec. VI al 1249; il terzo arriva al pontificato di Bonifacio VIII; i due successivi coprono tutto il Trecento; il sesto arriva al 1433 e il settimo si conclude con la fine del dominio di Francesco Sforza. Come già accennato, il C. si basa esclusivamente sulle fonti disponibili. Per questo sorvola su periodi come l'epoca preromana e l'Alto Medioevo. Tutta l'opera è orientata verso uno scopo preciso: rintracciare il filo conduttore che fa della Marca un'unità regionale ben distinta, dall'antico Piceno fino all'incorporazione nello Stato pontificio. Il C. ha fortissimo il senso di questa unità, che lo spinge a superare, nella trattazione, ogni particolarismo municipale: la sua è una vera storia della regione, non di questa o quella città. Tuttavia, come giurista, egli è portato a privilegiare l'aspetto istituzionale: ecco perché spesso la narrazione si accentra su Ancona e Macerata come poli capaci di garantire un minimo di aggregazione al territorio. La posizione di Macerata emerge con forza ancora maggiore nel secondo volume, fino a mettere in ombra il resto della regione. Ma bisogna tener presente la palese incompiutezza di questa parte che, così come si presenta, resta limitata quasi esclusivamente all'evoluzione dei rapporti giuridici tra le comunità cittadine marchigiane e il potere centrale. Il C. non attribuisce alla storia fini provvidenziali; la considera come una branca della scienza, in cui lo studioso deve muoversi con scrupolo e imparzialità. Di qui l'attenzione e lo spazio che vengono dedicati alla citazione di documenti, il che tuttavia finisce con l'appesantire eccessivamente il testo. Lo stile del C. è sempre sostenuto, severo, quasi aulico: i suoi modelli sono i classici greci e latini. Perciò mancano completamente termini e costrutti di carattere dialettale o popolare, come mancano quegli spagnolismi così frequenti all'epoca. In complesso la lettura riesce alquanto monotona: solo riferendo fatti di particolare drammaticità (battaglie, rivolgimenti cittadini) l'autore riesce talvolta a rendere vivace la narrazione. La Reggia Picena, nonostante la sua incompletezza, resta comunque il prodotto più notevole della storiografia marchigiana del Seicento: basti pensare che nessuno tentò più una storia d'insieme della regione fino al 1824. Tuttavia l'opera fu variamente giudicata: nel Settecento fu spesso criticata e al C. fu nettamente anteposto l'omonimo nipote, vescovo di Osimo e anch'egli storico (per distinguerle dal quale il C. viene comunemente indicato come Pompeo seniore). Una rivalutazione della sua figura si è avuta solo a partire dalla metà del secolo scorso.
Il C. fu anche letterato e autore di numerose poesie (delle quali non resta traccia). In tal veste fece parte dell'Accademia dei Catenati. La tradizione errata che egli sia morto nel 1672 deriva forse dal fatto che dopo questa data non ricoprì cariche pubbliche. Invece continuò a lavorare alla Reggia Picena (alcuni suoi appunti sono datati 1673) e a partecipare alle sedute del Consiglio generale della città. L'ultima cui prese parte fu quella dell'8 apr. 1675. La morte si dovrà collocare poco tempo dopo.
Fonti e Bibl.: Macerata, Biblioteca comunale Mozzi Borgetti, ms. 403, V (corrispondenza tra il C. e Ignazio Compagnoni). Notizie su di lui in tre opere inedite nella stessa Biblioteca: ms. 563: A. Natali, Dizionario istorico, pp. 68-69; ms. 1204: G. Natali, Dizionario dei marchigiani ill., s.v. Compagnoni Pompeo seniore; ms. 554: D. Carzini, Illustr. di stampe e manoscritti inviati alla esposiz. leopardiana, s. v. Compagnoni Pompeo. Cfr. anche: [F. Vecchietti-T. Moro], Biblioteca Picena, III, Osimo 1793, pp. 275-276; G. Colucci, Antichità picene, XXV, Fermo 1795, p. 5; A. Ricci, Commentario degli uomini ill. di Macerata, Roma 1847, pp. 44 s.; M. Rossi, P. C. e la storiogr. picena, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. delle Marche, III-IV (1923), pp. 1-43; G. Spadoni, La Bibl. Comunale di Macerata. Relazione storico-bibliografica, Macerata 1937 p. 9; F. Allevi, Poesia delle rovine, Roma 1956, p. 289; V. Brocco, Diz. bio-bibliogr. dei maceratesi, in Storia di Macerata, II, Macerata 1972 p. 92; A. Adversi, Gli scrittori, ibid., IV, Macerata 1974, p. 578; Macerata, Bibl. com., A. Adversi, Inv. dei manoscritti della Bibl. Com. Mozzi-Borgetti di Macerata (dattiloscritto), pp. 95-100.