BIRAGO, Pompeo
Nacque in data imprecisata nella prima metà del sec. XVI da Gerolamo. Assai scarse le prime notizie biografiche: abbracciò la carriera ecclesiastica ed entrò in possesso dei benefici di patronato della famiglia, succedendo allo zio Giacomo Antonio come abate commendatario di S. Vincenzo in Prato (Milano) e preposto di S. Albino di Mortara. Ancora in giovane età si allontanò da Milano per trasferirsi a Venezia, come risulta da un documento del 7 marzo 1559, e quindi a Roma, dove risulta risiedere già nel 1566. Nell'ambiente di curia il B. si fece strada con fatica, se solo nel 1575 emerse dall'anonimato con un incarico di un certo rilievo.
Nel marzo del 1575 fu mandato infatti in Francia per portare a corte le congratulazioni di Gregorio XIII per il matrimonio di Enrico III con Luisa di Lorena Vaudemont e consegnare la rosa d'oro alla regina. La missione però non era solo di pura cortesia, perché il B. aveva anche il compito di trattare alcune questioni diplomatiche in quel momento sul tappeto, avvalendosi possibilmente dell'appoggio del suo autorevole parente, il gran cancelliere di Francia Renato Birago, cugino del padre.
Nel corso del viaggio verso la corte di Parigi il B. fu raggiunto a Torino da un invito dello zio Carlo Birago e del fratello Andrea che desideravano vederlo a Saluzzo "per qualche cosa d'importanza". Accettò l'invito, e per giustificare il ritardo con cui era passato in Francia annunciò al cardinale Tolomeo Galli, con disinvolta ferocia controriformistica, un prossimo "macello" di eretici nel marchesato di Saluzzo.
L'11 apr. 1575 il nunzio a Parigi Antonio Maria Salviati annunciò al Galli l'arrivo del B. che il 12 successivo riferì direttamente allo stesso Galli della sua prima udienza a corte. Sia al re sia a Caterina de' Medici il B. chiese una nuova udienza per trattare i "negocii che da S. B. m'erano stati commessi" e bastò questa richiesta per avere la prima nozione delle difficoltà da superare. Caterina infatti, pur dichiarandosi pronta a riceverlo, sembrò "si turbasse in viso", manifestando subito la sua scarsa disposizione a trattare. "Credo che sarà negozio di qualche difficultà" scrisse il B., tanto più preoccupato, perché non poteva contare sull'appoggio del cancelliere Birago, trattenuto a letto da una grave malattia. La prima questione che il B. doveva trattare riguardava la nomina del nuovo ambasciatore francese a Roma, che doveva succedere all'inviato Francesco de Rosier, morto improvvisamente il 6 marzo 1575. La scelta di Enrico III era caduta su monsignor Paolo de Foix, uomo di fiducia di Caterina. Il Foix, però, venuto a Roma nella primavera del 1574 come candidato a una diocesi francese, vi era stato accusato di eresia. Anche se era stato prosciolto dall'accusa, il candidato di Caterina non sembrava alla Curia l'uomo più adatto a rappresentare a Roma il re di Francia, e in ogni caso prima di dare il gradimento occorreva esaminare attentamente il processo e la sentenza di assoluzione.
La regina madre non gradì affatto questa proposta, e senza nascondere la sua irritazione dichiarò al B. che da un inviato straordinario del papa si aspettava solo che portasse il gradimento di Roma alla sua scelta. Il B. replicò ribadendo il punto di vista della Curia, comprensibilmente preoccupata di avere un ugonotto accreditato come ambasciatore, ma ottenne solo generiche assicurazioni sulla integrità della sua fede cattolica.
Non maggiore successo ebbe nelle altre questioni: la proposta di un'alleanza in funzione antiprotestante delle due corti di Parigi e di Madrid con la mediazione di Roma e il problema delle nomine dei vescovi e abati in Francia. Sulla prima questione Caterina evitò di pronunciarsi riservandosi di parlarne col figlio, sulla seconda mise il B. in serie difficoltà contestandogli l'abuso del diritto di nomina da parte del re e sollecitando invece il riconoscimento delle commende recentemente istituite e la concessione di un nuovo sussidio finanziario alla corte di Parigi così duramente impegnata nella lotta contro gli ugonotti. Ora il B. si trovò a mal partito e dovette faticare non poco per convincere Caterina "che in castello non fossero danari, si come ella diceva d'esser da' suoi ministri avisata, per levarli questo pensiero di capo...".
Sempre con Caterina il B. trattò altre questioni di minore importanza, e due giorni dopo fu ricevuto dal re al quale rifece gli stessi discorsi. Neanche Enrico III s'impegnò minimamente sulla questione dell'alleanza spagnola, limitandosi ad alcune generiche espressioni sulla generale utilità di un accordo tra le due monarchie. Il bilancio di questi primi colloqui del B. non poteva dirsi eccessivamente lusinghiero: l'avvertì chiaramente egli stesso, e cercò di giustificare l'insuccesso con l'estrema incertezza della situazione francese, non senza lamentare il mancato aiuto del cancellier Birago. Il B. era del resto alla sua prima missione diplomatica e non ci si poteva aspettare molto di più in una situazione tanto difficile quale era effettivamente quella francese. La posizione della corte era infatti assai debole e un cedimento verso Roma ne avrebbe accresciuto le difficoltà. Il B. si trattenne ancora a Parigi fino ai primi di maggio nella speranza di conseguire un qualche successo almeno nella questione del Foix, sulla quale però Caterina de' Medici aveva impegnato tutto il suo prestigio e non accennava a cedere. Il 9 maggio il Salviati scrisse al Galli quasi a sanzionare l'insuccesso della missione del B.: "mons. Birago ha trovato delle difficoltà che non s'era persuaso". Due giorni dopo, l'11 maggio, lo stesso Salviati annunciò al Galli la partenza del B. per Roma. In effetti la corte di Parigi resistette ancora per un anno prima di decidersi a rinunziare alla candidatura del Foix: solo il 18 giugno 1576 fece il suo ingresso a Roma il nuovo ambasciatore francese presso la S. Sede, Luigi Châteigner de La Rocheposay.
Una seconda missione portò il B. in Francia nel 1578, quando fu scelto per portare al cancelliere Birago il cappello cardinalizio. Anche questa volta il B. doveva approfittare del suo viaggio di cortesia per intavolare trattative diplomatiche assai più impegnative con la corte di Parigi. Si trattava del vecchio piano pontificio di una stretta allenza della Francia con la Spagna che potesse spostare definitivamente a favore dei cattolici l'equilibrio interno francese.
Il B. arrivò a Parigi il 9 giugno 1578 e si disponeva a raggiungere la corte, in quel momento in giro per la Francia, quando una fastidiosa malattia lo costrinse a letto. Un dispaccio della corte lo invitò d'altra parte ad attendere a Parigi l'arrivo del re che si prevedeva imminente. In tale attesa il B. consegnò il cappello al cancelliere e ne ebbe una piena approvazione del progetto pontificio insieme con vari consigli sul modo migliore di presentarlo a corte. Il 23 giugno 1578 il B. scrisse al Galli il suo primo dispaccio dalla Francia, informandolo dei colloqui col cardinal Birago e della sua decisa volontà di appoggiare la sua azione presso la corte. Forte dell'appoggio del cancelliere il B. si presentò a corte ai primi di luglio ed espose la proposta di Gregorio XIII, sottolineando i vantaggi che l'iniziativa presentava per il re. Questa volta Enrico III diede ascolto al suo discorso, sebbene per motivi diversi da quelli addotti dal diplomatico pontificio. Al re di Francia premeva infatti solo di declinare ogni responsabilità nei confronti dell'iniziativa del fratello, Francesco di Alençon-Anjou, che si era messo alla testa dei ribelli neerlandesi contro la Spagna. Alla proposta del B. si mostrò ancor più interessata Caterina de' Medici, che "ne parlò lungamente col cardinal mio, et fra loro due risolvero totalmente di voler attendere a questa prattica".
L'atteggiamento della corte di Parigi si poteva comprendere solo in rapporto all'intervento del duca d'Alençon nei Paesi Bassi e tendeva essenzialmente a evitare una rottura con la Spagna, estremamente pericolosa in un momento tanto difficile per la Francia. A tal fine la mediazione pontificia poteva riuscire assai utile, cosicché "il re, regina madre et il cardinal Birago... hanno risoluto domani fare un consiglio a posta, ove... determinarono tutto questo negotio, et hanno pure questa mattina risoluto ch'io abbia da portare a N. S. la risolutione che faranno".
Era evidente che la corte di Parigi aveva preso la palla al balzo, utilizzando tempestivamente ai propri fini la missione del B., che da inviato pontificio si trasformava in inviato francese, senza saperlo. Partì da Parigi il 7 agosto, ma già il 2 agosto Caterina aveva scritto a Gregorio XIII annunciandogli l'arrivo del B. latore di suoi messaggi: "sur tout ces poinctz là et autres noz nouvelles et particularitez; ledict abbé de Birague sen va bien instruict, et plaira a Votre Saincteté luy adiouster aultant de foy et creance qu'a nous mesmes" (Theiner, II, p. 608).
Del B. non si hanno più notizie: il Litta assicura che "Milano antica sua patria lo nominò unitamente a Luigi Terzago suo oratore presso Sisto V per impedire che fossero introdotti nella chiesa milanese gli usi dello spoglio", ma non è stato possibile controllare l'esattezza della notizia.
Non si conosce la data della sua morte.
Fonti e. Bibl.: Arch. Segreto Vaticano,Segreteria di Stato,Francia, vol. 8,passim; vol. 12,passim; Arch. General de Simancas,Estado, leg. K. 1535, f 30; Milano, Arch. stor. civ.,Famiglie, cart. 199; A. Theiner,Annales ecclesiastici…, Romae 1856, II, p. 608; Calendar of State Papers,Foreign series,of the reign of Elisabeth,1575-77, a cura di A. J. Crosby, London 1880, p. 39; Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di G. Canestrini e A. Desjardins, IV, Paris 1872, p. 187; Nuntiaturberichte aus Deutschland, III, 5, a cura di K. Schellhass, Berlin 1909, p. 446; Nunziature di Savoia, I, 15 ottobre 1560-29 giugno 1573, a cura di F. Fonzi, Roma 1960, p. 134; A. Pascal,Ilmarchesato di Saluzzo e la Riforma protestante durante il periodo della dominazione francese. 1548-1588, Firenze 1960, pp. 360 s.; P. Litta,Famiglie celebri italiane, Birago di Milano, tav. IV.