Vedi POMPEI dell'anno: 1965 - 1973 - 1996
POMPEI (v. vol. VI, p. 308 e S 1970, p. 635)
Il quadro generale delle conoscenze sull'antica P. - esplorata prevalentemente entro il perimetro della sua cinta muraria e per una superficie di soli 44 ha su 66 di estensione - si è arricchito notevolmente grazie a importanti rinvenimenti e a nuovi dati dovuti alla ripresa dell'esplorazione, nonché alla conduzione di una serie di saggi stratigrafici specifici, diretti alla conoscenza dei livelli più antichi dell'insediamento.
Agli anni Sessanta risale lo scavo della Casa di Giulio Polibio che ha portato, nell'ultimo ambiente a O del peristilio, al rinvenimento di un pregevole servizio bronzeo di arredo triclinare, comprendente una statua di lychnophòros, che ripete il tipo arcaico dell'Apollo di Kanachos (Apollo di Pompei), un grande cratere di scuola neoattica con la raffigurazione a rilievo di una teoria di eroi, nonché un servizio da tavola e dei candelabri.
Negli stessi anni, con il consolidamento delle strutture murarie portanti della Casa di Fabio Rufo e delle altre costruzioni poste all'estremità dell'insula occidentalis - forse a picco sulla pompeiana palus e sul mare, e in continuità con la cinta muraria urbana presso Porta Marina - si è proseguita l'esplorazione della terrazza inferiore della casa, a Ν della citata Casa di Fabio Rufo, che ha portato alla luce uno splendido ninfeo; è costituito da una fontana absidata ricoperta di intonaco e di mosaico policromo, di pregevole fattura, in pasta vitrea, stucco e conchiglie marine (cfr., p.es., la Domus Aurea neroniana a Roma), affiancato da un'aula, con le pareti rivestite di affreschi di terzo stile, riproducenti lussureggianti giardini, architettonicamente delineati e definiti.
Nel corso della costruzione di un nuovo tratto della recinzione dall'insula sepulcralis, delimitata dalla Via dei Sepolcri e dal diverticolo settentrionale (in un'area della necropoli preromana della città, in cui, già a partire dal 1873, erano venute alla luce delle tombe), sono state rinvenute due tombe a cassa d'epoca sannitica.
Negli anni 1980-81 è stata scavata una lunga trincea per la posa di cavi elettrici che ha fornito l'opportunità di eseguire una serie di saggi stratigrafici i cui risultati, solo in parte pubblicati, hanno fornito dati estremamente interessanti, soprattutto sulla cronologia del Tempio di Giove Capitolino, per il quale un significativo terminus post quem veniva offerto da un pozzo con il suo contenuto, obliterato dalla costruzione del podio del tempio, e, quindi, a esso anteriore. Di notevole interesse sono anche i dati sulla cronologia del porticato occidentale del foro, la cui prima realizzazione sembra dover essere arretrata al I sec. a.C. Le novità riguardano anche la struttura della Via Marina e varie fasi edilizie del Santuario di Venere, entro il cui peribolo è stato rinvenuto un risvolto della cinta muraria in calcare del Sarno, databile alla fine del IV sec. a.C.
Nell'ambito di questo stesso intervento sono stati condotti alcuni saggi stratigrafici nella Casa delle Forme di Creta (Regio VII, 4, 62) che hanno rivelato le fasi più antiche della domus, costruita all'inizio del II sec. a.C. Sono anche tornati alla luce alcuni resti di un edificio precedente, impiantato a fine IV-inizî III sec. a.C., probabilmente destinato a banchetti pubblici (hestiatòrion). Il suo orientamento era diverso da quello della successiva domus e del circostante tessuto urbano, d'età romana, e si allineava con l'asse viario della Via di Mercurio. Si tratta d'un rinvenimento di estrema importanza per lo studio delle prime fasi urbanistiche di Pompei.
Agli inizî degli anni Ottanta si collocano alcuni saggi di scavo in prossimità delle fortificazioni della città, presso Porta Nocera e presso Porta Ercolano; si è accertato, in entrambi i casi, la presenza di strutture murarie in pappamonte, al di sotto di quelle posteriori di calcare del Sarno, nella muratura urbana. Tali strutture in pappamonte debbono farsi risalire alla prima metà del VI sec. a.C., convalidando così la tesi che vuole che la cinta urbana pompeiana sia stata eseguita, nell'intero circuito (conservatosi quasi intatto), già nel VI sec. a.C., allorché avvenne il definitivo inurbamento, a partire dai pagi vicini, delle popolazioni dell'entroterra, ma quando ancora il numero delle abitazioni all'interno delle mura (e all'esterno della presunta, primitiva, «Città Vecchia») non era tale da ipotizzare un'urbanizzazione intensiva, bensì una diffusa presenza di estese fattorie agricole, protette, secondo una frequente consuetudine, dalla cinta muraria. La successiva fortificazione in calcare del Sarno, a doppia cortina e con un muro a ortostati, non dovette essere di molto posteriore, e mantenne il medesimo andamento e lo stesso percorso della precedente cinta muraria in pappamonte. Della fine del IV sec. a.C., invece, sembra essere la sistemazione della cinta muraria, ad aggere, che il Maiuri attribuiva al primo periodo sannitico.
Uno scavo (1983) condotto a O del Fondo Pacifico, la cui prima esplorazione risale alla fine del secolo scorso, ha portato alla luce un ulteriore tratto della strada lungo la quale si allineava la necropoli posta immediatamente all'esterno di Porta Nocera, e, con essa, un altro gruppo di monumenti funerarî della necropoli. La direzione della strada prova che essa continuava al di sotto dei moderni edifici dell'attuale P., alle spalle di Via Roma, nel lato N, e doveva passare sotto il Santuario della Madonna del Rosario, che la obliterò con tutti i suoi monumenti. La strada romana è apparsa, nello scavo, disselciata, per cui è probabile che, al momento dell'eruzione, essa fosse già abbandonata. Non diversamente, dovevano essere in rovina taluni monumenti venuti alla luce con gli scavi citati, verosimilmente non ancora restaurati dopo il terremoto del 62 d.C., o abbandonati del tutto, per la scomparsa delle famiglie cui essi appartenevano, magari in seguito alle distruzioni del terremoto. Sono venuti alla luce dodici monumenti e recinti funerarî di epoca tardo-repubblicana e proto-imperiale, alcuni dei quali di grande interesse architettonico.
Fra gli anni 1976 e 1981 è stata effettuata una serie di saggi stratigrafici nella Regio VI, 5, in quella parte della città a Ν della presunta «Città Vecchia», in cui dovette verificarsi la prima espansione dell'abitato più antico, oltre l'insediamento originario, a N, verso Porta Vesuvio, nella parte alta della città. L'indagine archeologica ha individuato tracce di combustione, con frammenti di ceramica d'impasto e bucchero, probabile testimonianza di una frequentazione etrusca della zona, ma non necessariamente dell'esistenza di un regolare insediamento nell'area prima del VI sec. a.C. Poco documentati, invece, sono i livelli posteriori di V e IV sec. a.C. (e questa scarsezza di documentazione è stata confermata anche da saggi lungo Via dell'Abbondanza), al di sotto dei piani di calpestio e delle fondazioni dell'impianto abitativo finale.
Recentissimi saggi stratigrafici nel Tempio di Iside hanno definitivamente confermato l'inconsistenza della tesi che considerava talune strutture (rinvenute in precedenti saggi, e pertinenti, in realtà, al periodo ellenistico) come fondi di capanne e resti della murazione di cinta di P., di età protostorica.
Il terremoto del 1980, che così gravi danni ha prodotto alla città e a tutto il territorio vesuviano, con oltre due terzi dei fabbricati antichi lesionati nella sola P., ha indotto il Ministero a erigere in Istituto autonomo con una nuova Soprintendenza i territorî lungocosta a valle del Vesuvio, fra S. Giorgio a Cremano e Castellammare di Stabia (1981).
In seguito si è intrapresa una sistematica opera di gestione del sito archeologico, con un approccio interdisciplinare che vede - per la prima volta - lo scavo affiancato dal simultaneo restauro di ciò che va venendo alla luce, l'uso sistematico della fotogrammetria, l'eliminazione delle piante infestanti, la ricerca paleobotanica (impiegata in ogni spazio verde privato e pubblico della città) intesa alla raccolta degli elementi per la ripiantagione delle essenze originariamente presenti (e appositamente identificate) nei singoli giardini (anziché, come per il passato, di generiche piante mediterranee e vesuviane, note dagli affreschi), la creazione di un sistema integrato di percorsi specialistici di visita, fra orti e giardini ricostituiti, il più significativo dei quali è quello detto di Loreio Tiburtino, in cui si è ripristinato il sistema idrico dell'euripus.
Sono in corso una serie di restauri delle strutture antiche di P., fra cui quelle dell'edificio delle Terme Suburbane, presso Porta Marina, e di alcune insulae di Via di Nocera, presso l'omonima porta.
Terme Suburbane. - Scoperte nel 1960, solo nel 1985 è stata ripresa l'esplorazione volta al recupero dell'intero edificio. Esso sorgeva su un'area terrazzata, artificialmente creata, e si sviluppava su tre livelli; l'ultima sistemazione, posteriore al terremoto del 62 d.C., ampliò il nucleo originario degli ultimi anni del I sec. a.C. Interessante è la presenza, all'estremità NO della terrazza, e alla sommità di una poderosa muratura in opus reticulatum, di una serie di pietre robustamente ammorsate a essa, con foro passante, e con cadenza regolare, che farebbero pensare a delle bitte per l'attacco di navi o barche, anche se la loro collocazione, in relazione con le murature circostanti - che trova confronti precisi con analoghe strutture presenti sul lato Ν della cinta muraria - rendono, al momento, arduo ipotizzare che in questo punto esistesse una struttura portuale.
L'ingresso alle terme si apriva nel tratto terminale in ripida salita dalla Via Marina, presso la porta omonima, e immetteva sull'ampia terrazza lastricata di cui s'è detto. Tre gradini conducevano a un lungo corridoio, originariamente coperto; così come coperto era il porticato esterno dell'edificio, che fiancheggiava il lato settentrionale di Via Marina. Dal portico si accedeva direttamente all’apodyterium, le cui pareti sono decorate con scene erotiche, incluse entro linee oblique a formare una sorta di casella contenente ciascuna scena, cui corrisponde anche un numero progressivo, da I a XVI. La presenza di tali pitture ha fatto ipotizzare, probabilmente non a ragione, che, al piano superiore, vi fosse una sorta di lupanare. Sulla parete destra dell’apodyterium, si apre una porta che conduce a una sala riccamente decorata, sulle pareti e nel soffitto a volta, da splendidi stucchi, realizzati appena prima dell'eruzione, a giudicare dalla freschezza e dal taglio netto delle decorazioni e delle figure a rilievo.
Sulla parete orientale di questa sala, si apre, ipetrale, il frigidarium, costituito da una grande piscina rettangolare inserita a livello del pavimento della sala antistante, e incassata rispetto a esso. Tutte le pareti poste intorno alla vasca sono affrescate, con pitture discretamente conservate, con soggetti di ambiente nilotico, gazebi, battelli, coccodrilli, pigmei, piante esotiche. Sulla parete del frigidarium (e a un livello superiore rispetto a quello degli ambienti termali) è un ninfeo a mosaico, decorato con le consuete tipologie a grottesche, eseguite con pomici, paste vitree, conchiglie marine incastonate entro stucco, di tradizione neroniana. La parte alta del ninfeo presenta un motivo architettonico a grotta, con emblema, in cui è raffigurato Marte fra amorini; lungo una serie di gradini, posti più in basso, scorreva da una tubatura posteriore l'acqua che andava a riempire la vasca della piscina sottostante.
Dal frigidarium, attraverso la menzionata sala decorata con stucchi, si passava, per una porta aperta nel lato Ν dell'aula, nel tepidarium, sulla cui parete di fondo s'apriva il laconicum, per accedere quindi al calidarium, di forma rettangolare, con una parete absidata ampiamente sfinestrata e aperta sulla terrazza esterna. Da questo ambiente si passava in un vano, anch'esso su suspensurae, con tracce di elementi pavimentali a mosaico bianco e nero, probabilmente relativi a una fase precedente, poi obliterata, il cui restauro, dopo il terremoto del 62 d.C., doveva essere ancora in corso al momento dell'eruzione del 79 d.C. Da questo vano si accedeva a un altro ambiente, occupato da una piscina assai più ampia di quella del frigidarium, originariamente coperta e non ancora restaurata. Oltre questo ambiente, un vano, caratterizzato da una ricchissima decorazione pittorica e musiva, era destinato a contenere il labrum per le aspersioni.
Nel lato E dell'edificio, al di sotto della scala che conduceva al piano superiore, uno stretto corridoio a gomito conduceva al praefurnium, diviso in due settori. Alle spalle delle due principali aule termali, si sviluppavano gli ambienti di servizio, mentre il piano superiore ospitava una serie di sale, di incerta destinazione e funzione, con vista panoramica sulla vicina marina e, forse, sulla costa paludosa. Quanto alla datazione del complesso, pur ritenendosi probabile una prima fase tardo-repubblicana, non ancora chiaramente attestata, è possibile riconoscere una fase databile fra la fine del I sec. a.C. e l'inizio del I sec. d.C., contraddistinta dalla presenza di opus reticulatum con ammorsature di latericium, seguita da un momento di ricostruzione o di ristrutturazione parziale, databile fra l'epoca del terremoto e quella dell'eruzione. L'edificio delle Terme Suburbane costituisce, rispetto a quelli delle altre maggiori terme pompeiane, un interessante momento evolutivo di questo tipo costruttivo, certamente influenzato dalla concezione scenografica ellenistica dell'architettura terrazzata.
Complessi di Via di Nocera (Regiones I-II). - Si tratta di una serie di interventi di scavo e di restauro immediato, eseguiti nella Regio I, 20 e nella Regio II, 1, 8-9.
La nuova esplorazione ha mostrato che l'area, al di sotto dei livelli ultimi di edificazione, era stata occupata da abitazioni agricole affiancate, disposte a schiera e databili intorno alla fine del III sec. a.C. Tale situazione urbanistico-abitativa conferma l'opinione che, all'interno della cinta muraria, sussistessero, almeno all'epoca attestata, piccole fattorie agricole d'una dimensione insufficiente a ipotizzare la presenza di manodopera servile, cosicché si deve ritenere che i fondi fossero condotti in proprio da coltivatori diretti. Intorno alla metà del I sec. a.C. s'assiste, invece, a un processo costante di trasformazione delle entità agricole ad attività primaria, in complessi più vasti, ottenuti accorpando proprietà finitime, o abbattendo edifici per dar luogo a più vasti terreni coltivati, nei quali venivano affermandosi attività secondarie di piccola industria, di artigianato e di trasformazione dei prodotti, nonché di attività terziarie connesse con la vendita di prodotti e con la fornitura di stabili od occasionali servizî, quali, p.es., la ristorazione.
Regio I, 20. - È composta da tre nuclei edilizi aprentisi, tutti, su Via di Nocera: i numeri civici 1,2,3, costituenti un unico complesso abitativo, 4 e 5, ciascuno corrispondente a una singola, autonoma, abitazione.
L'abitazione dei nn. 1, 2, 3, ha ingresso dal n. 2, adibito a bottega, nella quale veniva esposta la produzione figulina del laboratorio operante al n. 3, laddove, invece, il n. 2 dava accesso direttamente a un giardino interno coltivato a vigna, con annessa caupona, della quale s'è perfettamente conservato il triclinium estivo, con pergolato accostato al muro di fondo del complesso, nel lato N.
L'abitazione n. 4, che non sembra aver avuto particolare carattere commerciale nel suo piano inferiore, era di valore considerevole, a giudicare dalla raffinata e ben conservata decorazione pittorica di I stile delle pareti.
L'abitazione n. 5 si disponeva su due piani, di cui il superiore certamente residenziale, mentre l'inferiore era occupato da una struttura con torcularium per la produzione del vino.
Quest'insula, nata come quartiere agricolo-residenziale, nobilitato dalle severe decorazioni e dai caratteri architettonici dell'edilizia abitativa italica del III-II sec. a.C., andò trasformandosi, fino ad assumere i caratteri di sistema misto, agricolo produttivo-distributivo e abitativo, risultanti, nei suoi elementi finali, al momento dell'eruzione del 79 d.C.
Regio II, 1. - Presenta un complesso di edifici di carattere strettamente connesso con le attività terziarie destinate alla soddisfazione delle esigenze del pubblico dei frequentatori del vicino anfiteatro. Il fronte dell’insula prospiciente Via dell'Abbondanza presenta una serie di botteghe, dal numero civico 1 al 6, mentre analoga destinazione sembra avere il n. 7, che si apre sul lato parallelo a Via di Nocera. Le botteghe del piano terreno, affacciantesi sulla strada, sono sovente collegate con le abitazioni a esse sovrastanti, e l'intero blocco appare come un unico complesso, nel quale i numeri civici 1 e 6 erano termopolia, il n. 3 abitazione, semplici botteghe i nn. 4 e 5; bottega con ampia area retrostante a giardino, e con funzione di posticum, il n. 7. Su Via di Nocera, il n. 13 era anch'esso un termopolium, laddove il n. 2, identificato dalle iscrizioni come casa di Aemilius Primus e di Saturninus, si sviluppava su due piani. I numeri civici 11 e 12 formavano un unico complesso, definito «dei Riti Magici», dedicato al culto di Sabatius, come risulta da iscrizioni e da graffiti. È nell'area del viridarium di questo complesso edilizio che, negli anni Cinquanta, furono rinvenute statuine e lucerne bronzee, e due mani pantee. Il numero civico 10 è relativo a un'abitazione privata largamente rimaneggiata dopo il terremoto del 62 d.C., con decorazioni parietali di IV stile. I numeri civici 8 e 9, costituenti un unico complesso prospiciente Via di Castricio, comprendono un nucleo abitativo con retrostante area a giardino, successivamente trasformata - come avviene di frequente in quest'area - in impianto commerciale, dove sono venuti alla luce un torcularium e un triclinium.
Regio II, 8. - L'area era stata superficialmente esplorata e rimessa in luce negli anni Cinquanta; essa presentava originariamente, alla fine del III sec. a.C., nove abitazioni a schiera, precedute da una primitiva utilizzazione estensiva dell'area a terreno agricolo, senza consistenti abitazioni, come sembra suggerire la presenza di due pozzi per la captazione delle acque, non collegati probabilmente ad alcuna struttura edilizia contemporanea. Intorno alla metà del I sec. a.C., cinque delle nove abitazioni vennero abbattute per far luogo all'ampliamento delle aree coltivate annesse alle quattro abitazioni residue.
Si segnalano, fra le case, quella del numero civico 5, che ospitava una caupona, e quella del n. 6, comprendente il c.d. Giardino di Ercole. Quest'ultima abitazione è stata ricostruita anche nelle coperture; era forse proprietà di un profumiere, a giudicare dalle essenze di viole e di rose rivelate dall'indagine botanica nell'annesso grandissimo giardino. Tali attività, a un tempo agricolo-industriali e commerciali, sono caratteristiche dei rifacimenti edilizi posteriori al terremoto del 62 a.C.
Regio II, insula 9. - È la più vicina a Porta Nocera. L'impianto appare tracciato fra la fine del III e l'inizio del II sec. a.C., e si apriva, con otto numeri civici, sul cardo, costituito dalla Via di Nocera. Esso, analogamente agli altri illustrati, subì la progressiva riduzione relativa all'accorpamento delle proprietà e al conseguente allargamento delle aree coltivate. I nuclei si ridussero, nella fase finale, a cinque. Di essi, al n. 1 corrisponde un'abitazione medio-borghese, sulla cui facciata è stata rinvenuta un'iscrizione elettorale che raccomanda l'elezione di Popidio Rufo, fatta apporre da un tale Quinto. Di fronte al triclinium, un affresco parietale riconducibile al tipo dei Bildprogramme, mentre, nel lato occidentale, è raffigurato un Priapo itifallico, e, in quello settentrionale, un caduceo affiancato da due cornucopie.
Il numero civico 2 ha restituito - in un ambiente piuttosto modesto e privo di decorazione parietale affrescata: probabilmente un'officina di lavorazione - due cassette lignee con borchie bronzee, contenenti una lucerna in bronzo, una serie di tredici gemme, talune incise e altre da incidere, con vari attrezzi per la lavorazione delle medesime. È probabile si trattasse d'una officina di produzione (con annesso negozio?) di un gemmario.
I nn. 3 e 4 corrispondono a un'abitazione a due livelli occupata, probabilmente, da due distinti nuclei familiari. La decorazione affrescata, di IV stile, dell'omo è piuttosto elaborata e presenta, fra l'altro, un lararium, con frontoncino sostenuto da semicolonne in stucco dipinto e decorato con fiori e amorini svolazzanti.
Il n. 5, infine, è relativo a un'abitazione-bottega di modesta entità, probabilmente una caupona.
Casa dei Casti Amanti (Regio IX, insula 12). - Il prospetto dell'abitazione, messo in luce dallo Spinazzola come la maggior parte degli edifici di Via dell'Abbondanza, induceva a ritenere che si trattasse di un edificio di non modesta importanza. Lo scavo ha rivelato che l'intero complesso occupava oltre 1.000 m2, e si sviluppava, almeno per un piano, in ambienti superiori, con frequenti sfalsamenti di piano, impostati a diversi livelli, che dovevano offrire un'immagine di notevole ricchezza e di effetto scenografico.
Oltrepassato l'ingresso, al n. 6, le fauces conducevano in una prima area atriale che, in una fase successiva a quella di primo impianto dell'edificio, venne trasformata in un pistrinum, con il forno (con l'ampia imboccatura perfettamente conservata e dal tiraggio perfetto) e le macine di pietra lavica poggianti su un piano basolato, così realizzato per meglio resistere alle sollecitazioni connesse con la molitura del grano, con l'usura degli zoccoli dei muli che giravano le macine e con l'intensa frequentazione. Degli ambienti adiacenti all'ingresso, quello a O era stato trasformato probabilmente in locale per la panificazione, a giudicare dalla presenza di un grande piano di pietra.
Al di là dell'atrium-pistrinum si aprono gli ambienti della casa, alcuni dei quali disposti intorno a un piccolo ambiente ipetrale, sopraelevato di c.a 2 m rispetto al piano della Via dell'Abbondanza, costituente una sorta di giardinetto pensile al cui margine è stato rinvenuto un affresco, mal conservato, con la presentazione di Ercole ai dodici dèi, con un serpente apotropaico alla base.
A Ν del vano ipetrale è venuto alla luce uno degli ambienti più ricchi finora rimessi in luce, una sorta di grande triclinium decorato con pitture di III stile finale, con rifacimenti di IV stile, che hanno, al centro delle pareti, un quadretto di medie proporzioni con scene conviviali rappresentanti, con una vasta policromia ben conservatasi, gruppi di coppie banchettanti fra vasellame d'argento, disposto su graziosi tavolinetti tripodi, finemente scolpiti. Delle tre pareti con i citati quadretti una presenta una coppia intenta a baciarsi, da cui il nome all'abitazione. Sulla parete S, una finestra aperta sul giardinetto pensile ipetrale dà luce e aria alla sala.
Nell'ambiente adiacente a questo triclinium, e a E di esso, è venuta alla luce una stalla, comunicante direttamente con l'esterno, con l’ambitus che separa l'abitazione dalla Casa di Giulio Polibio, e sul cui pavimento sono stati rinvenuti gli scheletri di cinque animali, probabilmente muli, quattro dei quali giacenti allungati, e uno con la testa disperatamente premuta contro la porta, nell'atto di spingerla, per aprirla, nella speranza di trovare un'impossibile salvezza.
Alle spalle del triclinium, pertinenti a un'altra abitazione e non ancora esplorati completamente, stanno venendo alla luce una serie di ambienti, la maggior parte affrescati, disposti intorno a un triportico pervenutoci integro nelle strutture di copertura, con le tegole ancora in situ, legate alla tessitura del tetto da un robusto strato d'argilla, con funzione idrofuga. Sul lato E di questo triportico è venuto alla luce un grandissimo protiro, un frontone di pietra impostato su colonne di mattoni finemente intonacati; esso dava accesso a un oecus, che si stava affrescando proprio al momento dell'eruzione, come mostrano le pareti, in cui la decorazione è incompleta e priva ancora dei consueti quadretti dipinti posti al centro di esse e di cui appaiono delineate solo le cornici.
All'interno del triportico, sostenuto da una serie di colonne unite fra loro da un basso muretto, è stato messo in luce un interessante giardino, con una grande aiuola centrale rettangolare, divisa da un vialetto che s'allarga in uno spazio circolare nel mezzo. Nel terreno sono visibili numerosi fori irregolarmente distribuiti, che contenevano residui di essenze botaniche. Il vialetto interno al giardinetto presenta in regolare sequenza, lungo il suo limite, una serie di forellini ravvicinati, al cui interno non è stato rinvenuto alcun elemento botanico, ma che presentavano un'inclinazione di 45°: dovevano servire all'inserimento nel terreno di un'incannucciata, analoga alle molte che figurano negli affreschi e nelle decorazioni pittoriche pompeiane. Questa griglia, probabilmente di modesta altezza, aveva la funzione di delimitare l'area a giardino rispetto a quella pedonale.
Nel lato settentrionale del triportico, sul muretto che lega fra loro le colonne, è stato rinvenuto il c.d. Fanciullo dai capelli d'oro, un puttino marmoreo di pregevole fattura, noto da altre repliche della medesima tipologia, con una traccia diffusa di doratura nei capelli e con altri elementi di colore.
Il fanciullo è seduto con le gambe incrociate su un delfino, secondo una tipologia ellenistica molto frequente anche in ambiente pompeiano. Si tratta di un motivo decorativo di fontana, come mostra l'alloggiamento per la fistula plumbea che s'inseriva nella bocca del delfino e adduceva a un foro posto lateralmente alla figura del delfino, a sua volta collegato con una tubatura d'acqua, che doveva evidentemente esistere in una parte non ancora esplorata del giardino. Anche tale rinvenimento, come il mancato completamento delle pitture dell’oecus prima esaminato, è testimonianza di una condizione di lavori in corso in cui si trovava la casa al momento dell'eruzione. Infatti il puttino era solo appoggiato instabilmente sul muretto del porticato, come sarebbe giustificato nel caso di un deposito momentaneo da parte di un idraulico sorpreso dalla catastrofe nel momento e nell'atto di esercitare il proprio mestiere.
Dal 1987 vengono condotti sistematici lavori di ricerca di pollini, semi, radici, per la ricostruzione dei giardini antichi, come essi effettivamente erano al momento dell'eruzione, e non come generici giardini alla pompeiana.
Nel 1991 sono stati riaperti al pubblico una serie di quindici orti e giardini, fra cui l'orto di Giulia Felice e il giardino della casa erroneamente detta di Loreio Tiburtino, ripristinandovi l'intera architettura di giardino come era stata elaborata dallo Spinazzola al momento del rinvenimento, sulla base degli elementi conservatisi, ivi compreso il gioco di acque zampillanti dell'euripo del giardino.
Resti di Via Bottaro. - Rinvenimenti fortuiti, occorsi nella località Bottaro, negli anni 1975-1977 e 1981, hanno portato alla scoperta di uno scarico di stipe votiva, riferibile, con ogni probabilità, a un'area sacra dedicata a Nettuno, già nota da testimonianze epigrafiche. Si deve considerare che la citata località corrisponde a una sottile striscia di terreno nell'area paludosa di uscita in mare del fiume Sarno. Della stipe è stata recuperata una notevole quantità di materiale fittile databile fra il VI e il I sec. a.C. Il rinvenimento, in un'area prossima a impianti relativi al porto fluviale di P. ed essa stessa collegata con il mare, costituisce, per il carattere del culto che vi era praticato, un utile elemento per la conoscenza dell'antica linea di costa e della topografia dell'area.
Tempietto e villa rustica di S. Abbondio. - Negli anni Quaranta, sono venuti alla luce i resti di una villa rustica, di cui si è ripresa l'esplorazione, nonché di alcuni muri di delimitazione di varí praedia. Tali rinvenimenti suggeriscono, anche attraverso l'identificazione delle diverse colture dei terreni recintati, un quadro frazionato del territorio suburbano, a SE della cinta muraria urbica, nell'ultima fase della vita di P., nonché nuove: indicazioni topografiche per una lettura integrata delle attività agricole extraurbane.
Villa del Cimitero. - Recentemente sono state condotte numerose ricerche nel territorio; a margine della Via Nolana, durante lavori di allargamento del Cimitero Comunale, è stata rinvenuta una villa, probabilmente a carattere rustico-residenziale. Come già negli scavi delle Regiones I e II, e della Casa dei Casti Amanti, entro le mura, anche in questa villa suburbana sono state rinvenute ancora in situ le coperture, perfettamente conservate, fin nella tessitura del tetto e nel legamento con argilla delle tegole alla struttura, per proteggere l'edificio dalle infiltrazioni di umidità per capillarità delle acque piovane. Il perimetro dell'edificio è stato solo parzialmente definito; si può comunque affermare che si tratta di un edificio residenziale, o agricolo-residenziale, esterno alla cinta muraria, posto alla periferia settentrionale della città in direzione dei complessi residenziali collinari dell'odierna Boscoreale.
Edificio di Via Lepanto. - Rinvenimenti fortuiti nella periferia orientale della città, in direzione di Scafati, rivelatasi ricchissima di testimonianze relative al suburbio orientale di P., hanno portato alla luce una serie di modeste strutture murarie pertinenti a un edificio (o a una serie di abitazioni) impostatosi, dopo l'eruzione, su murature anteriori al 79 d.C., e sovrapposte, quindi, allo strato di lapillo, come risulta evidente dallo scavo. Questo edificio è, pertanto, successivo al presunto abbandono del sito dopo la catastrofe, che sempre più frequenti testimonianze provano non essere stato totale. La persistenza dell'occupazione del sito dopo l'eruzione è stata confermata anche da rinvenimenti avvenuti fuori dal territorio di giurisdizione della Soprintendenza, attigui a esso, da dove provengono soprattutto resti anteriori al 79 d.C., come a Pompei.
Nei pressi di Scafati sono stati individuati, fra il 1988 e il 1991, ville rustiche e monumenti funerarî. Di grande importanza è il rinvenimento di un tratto di strada, largo c.a 9 m, non basolato, chiaramente ricollegantesi con la via che dalla Porta di Nola di P. conduce, anziché a Nola, a Sarno (Urbula?).
Durante una serie di saggi, nella località pompeiana di S. Abbondio, è venuto alla luce un tratto di muro, probabilmente parte della delimitazione del fiume Sarno, non lontano dalla stessa foce.
Bibl.: In generale: AA.VV., Neue Forschungen in Pompeij und den anderen vom Vesuvausbruch 79 n. Chr. verschütteten Städten. Internationales Kolloquium, Essen 197S, Recklinghausen 1975; Η. B. Van der Poel, Corpus Topographicum Pompeianum, 4. Bibliography, Roma 1977; R. Ling, Pompeii and Herculaneum: Recent Research and Future Prospects, in Η. M. Blake (ed.), Papers in Italian Archaeology, I (BAR, Suppl. S. 41, 1-2), Oxford 1978, pp. 153-174; AA.VV., Pompeii and the Vesuvian Landscape, Washington 1979; AA.VV., La regione sotterrata dal Vesuvio. Studi e prospettive. Atti del Convegno intemazionale, Napoli-Pompei-Ercolano- Stabia 1979, Napoli 1982; T. Rotula (ed.), Acta Pompeiana, Breslavia 1984; F. Zevi (ed.), Pompei 79. Raccolta di studi per il decimonono centenario dell'eruzione vesuviana, Napoli 1984; AA.VV., Pompei. L'informatica al servizio di una città antica, I-II, Roma 1988; R. I. Curtis (ed.), Studia pompeiana et classica in Honour of Wilhelmina F. Jashemski, I, Pompeiana, New Rochelle-New York 1988; I. C. Mcllwaine, Herculaneum. A Guide to Printed Sources, I-II, Napoli 1988, con bibl. - Cataloghi: AA.VV., Pompei, Ercolano, Stabiae, Oplontis, LXXIX-MCMLXXIX, Napoli 1984; AA.VV., Le collezioni del Museo Nazionale di Napoli, I, Roma 1986 e II, Roma-Milano 1989; L. Franchi dell'Orto, A. Varone (ed.), Rediscovering Pompeii, Roma 1990. - Guide: Β. Conticello, Pompei. Guida archeologica, Novara 1986; E. La Rocca, M. e A. de Vos, Guida archeologica di Pompei, Milano 19942.
Monografie: M. Grant, A. Mulas, Eros a Pompei, Milano 1974; P. Castrén, Ordo Populusque Pompeianus (ActalnstRomFin, 8), Roma 1975; R. Guerdan, Pompei, la vita di una città prima della morte, Milano 1975; E. Corti, Ercolano e Pompei. Morte e rinascita di due città, Torino 1977; H. Eschebach, Pompeji, Lipsia 1978; W. Jashemski, The Gardens of Pompeii, Herculaneum and the Villas Destroyed by Vesuvius, New York 1979; M. Gigante, Civiltà delle forme letterarie nell'antica Pompei, Napoli 1979; R. Brilliant, Pompei A.D. 79. The Treasure of Rediscovery, New York 1979; L. Richardson Jr., Pompeii. An Architectural History,
Baltimora 1988. - Parco archeologico: Β. Conticello, G. Gullini, Progetto Pompei I stralcio. Un bilancio, Napoli 1986; B. Conticello, L'area archeologica vesuviana: un laboratorio di proposte, in AA.VV., I siti archeologici, un problema di musealizzazione all'aperto, Roma 1988, pp. 169-176.
Topografia: H. Eschebach, Erläuterungen zum Plan von Pompeji, in AA.VV., Neue Forschungen in Pompeji..., cit., p. 331 ss.; H. B. Van der Poel, Corpus Topographicum Pompeianum, 5. Cartography, Roma 1981; L. Richardson Jr., The City-Plan of Pompeii, in La regione sotterrata dal Vesuvio, cit., p. 341 ss.; H. B. Van der Poel, Corpus Topographicum Pompeianum, 2. Toponymy, Roma 1983; id., Corpus Topographicum, Pompeianum, 3. The RICA Maps of Pompeii, Roma 1984; id., Corpus Topographicum Pompeianum, 3A. The Insulae of Regions I-V, Roma 1986; C. Malandrino, Il pagus marittimo di Pompei. Note di topografia antica, Salerno 1988; L. Eschebach, Hafenstadt Pompeji, in A W, XX, 1989, 1, p. 40 ss.; A. Varone, L'area vesuviana. Le strade, in AA.VV., Viaepublicae romanae (cat.), Roma 1991, p. 95 s.
Impianto e sviluppo urbanistico. - Formazione della città: G. Colonna, Nuovi dati epigrafici sulla protostoria della Campania, in Atti della XVII Riunione Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze 1975, p. 151 ss.; H. Riemann, Das vorsamnitische Pompeji, in AA.VV., Neue Forschungen in Pompeji..., cit., p. 225 ss.; M. Bonghi Jovino, Pompei: gli scavi dell'Università di Milano nella prassi di una «metodologia dell'evidenza», in La regione sotterrata dal Vesuvio..., cit., p. 276 ss.; ead. (ed.), Ricerche a Pompei. L'insula 5 della Regio VI dalle origini al 79 d.C., Roma 1984; P. Arthur, Problems of the Urbanization of Pompeii. Excavations 1980-1981, in AntJ, LXVI, 1986, p. 29 ss.; P. Sommella, Urbanistica pompeiana. Nuovi momenti di studio, Roma 1989; A. Varane, Attività dell'Ufficio Scavi di Pompei. Saggi stratigrafici nel Tempio d'Iside, in RStPomp, III, 1989, p. 229 ss. - Pieno sviluppo: R. A. Raper, The Analysis of the Urban Structure of Pompeii: A Sociological Examination of Land Use (Semi- Micro), in Spatial Archaeology, Londra 1977, pp. 189-221; F. Zevi, Urbanistica di Pompei, in La regione sotterrata dal Vesuvio..., cit., p. 353 ss.; A. d'Ambrosio, S. De Caro, Un contributo all'architettura e all'urbanistica di Pompei in età ellenistica. I saggi nella casa VII, 4, 62, in AnnAStor-Ant, XI, 1989, p. 173 ss.; AA.VV., Le insulae 3 e 4 della Regio VI di Pompei, Roma 1990; S. De Caro, Lo sviluppo urbanistico di Pompei, in AttiMGrecia, I, 1992, pp. 67-90. - Approvvigionamento idrico: H. Eschebach, Probleme der Wasserversorgung Pompejis, in CronPomp, V, 1979, pp. 24-60; J. Dybkjaer- Larsen, The Water Towers in Pompeii, in AnalRom, XI, 1982, pp. 41-67; H. Eschebach, T. Schäfer, Die öffentlichen Laufbrunnen Pompejis. Katalog und Beschreibung, in AA.VV., Pompei, Herculaneum, Stabiae..., cit., pp. 11- 39. - Materiali e tecniche di costruzione: Pompei 1748-1980. I tempi della documentazione (cat.), Roma 1981. - Fortificazioni: Ch. Chiaramonte Treré (ed.), Nuovi contributi sulle fortificazioni pompeiane, Milano 1986. - Foro: K. Ohr, Die Basilika in Pompeji (diss.), Karlsruhe 1973; Ν. Nabers, The Architectural Variations of the Macellum, in OpRom, IX, 1973, p. 173 ss.; W. Moeller, The Date of Dedication of the Building of Eumachia, in CronPomp, I, 1975, p. 232 ss.; Κ. Ohr, Die Basilika in Pompeji, ibid., III, 1977, p. 17 ss.; L. Richardson, The Libraries of Pompeii, in Archaeology, XXX, 1977, p. 400 ss.; id., Concordia and Concordia Augusta: Roma and Pompeii, in PP, XXXIII, 1978, p. 260 ss.; H. Lauter, Bemerkungen zur späthellenistischen Baukunst in Mittelitalien, in Jdl, XCIV, 1979, p. 416 ss. - Edilizia pubblica: L. Richardson, The Archaic Doric Temple of Pompeii, in PP, XXIX, 1974, p. 281 ss.; A. Jorio, Sistema di riscaldamento nelle antiche terme pompeiane, in BullCom, LXXXVI, 1978-79, pp. 167-189; H. Eschebach e altri, Die Stabianer Thermen in Pompeji, Berlino 1979; J. A. de Waele, Der römische Fuss in Pompeji. Der Tempel des Juppiter Capitolinus, in BABesch, LIX, 1984, p. 1 ss.; L. Jacobeiii, Terme Suburbane. Stato attuale delle conoscenze, in RStPomp, II, 1988, p. 202 ss.; A. Koliski-Ostrow, The Samo Bath Complex, Roma 1990. - Edilizia privata: C. E. Dexter, The Casa di L. Cecilio Giocondo in Pompeii, Ann Arbor 1975; J. E. Packer, Middle and Lower Class Housing in Pompeii and Herculaneum. A Preliminary Survey, in AA.VV., Neue Forschungen in Pompeji..., cit., p. 133 ss.; H. Lauter, Zur Siedlungsstruktur Pompejis in samnitischer Zeit, ibidl, p. 147 ss.; Ν. Fadda, Gli impluvi modanati delle case di Pompei, ibid., p. í61 ss.; H. Lauter-Bufe, Zur architektonischen Gartengestaltung in Pompeji und Herculaneum, ibid., p. 169 ss.; H. Brunsting, Forschungen im Garten des M. Lucretius Fronto, ibid., p. 198 ss.; E. Fabbricotti, I bagni nelle prime ville romane, in CronPomp, II, 1976, p. 29 ss.; M. Aoyagi, La casa della nave Europa a Pompei, Tokyo 1977; E. Evans, A Group of Atrium Houses without Side Rooms in Pompeii, in Papers in Italian Archeology..., cit., p. 175 s.; H. Eschebach, Zur Entwicklung des pompejanischen Hauses, in Wohnungsbau im Altertum, Berlino 1979, p. 150 ss.; E. Salza Prina Ricotti, Forme speciali di triclini, in CronPomp, V, 1979, p. 102 ss.; G. Cernili Irelli, Le case di M. Fabio Rufo e di C. Giulio Polibio, in Pompei 1748-1980..., cit., p. 22 ss.; H. Eschebach e altri, Die Casa di Ganimede in Pompeji (VII, 13, 4), in RM, LXXXIX, 1982, p. 229 ss.; W. M. Strocka, Casa M Principe di Napoli, Monaco 1984; H. Eschebach, Die Arzthäuser in Pompeji (AW, XV, numero speciale), Magonza 1984, p. 3 ss.; C. L. H. Peterse, Der oskische Fuss in pompejanischen Atrien, in BABesch, LIX, 1984, p. 9 ss.; H. Geertman, Geometria e aritmetica in alcune case ad atrio pompeiane, ibid., pp. 31-52; L. Richardson Jr., Water Triclinia and Biclinia in Pompeii, in Studia pompeiana et classica..., cit., p. 305 ss.; A. Gallo, La casa dei quattro stili, Napoli 1989; A. Varone, Pompei. Via dell'Abbondanza. Scavi 1987, in ΒΑ, I-II, 1990, p. 232 ss.; D. Michel, La casa dei Ceti, Monaco 1990; J. L. Franklyn jr., Pompeii: The Casa del Marinaio and Its History, Roma 1990. - Vedi inoltre le relazioni in RStPomp e in L. Franchi dall'Orto (ed.), Ercolano 1738-1888. 250 anni di ricerca archeologica. Atti del Convegno Ravello-Ercolano-Napoli-Pompei 1988, Roma 1993. - Necropoli: A. De Franciscis, Il sepolcro di M. Obellius Firmus, in CronPomp, II, 1976, p. 246 ss.; S. De Caro, Scavi nell'area fuori Porta Nola a Pompei, ibid., V, 1979, p. 61 ss.; id., Nuovi rinvenimenti e vecchie scoperte nella necropoli sannitica di Porta Ercolano, ibid., p. 179 ss.; V. Kockel, Die Grabbauten vor dem Herculaner Tor in Pompeji, Magonza 1983; AA.VV., Un impegno per Pompei. Fotopiano e documentazione della necropoli di Porta Nocera. Studi e contributi, 2 voli., Milano 1983.
Pitture e stucchi: K. Schefold, La peinture pompéienne. Essai sur l'évolution de sa signification, Bruxelles 1972; A. M. G. Little, A Roman Bridal Drama at the Villa of the Mysteries, Kennebunk (Maine) 1972; M. e A. de Vos, Scavi nuovi sconosciuti (I, 11, 14; I, 11, 12). Pitture memorande di Pompei. Con una tipologia provvisoria dello stile a candelabri, in MededRom, XXXVII, 1975, p. 47 ss.; A. Allroggen-Bedel, Zur Datierung der Wandmalereien in der Villa Imperiale in Pompeji, in BABesch, L, 1975, p. 225 ss.; A. Laidlaw, A Reconstruction of the First Style Decoration in the Alexander Exedra of the House of the Faun, in AA.VV., Neue Forschungen in Pompeji..., cit., p. 39 ss.; Κ. Schefold, Der zweite Stil als Zeugnis alexandrinischer Architektur, ibid., p. 53 ss.; A. H. Borbein, Zur Deutung von Scherwand und Durchblick auf den Wandgemälden des zweiten pompejanischen Stils, ibid., p. 61 ss.; V. M. Strocka, Pompejanische Nebenzimmer, ibid., p. 101 ss.; H. Mielsch, Neronische und flavische Stuckreliefs in den Vesuvstädten, ibid., p. 125 ss.; D. Corlaita Scagliarmi, Spazio e decorazione nella pittura pompeiana, in Palladio, XXIII-XXV, 1974-1976, p. 3 ss.; M. de Vos, Primo stile figurato e maturo quarto stile negli scarichi delle macerie del terremoto del 62 d.C. a Pompei, in MededRom, XXXIX, 1977, p. 29 ss.; W. J. Th. Peters, La composizione delle pareti dipinte nella casa dei Vetti a Pompei, ibid., p. 95 ss.; H. Whitehouse, In praediis Iuliae Felicis. The Provenance of Some Fragments of Wall-Painting in the Museo Nazionale, Naples, in BSR, XLV, 1977, p. 52 ss.; F. Bastet, M. de Vos, Proposta per una classificazione del terzo stile pompeiano, Roma 1979; A. M. G. Little, The Damaged Central Figures at the Villa of the Mysteries, in CronPomp, V, 1979, pp. 150-155 ss.; H. Eristov, Corpus des faux-marbres peints à Pompéi, in MEFRA, XCI, 1979, pp. 693-771; E. Schwinzer, Schwebende Gruppen in der pompejanischen Wandmalerei, Würzburg 1979; D. Michel, Pompejanische Gartenmalereien, in H. A. Cahn (ed.), Tainia, Magonza 1980, p. 373 ss.; M. de Vos, L'egittomania in pitture e mosaici romano-campani della prima età imperiale, Leida 1980; AA.VV., Pitture e pavimenti di Pompei, I-III, Roma 1981-1986; I. Bragantini, Tra il III e il IV stile: ipotesi per l'identificazione di una fase della pittura pompeiana, in Pompei 1748-1980 ..., cit., p. 106 ss.; M. de Vos, La bottega di pittori di via di Castricio, ibid., p. 119 ss.; I. Bragantini, F. Parise Badoni, Il quadro pompeiano nel suo contesto decorativo, in DArch, II, 1984, p. 119 ss.; A. Laidlaw, The First Style in Pompai. Painting and Architecture, Roma 1985; U. Riemenschneider, Pompejanische Omamentbänder des Vierten Stils, in Boreas, IX, 1986, pp. 105- 112; id., Pompejanische Stuckgesimse des dritten und vierten Stils, Francoforte 1986; E. Moormann, Una rilettura dei quattro stili pompeiani, in BABesch, LXII, 1987, p. 153 ss.; W. Ehrhardt, Stilgeschichtliche Untersuchungen an römischen Wandmalereien von der späten Republik bis zur Zeit Neros, Magonza 1987, P· 169; R. A. Tybout, Aedificiorum figurae. Untersuchungen zu den Architekturdarstellungen des frühen Zweiten Stils, Amsterdam 1989; A. Barbet, Β. Conticello, La pittura a fresco al tempo di Pompei, Parigi 1990; R. Ling, Roman Painting, Cambridge 1991.
Mosaici: J. R. Clarke, The Origins of Black-and-White Figural Mosaics in the Region Destroyed by Vesuvius, in La regione sotterrata dal Vesuvio, cit., p. 661 ss.
Scultura: O. Elia, La scultura pompeiana in tufo, in CronPomp, I, 1975, p. 118 ss.; E. J. Dwyer, Pompeian Sculpture in Its Domestic Context (diss.), Ann Arbor 1980; id., Pompeian Oscilla Collections, in RM, LXXXVIII, 1981, pp. 247-306; P. Zanker, Das Bildnis des M. Holconius Rufus, in AA, 1981, p. 349 ss.; E. J. Dwyer, Pompeian Domestic Sculpture. A Study of Five Pompeian Houses and Their Contents, Roma 1982; H. Döhl, Pompejanische Plastik zwischen Kunst und Konsum, in M. Kunze (ed.), Pompeji 79-1979, Stendal 1982, pp. 66-76; E. Dwyer, Decorum and the History of Style in Pompeian Sculpture, in Studia pompeiana et classica..., cit., pp. 105-111; A. Varone, Stele funerarie del Museo dell'Agro Nocerino, in RStPomp, II, 1989, p. 7 ss. - Instrumentum domesticum·. Ch. Goudineau, Note sur la céramique à engobe interne rouge pompéien, in MEFRA, LXXXII, 1970, p. 159 ss.; A. Carandini (ed.), L'intrumentum domesticum di Ercolano e Pompei nella prima età imperiale, Roma 1977; M. de Spagnolis Conticello, E. De Carolis, Le lucerne bronzee di Ercolano e Pompei, Roma 1988; L. A. Scatozza Höricht, Pompejanischrote Platten, in RStPomp, II, 1988, p. 81 ss.; T. Budetta, M. Pagano, Legni e bronzi di Ercolano, Pompei 1988; B. Gralfs, Metallverarbeitenden Produktionsstätten in Pompeji, Oxford 1988; S. Tassinari, Il vasellame bronzeo di Pompei, Roma 1991.
Vetri: L. A. Scatozza Höricht, Sull'origine del vetro romano di Pompei alla luce di recenti saggi stratigrafici, in RStPomp, I, 1987, p. 85 ss.
Terrecotte: V. Kästner, Die frühe Architektur Pompejis und die Dachterrakottenproduktion des griechischen Kompanien, in Pompeji 79-1979, cit., pp. 90-100; A. d'Ambrosio, M. Borriello, Le terrecotte figurate di Pompei, Roma 1990.
Oreficerie e gemme: A. Lipinsky, Aurifices Universi Caelatores Gemmarti Pompeiani, in La regione sotterrata dal Vesuvio..., cit., p. 809 ss.