POMPA (πομπή, pompa)
È termine greco, ed è morfologicamente un nomen actionis da πέμπω, mandare, inviare. In Omero (Il., ix, 438) la parola πομπή ha infatti il significato di "scorta", "accompagnamento" ed è del tutto priva di ogni carattere sacrale. Solo più tardi il suo uso sarà limitato a designare le processioni festive in onore delle divinità e determinati cortei profani.
A) Grecia. - 1) La p. religiosa. Nelle grandi feste religiose dei Greci la p. era uno degli elementi più importanti e difficilmente mancava nel quadro delle celebrazioni sacre. Il corteo festivo, organizzato dalla pòlis stessa o da associazioni cultuali, conservava in sostanza il valore dell'omerico "πέμει" giacché si trattava o di inviare un'offerta ad un dio o di accompagnare il simulacro della divinità nei suoi spostamenti da un luogo sacro ad un altro, o al bagno sacro, o allo ἱερός γάμος. Il corteo d'offerta è chiaramente delineato già nel mondo pregreco, nell'arte cretese: il sarcofago di Haghìa Triada (v.) presenta una serie di elementi che saranno caratteristici per le processioni greche. A prescindere qui se si tratti di un rito funebre (Nusson, Paribeni, von Duhn) o di un rito connesso alla vegetazione (Petersen, Harrison, Cook), entrambe le scene sui lati lunghi del sarcofago rappresentano gruppi di persone che camminano in fila recando offerte: un canestro con frutta, due vitelli, un toro che è stato già sacrificato. I particolari notevoli sono due: in entrambe le scene fa parte del corteo un musico, gli strumenti che accompagnano l'offerta sono la cetra e il doppio flauto; le donne sul lato con il sacrificio del toro camminano dietro al flautista accoppiate due a due. Quest'ultima caratteristica ricompare sul vaso dei mietitori da Haghìa Triada (v. minoico micenea, arte), un corteo di contadini che avanzano a coppie cantando al suono del sistro e che celebrano probabilmente un rito connesso alla vegetazione. La musica ed il procedere in coppia sono elementi che torneranno nelle processioni greche.
Per la p. greca le testimonianze monumentali sono abbastanza numerose; specialmente sui vasi venivano raffigurate con una certa frequenza processioni d'offerta o cortei teoforici. Ma le rappresentazioni degli artisti prese singolarmente sono quasi sempre incomplete, innanzitutto per la superficie ristretta a cui le scene dovevano venir adattate e poi perché ogni singolo artista coglieva or l'uno or l'altro degli aspetti di una manifestazione così ricca di elementi e personaggi, a seconda del suo gusto o della sua valutazione di importanza. Ricostruire quindi con la maggior approssimazione possibile come si svolgesse normalmente una processione greca implica uno studio comparativo di un buon numero di testimonianze figurate che si integrino a vicenda.
I monumenti più significativi in proposito sono un vaso a figure nere dell'Acropoli (Graef, n. 816) e due rappresentazioni vascolari che hanno entrambe per soggetto una processione d'offerta per Atena: un'anfora attica a figure nere (Berl. Vas. Kat., n. 1686) ed una tazza beotica al British Museum (Journ. Hell. St., i, 1860, tav. 7). Da queste tre rappresentazioni si possono già trarre alcuni elementi essenziali della p. greca: oltre alla vittima a cui sono sempre addetti uno o più personaggi per guidarla al luogo del sacrificio, non manca mai la musica, come per il corteo d'offerta cretese gli strumenti sono il flauto e la cetra. Tra i due sembra avere una certa preminenza il flauto giacché i suonatori di flauto precedono quasi sempre i suonatori di cetra (v. anche Graef, n. 2009) e mentre si può trovare il flautista da solo (v. anche Graef, n. 2298) non c'è nessun caso in cui compaia il citaredo senza la contemporanea presenza del flautista. Forse il flauto era lo strumento originario nelle cerimonie sacrificali.
Un altro personaggio che appare frequentemente è la portatrice del cesto con le offerte, la canefora. Il cesto che essa porta non è sempre della stessa grandezza: per i fiori e le frutta sono usati dei canestrelli, i kalathìskoi; per i dolci e l'incenso canestri più grandi, i κανᾶ. Il tipo più noto dalle rappresentazioni figurate è il canestro a tre punte (Graef, n. 2009; Ber. Vas. Kat., n. 1690). Gli altri oggetti che appaiono nelle tre processioni prese in esame fanno anch'essi parte dei πομπεῖα le suppellettili sacre: la brocca ed il coltello sacrificale, le corone ed i rami d'alloro o di mirto o d'edera secondo le divinità: o il genere della celebrazione; il carro o i carri che venivano adoperati quando la processione si recava ad un santuario fuori della città. Sull'ordine con cui si susseguivano i personaggi si può dir solo che i musici venivano immediatamente dopo la vittima e che spesso i partecipanti procedevano a coppie (v. anche Ber. Vas. Kat., n. 1958). Ci sono rappresentazioni in cui è l'animale sacrificale ad aprire il corteo (Graef, n. 842; Ber. Vas. Kat., n. 1727; sköphos a figure nere da Agrigento, cfr. Eitrem, p. 87), ma ciò non accade sempre (Gat. Br. Mus. Vases B 167); anche il posto del sacerdote e della sacerdotessa non è fisso ma in genere è nelle vicinanze della vittima. Nelle p. teoforiche il dio si trova alla fine del corteo giacché la sua apparizione costituisce il fulcro della processione e deve venire introdotta dai personaggi o dalle offerte che lo precedono e dai suoi simboli (Journ. Hell. St., xx, 1900, 84, tav. 8 a, p. dionisiaca). Fra questi ultimi i più frequenti sono il fallo (coppa di Heydemann, Deubner, tav. 22, 1-2) e l'eiresiòne (εἰρεσιώνη), un ramo d'ulivo o di alloro ornato con bende di lana rosse e bianche, con frutta e dolci (fregio con il Calendario delle Festività della chiesa dello Haghios Eleutherios, Deubner, 249, tav. 35). Fra i personaggi che non appaiono nelle tre p. considerate, ma che sono ugualmente elementi caratteristici delle processioni, sono da ricordare i portatori di fiaccole (Reinach, Rép. Vas., I', 206; Arch. Ztg., 1880, tav. 16) che non hanno un posto fisso nel corteo; e gli ἱεροσαλπιγκταί (idria corinzia: Mom. d. Inst., i, 27, 24) che appaiono di rado ma sempre all'inizio della pompa.
Delle grandi p. greche, quelle che si celebravano in onore delle maggiori divinità, solo alcune sono testimoniate da rappresentazioni figurate. Innanzitutto la processione delle Grandi Panatenee che ha trovato posto sul fregio del Partenone e che costituisce il miglior modello di una p. greca. A partire dal lato orientale si susseguono le canefore, accoppiate due a due, con ogni sorta di suppellettili sacre, fra cui un thymiatèrion; le vittime, distribuite sui lati N e S; i portatori di σκαϕαί, vasellame prezioso contenente offerte; giovanetti con idrie; i flautisti ed i citaredi; il gruppo dei vecchi; le portatrici di δίϕροι ed il peplo. La p. era scortata dai cavalieri e dai carri e vi partecipavano anche i magistrati della città.
In onore di Dioniso si celebravano in Attica numerose feste: di almeno una di esse abbiamo rappresentata la p. su una serie di vasi (Graef, n. 1281; Cat. Br. Mus., B 79; vaso del Museo Civico di Bologna) messi in relazione fra loro dal Frickenhaus e sui quali compare Dioniso su un singolare carro a forma di nave. Il più interessante di essi si trova al Museo Civico di Bologna: la processione inizia con il personaggio immediatamente dietro al carro, lo ἱερὸς σαλπιγκτής, seguito da una canefora, un giovane con thymiatèrion, la vittima con i sacerdoti, il carronave, tirato da due sileni, su cui trovano posto Dioniso con un tralcio di vite in mano e due sileni flautisti. Il Frieckenhaus ha pensato alla p. delle Grandi Dionisie, ma il fatto che in queste rappresentazioni vascolari manchi il fallo e che il carro-nave non appaia nella grande p. di Tolomeo Filadelfo, il cui modello sono proprio le Grandi Dionisie ateniesi, fa propendere per un'identificazione con le Antesterie (Deubner, 102; Nilsson, Die Prozessionstypen, 333) tanto più che il carro-nave potrebbe essere in relazione con la riapertura del Pireo. La p. delle Antesterie cadeva nel secondo giorno di festa, il giorno delle Choe, e non si limitava al corteo dell'epifania di Dioniso sul carro-nave. Infatti il dio giunto al Limnaion abbandonava il carro-nave per recarsi al Boukoleion dove era raggiunto dalla Basilinna per la celebrazione dello ἱερος γάμος Questa parte della p. è rappresentata su un vaso delle Choe del Metropolitan Museum di New York (Deubner, Jahrb. d. Inst., xlii, 1927, 178 ss. tav. 7-9) sul quale i personaggi sono tutti impersonati da bambini (v. anche Furtwängler-Reichhold, Gr. Vasen, tav. 125). La stylìs portata a spalle dietro il carro nuziale da tre fanciulli testimonia la connessione con il carro-nave giacché questo tipo di stendardo si trova insieme all'àphlaston sulla poppa delle navi greche. La Basilinna si recava a piedi al Boukoleion scortata dai personaggi tipici del culto dionisiaco, i satiri ad esempio (Deubner, tav. 18, 2).
Delle Grandi Dionisie possiamo farci un'idea attraverso la descrizione che Callisseno (ap. Athen., v, 197 ss.) fa della famosa p. di Tolomeo II Filadelfo (279-270 a. C. circa), p. che univa ad una processione teoforica il ricordo della campagna indiana di Dioniso e ne celebrava il trionfo insieme ai suoi vittoriosi successori, Alessandro e Tolomeo stesso. Sileni, satiri, menadi, portatori di fiaccole e di thymiatèria, musici sacerdoti accompagnavano colossali immagini cultuali e rappresentazioni mitologiche; seguivano innumerevoli vittime sacrificali ed un'enorme quantità di oggetti preziosi (soprattutto vasellame d'oro e d'argento decorato a sbalzo). Il corteo era chiuso dai tre principali simboli di Dioniso trionfante: il tirso, la lancia e il fallo. Con uno sfarzo non inferiore dovette svolgersi un'altra grande p. ellenistica, quella di Antioco IV Epifane a Dafne (168-163 a. C. circa), che si apriva con la sfilata delle truppe a piedi ed a cavallo con preziose e variopinte uniformi.
Anche i culti misterici avevano le loro processioni che il più delle volte si svolgevano di notte, al lume delle fiaccole (vaso attico da Eleusi, Δελτίον, viii, 1923, tav. 7, p. 164) e a cui prendevano parte gli iniziati con in mano i Βάκχοι (base di Nigrino, Deubner, tav. 6, i). I culti orientali che trovarono posto nella religione greco-romana ebbero anch'essi le loro p., ma introdussero elementi inusitati quali i simulacri di divinità zoomorfe (M. Schede, Eine Isisprozession, in Angelos, ii, 1926, p. 60 s.) e l'accompagnamento musicale con il sistro (rilievo del Vaticano, Nilsson, Gesch. d. Relig., ii, tav. 10, i).
2) La p. funeraria. - La processione dell'ἐκρορά compare su pochissimi monumenti e mai sulle lèkythoi bianche malgrado il loro uso esclusivamente funerario. Sono soprattutto i vasi della necropoli del Dipylon a darci il quadro più completo. Il corteo funebre (cratere del Dipylon, Arias-Hirmer, Mille anni di ceramica greca, fig. 5; terracotta da Atene, Rayet, Monuments de l'art antique, i, tav. x) constava sostanzialmente di un carro su cui veniva adagiato il morto, direttamente o su una ricca klìne; dell'ἐγχυτρίστρια, una donna con il vaso per le libagioni (χυτρίς); delle prefiche rappresentate in gesti di disperazione; dei parenti del defunto che vengono sempre immediatamente dietro il carro; di una scorta armata (gli uomini sui carri del vaso del Dipylon o gli efebi della terracotta ateniese) se il defunto era un personaggio importante. L'accompagnamento musicale era affidato al flauto.
3) La p. nuziale. - Una cerimonia preliminare alle nozze era la loutrophorìa. La sposa era accompagnata al bagno nuziale da un piccolo corteo: un flautista, donne con fiaccole, una giovinetta con la loutrophòros (vaso a figure rosse del museo di Atene, Collignon-Couve, n. 1225). La p. nuziale vera e propria si svolgeva verso sera al lume delle fiaccole (δᾷδες νιμϕικαί) (Cat. Br. Mus., B 174; D ii; Collignon-Couve, n. 1341); si apriva con il προηγητής che ordinava il corteo e fungeva da araldo, seguivano gli sposi sul carro tirato da buoi o da mule (cfr. M. C. Smith, in Journ. Hell. Stud., i, p. 202, tav. vii); accanto al carro erano il παράνυμϕος, in genere un amico dello sposo, e la nyrnphèutria, una donna che faceva da scorta alla sposa; venivano poi i suonatori di flauto, altre donne con fiaccole ed i παῖδες προπέποντες (Collignon-Couve, n. 1224). Le corone erano di mirto. Secondo le fonti letterarie il corteo era chiuso da un chiassoso kòmos (v.). Alcuni vasi (loutrophòros al museo di Berlino, Furtwängler, Sammlung Sabouroff, tav. 58; pyxis attica del British Museum, Brückner, in Ath. Mitt., xxxii, 80 ss.) raffigurano l'arrivo della p. nuziale alla nuova dimora: gli sposi sono già scesi dal carro e lo sposo conduce la fanciulla per il polso sinistro; i genitori di lui vengono loro incontro a dare il benvenuto. Nella Hierogamìa (Cat. Brit. Mus., B 197, B 257) i personaggi impersonati dagli dèi sono i medesimi. Cambia solo l'accompagnamento musicale, invece del flauto c'è la cetra suonata da Apollo.
Il giorno successivo alle nozze si formava un nuovo corteo per accompagnare i doni, gli ἑπαύλια δῶρα alla dimora degli sposi; un giovanetto in clamide bianca con una fiaccola accesa ed una canefora precedevano le giovanette con i doni (pyxis di Eretria al museo di Berlino, Deubner, in Jahrbuch, 1900, p. 151 ss., cfr. vaso François, Arias-Hirmer, op. cit., fig. 40 s.).
B) Etruria. - 1) La p. funebre. - Nell'arte etrusca non si incontra nessuna rappresentazione di p. sacrificale o teoforica; i temi prediletti dagli artisti erano le scene tratte dalle attività umane, le danze, i giochi, i banchetti, non già i riti religiosi. Ma in sostanza erano proprio queste scene, così frequentemente dipinte sulle pareti delle tombe, a dover far parte del complesso rituale funebre degli Etruschi, l'unico di cui ci restano testimonianze di p. sacrificali che fanno tutt'uno con la cerimonia del funerale vero e proprio. Nelle p. sacrificali in onore del morto (situla di Certosa, Scott Ryberg, 8, tav. ii, 4; sedia Corsini, Scott Ryberg, 9, tav.iii, 5) le vittime che venivano offerte alle divinità infere erano il toro e l'ariete. Del corteo facevano parte numerose donne con offerte sacrificali, i partecipanti ai giochi funebri, varî inservienti dalle corte tuniche che ricordano da vicino il limus dei vittimarî romani, i portatori di ascia e soprattutto una grande situla, portata a spalla da due uomini mediante un bastone infilato ai manici, che conteneva probabilmente le ceneri del morto. Nei personaggi maschili dalle vesti lunghe, chiusi nei loro mantelli, incoronati d'alloro e non caratterizzati da nessun oggetto o particolare funzione si possono forse riconoscere i parenti del morto. L'accompagnamento musicale era costituito da suonatori di flauto (cippo chiusino, Ducati, Arte etrusca, p. 285, fig. 302) o di cetra (appo chiusino, Ducati, op. cit., p. 286, fig. 305); a volte si trascinavano nel corteo anche prigionieri in catene e in tal caso erano preceduti da un araldo e scortati da uomini armati (sarcofago di Perugia, Martha, L'art étrusque, p. 360, fig. 250).
Le urne volterrane presentano un altro aspetto della p. funebre etrusca, importantissimo per gli innumerevoli elementi che verranno ripresi dal corteo trionfale e dalla p. circensis dei Romani. Il morto è rappresentato come una persona viva e scende all'Ade con la p. che gli compete. Se è un privato egli viaggia a cavallo (Körte, tav. lxxv) o in biga (Körte, tav. lxxxii, lxxxiii; Poulsen, p. 54, fig. 40), ma se si tratta di un magistrato (Körte, tav. lxxxiv, 2; lxxxvi) egli appare su un cocchio tirato da quattro cavalli, con lo scipio eburneus in mano e la toga bordata; viene preceduto dagli apparitores con i fasci e da numerosi musici (tibicines, cornicines, citharistae) e seguìto dai servi con oggetti da viaggio. A volte la sua dignità è indicata dalla sella curulis ed il seguito può arricchirsi di togati a piedi o di cavalieri (Cat. Br. Mus., Sculpt., D 69).
2) La p. nuziale. - L'esiguo numero delle raffigurazioni rende estremamente difficile farsi un quadro di un rito del genere. Gli unici elementi sicuri sono la presenza del flautista e l'uso di rami di alloro e di uno strano copricapo a punta che ricorda il galerus con apex del flamine romano, coincidenza notevole giacché proprio il Flamen Dialis assisteva alla più antica cerimonia nuziale dei Romani, la confarreatio (cippo chiusino, Poulsen, p. 55 ss., fig. 43). A volte compaiono anche dei servi con le insegne dello sposo e alcune suppellettili della sposa (sarcofago di Vulci, Martha, op. cit., p. 357 ss., fig. 245).
C) Roma. - A Roma la parola πομπή perde ogni valore sacrale e torna all'originario significato di "seguito", "scorta" (cfr. Plaut., Bacch., 114). La p. romana è una manifestazione prevalentemente profana e ben presto divenne sinonimo di sfarzo, di gala, un carattere che si accentuò notevolmente quando l'Impero ne fece uno strumento di propaganda e che le rimase peculiare fino alla tarda antichità. Non è assolutamente possibile istituire un confronto con il mondo greco: le differenze sostanziali fra πομπή e pompa si sintetizzano in due punti: 1) il fatto che le processioni romane fossero del tutto occasionali perché non connesse con celebrazioni religiose ricorrenti; 2) la netta prevalenza di innumerevoli elementi etruschi sugli aspetti del rituale greco.
1) La p. sacrificale. - La cerimonia che forse è la più vicina allo spirito delle p. greche d'offerta è quella celebrata in occasione dell'erezione di un altare ad una delle dee imperiali, la Pax o la Pietas Augustae. I fregi figurati dei monumenti stessi sono occupati dalla teoria della p. che è in questo caso una vera e propria p. sacrificale (cfr. il piccolo e il grande fregio dell'Ara Pacis, in Moretti, Ara Pacis Augustae, tav. 28 ss.: v. vol. i, fig. 706). Vi prendono parte le autorità religiose, le Vestali, il Pontifex Maximus, i Flamini scortati dai lictores curiati, addetti specificamente al loro servizio, e le autorità civili, i senatori, i magistrati, i membri della famiglia imperiale, anch'essi preceduti dai littori. Le vittime sono attorniate da camilli e victimari con gli accessorî per il sacrificio. A volte sono portate in processione le statuette dei Lan e del Genius Augusti (frammenti dell'Ara Pietatis a Villa Medici, Scott Ryberg, 68, tav. xix, 35 a, c) e compaiono i musici, suonatori di tromba, di flauto, di lyra (rilievi del Palazzo della Cancelleria, Scott Ryberg, 75, tav. xxiii-xxiv, 37 a-d). In sostanza però le maggiori p. sacrificali romane rimangono sempre quelle connesse al trionfo ed alla p. circensis, processioni che da un altro punto di vista possono essere considerate anche p. teoforiche giacché nella prima il generale trionfatore viene identificato con Giove Ottimo Massimo, nella seconda compaiono le immagini e i simboli delle divinità.
2) La p. triumphalis. - Allorché un magistrato in possesso dell'imperium maius aveva riportato una vittoria sanguinosa su un nemico straniero e l'intera campagna da lui condotta aveva avuto esito favorevole, il Senato gli decretava il trionfo, la p. più sfarzosa che l'antichità romana conosca. L'aspetto originario del corteo trionfale era indubbiamente religioso: il suo scopo consisteva nel portarsi al tempio di Giove Capitolino per sciogliere i voti fatti all'inizio della spedizione, dopo esser passati per la Porta Triumphalis, un rito di indubbio valore catartico (A. van Gennep, Les rites de passage, 1909, p. 28 ss.). Ma con l'andar del tempo fu l'aspetto politico a prendere il sopravvento: lo sfilare del bottino, dei prigionieri, delle tabulae con il racconto figurato degli episodî bellici, dello stato maggiore e delle truppe con le uniformi di parata e le decorazioni divenne ben presto il punto culminante della processione e richiese a volte due o tre giorni di tempo.
Le testimonianze monumentali sono innumerevoli giacché la p. triumphalis fu il tema prediletto degli artisti romani per i fregi degli archi onorari, a volte dei templi (piccolo fregio interno del tempio di Apollo Sosianus, Scott Ryberg, 144, tav. li, 78 a-d) ed in genere dei monumenti trionfali. La p. (cfr. il fregio dell'Arco di Traiano a Benevento, la rappresentazione più ricca di dettagli) era aperta dai senatori e dai magistrati in toga accompagnati dagli squilli delle trombe; seguivano le vittime per Giove Capitolino, tori bianchi secondo il rito o almeno con una macchia bianca sulla fronte, con tutto il consueto apparato dei popae, dei victimari, dei camilli con le suppellettili sacrificali. Frequentemente compare un particolare tipo di camillus, un giovanetto con un piccolo scudo rotondo nella sinistra ed un oggetto sacrificale nella destra (fregio dell'Arco di Tito, Scott Ryberg, 147, tav. liii, 8o b; cfr. Arco di Benevento, ibid., tav. liv, 82 a-c): un ricordo dei danzatori armati etruschi (Petersen) o un rappresentante della Iuventas romana che prendeva parte ai giochi quali il lusus Troiae (Rostovtzev). La prima parte della processione era conclusa dalle spoglie dei vinti: il bottino veniva portato su carri e su fercula (frammento al Museo delle Terme, in Strong, Scult. Rom., 292 55., fig. 18o), il suo ammontare e la sua provenienza venivano annunciati da cartelli, i tituli, che precedevano ciascun gruppo. Grandi dipinti narravano gli avvenimenti salienti della campagna o rappresentavano le regioni conquistate che erano ricordate anche da immagini simboliche portate su fercula (fregio dell'Arco di Tito: la figura giacente la cui iconografia ricorda quella delle divinità fluviali può essere interpretata come il fiume Giordano, Scott Ryberg, 148). Insieme al bottino sfilvano le coronae triumphales, grandi corone preziose offerte al trionfatore dalle città provinciali in onore della vittoria. Tra un ferculum e l'altro avanzavano a piedi e su carri i prigionieri di alto rango, quelli che erano destinati, una volta che il corteo avesse raggiunto il Campidoglio, ad essere uccisi o, nel migliore dei casi, imprigionati a vita. Seguiva la massa dei prigionieri umili in catene. La parte centrale della p. era occupata dal gruppo del trionfatore: i littori con i mantelli rossi da guerra e i fasci avvolti in corone d'alloro; i portatori di thymiatèria (frammento al Museo Nazionale di Napoli, Scott Ryberg, 149, tav. liii, 81 c); flautisti e citaredi; Appiano (Pun., viii, 66) ricorda anche i ludiones (nella p. triumphalis dell'Arco di Leptis Magna compare un buffone; Bartoccini, in Afr. Ital., iv, 1931, fig., 34); infine il prezioso cocchio trionfale tirato da quattro cavalli bianchi. Il trionfatore (rilievo aureliano al Palazzo dei Conservatori, Strong, op. cit., 253 ss.) indossava gli abiti e portava le insegne di Giove Ottimo Massimo: la tunica palmata, la toga picta, le scarpe dorate, lo scettro, lo scipio eburneus sormontato dall'aquila, il ramo e la corona d'alloro. Aveva al collo la bulla (v,) apotropaica (pannello dell'Arco di Tito, Strong, op. cit., tav. 25) ed un consimile valore apotropaico doveva avere la colorazione in rosso del volto. In alcuni casi al posto della toga picta egli indossa il mantello militare (cista di bronzo del III sec. a. C., Scott Ryberg, 20, tav. vi, 13). Alle sue spalle un servus publicus teneva sollevata sul suo capo una corona d'oro; il più delle volte sui rilievi monumentali esso è però sostituito da una Vittoria alata. Sul carro trovavano posto i figli e le figlie minori mentre quelli adulti e i parenti più prossimi cavalcavano a lato. Dietro la quadriga venivano, a cavallo o a piedi, i legati e tribuni; poi gli schiavi liberati con il caratteristico copricapo, il pileus, ed infine le truppe in ordine militare con tutte le loro decorazioni (cfr. tazza di Boscoreale con il trionfo di Tiberio: uno dei soldati ha il torques; Scott Ryberg, 141, tav. l, 77 a-d). Tutti i partecipanti alla p., tranne logicamente i prigionieri, erano incoronati di alloro.
3) La p. circensis. - I ludi pubblici a Roma e fuori Roma si aprivano con una p. che aveva come punto d'arrivo l'anfiteatro (rilievo della balaustra dell'anfiteatro di Capua: la p. entra nell'anfiteatro, Scott Ryberg, 150, tav. liv, 81 e). I numerosi elementi che essa ha in comune con il trionfo e il fatto che nella capitale il corteo prendesse le mosse dal tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio, ossia proprio là dove terminava la p. triumphalis, hanno portato alla conclusione che le due processioni fossero originariamente un tutto unico: le celebrazioni per la vittoria si concludevano con i giochi (Mommsen, Röm. Forsch., ii, 45 ss.). Come per il trionfo la preponderanza degli elementi etruschi è notevole ed era dichiarata dagli antichi stessi (Liv., xxxv, 9; Tac., Ann., xiv, 21). La sfilata (fregio da Amiternum, Scott Ryberg, 99, tav. xxxi-xxxii, 48 a-b; rilievo della necropoli marittima di Pompei, Scott Ryberg, 101, xxxii-xxxiii, 50 a-c) iniziava al solito con i littori e i trombettieri, cui seguiva immediatamente il magistrato che presiedeva i giochi. Questi, come il generale vittorioso, indossava la vestis triumphalis e recava gli attributi di Giove Capitolino; procedeva a piedi oppure, se era pretore o console, sulla biga. Alle sue spalle un servus publicus sorreggeva sul suo capo una corona d'oro di foglie di quercia. Lo attorniavano i clientes in toga candida e la gioventù di Roma a piedi o a cavallo; seguivano coloro che dovevano prender parte ai giochi divisi in gruppi, ciascuno preceduto dai musici e da portatori di tabulae. L'ultima parte del corteo era a carattere religioso: portatori di thymiatèria ed altri oggetti sacri precedevano i sacerdoti e le corporazioni religiose che scortavano le immagini e i simboli degli dèi portati su fercula e su tensae (Cohen, Monnaies Consul., Rubria, i, 2, 3, monete con le thensae della Triade Capitolina). In età imperiale anche le immagini degli imperatori e delle imperatrici divizzati venivano portate in processione. Il trasporto delle immagini femminili avveniva a mezzo di carpenta (Cohen, Monnaies Imp., i, p. 144, carpentum di Agrippina Maggiore) trainati da cavalli o da mule e, a volte, addirittura da elefanti (rilievo di un sarcofago, Gerhard, Antike Bildwerke, tav. cxx, i).
4) La p. funeraria. - Le principali caratteristiche della p. funebris romana sono due: l'importanza attribuita a questa cerimonia che raggiunse di conseguenza uno sfarzo e un lusso mai prima riscontrati e la sua assoluta indipendenza da ogni istituzione religiosa giacché la vista del morto contaminava i rappresentanti del culto (Serv., ad Aen., iii, 64). Il funus poteva essere translaticium o indictivum. Il primo che è il tipo consueto di funerale è raffigurato su un rilievo trovato presso Amiternum (Scott Ryberg, p. 36, nota 76, tav. ix, 19 b): il corteo è aperto dai musici, un suonatore di ìituus, due cornicines e quattro tibicines, seguono due praeficae in atteggiamenti di disperazione, poi il feretro portato a spalla da otto portatori con il morto adagiato su un ricco letto. Dietro a lui la moglie, i figli ed i parenti. La derivazione iconografica dalle urne tardo-etrusche con il viaggio all'Ade è chiara: le praeficae, i musici, la figura giacente del defunto, il piccolo servo che segue la processione con la situla ed il ramo di palma sono personaggi ben noti dalle scene del rituale funebre etrusco.
Il funus indictivum, quello cioè a cui si era invitati da un pubblico banditore (praeco), era senz'altro il funerale più sfarzoso. Aperto al solito dai musici e da un coro maschile che rimpiazzava le prefiche nel canto dell'elogio funebre, si snodava con gruppi di danzatori, buffoni, mimi, schiavi affrancati e soprattutto una lunga teoria di feretri con le imagines maiorum (v.), le maschere funebri degli antenati portate da attori (maschera al Waldecksches Museum di Arolsen, Schlosser, in Jahrb. d. kunsthist. Sammlungen Wien, xxix, 1910, 171 ss.; maschera di cera al museo di Napoli, Schlosser, op. cit., p. 173). Venivano infine i portatori di torce, i littori con i fasci capovolti ed il carro del defunto.
5) La p. nuziale. - Della domum deductio non abbiamo testimonianze figurate. Sappiamo dagli autori che il corteo si svolgeva al lume delle torce e al canto dei fescennini con accompagnamento di flauto. La cerimonia nuziale che viene rappresentata più spesso è la dextrarum iunctio (v.) e a volte ad essa è unita una piccola processione con le vittime per il sacrificio ed i doni di nozze recati su fercula (sarcofago con dextrarum iunctio: Scott Ryberg, 166, lix, 94; sarcofago di S. Lorenzo in Roma: Scott Ryberg, 166, lix, 95; pittura di un oecus a Pompei, Reg. vii, Scott Ryberg, 169, tav. lxi, 99).
L'Impero modificò con l'andar del tempo le processioni più importanti: il trionfo venne assimilato ai vota periodici per la casa imperiale ed in arte fu sempre più spesso rappresentato simbolicamente da due Vittorie che reggono uno scudo; la p. circensis già da Costantino fu considerata uno spettacolo in cui la religione pagana era troppo chiaramente ribadita; quanto alla p. funebris che era un privilegio delle grandi famiglie, decrebbe di importanza di pari passo con la perdita del potere da parte dell'aristocrazia senatoria. Così con la tarda antichità le grandi p. romane scomparvero.
Bibl.: P. greca: E. Pfuhl, De Atheniensium pompis sacris, Berlino 1900; M. P. Nilsson, Griechische Feste, Lipsia 1906; A. Frickenhaus, Der Schiffkarren des Dionysos in Athen, in Jahrbuch, XXVII, 1912, p. 61 ss.; M. P. Nilsson, Die Prozessionstypen im griechischen Kult, ibid., XXXI, 1916, p. 309 ss.; S. Eitrem, Beiträge zur griechischen Religionsgeschichte, Cristiania 1920, vol. III, p. 56 ss.; M. P. Nilsson, Eine Anthesterien-Vase in München, in Sitz.-Berichte d. Akad. d. Wiss. München, 1930, IV, p. 3 ss.; L. Deubner, Attische Feste, Berlino 1932; M. P. Nilsson, Geschichte der griechischen Religion, Monaco 1941. - P. ellenistica: J. Overbeck, Geschichte der griechischen Plastik, Lipsia 1882, II, p. 197 ss.; J. Kaerst, Geschichte des Hellenismus, Lipsia-Berlino 1912, 2° ed., II, p. 376 ss.; O. Immisch, Zum antiken Herrscherkult, in Aus Rom Zeitwende, Lipsia 1931, p. 3 ss. Per i monumenti: M. Collignon-L. Couve, Catalogue des vases peintes du Musée de la Société Archéologique d'Athènes, Parigi 1887; A. Furtwängler-K. Reichhold, Griechische Vasenmalerei, Monaco 1900-1910; B. Graef, Die antiken Vasen von der Akropolis zu Athen, Berlino 1909; S. Reinach, Rép. vases, Parigi 1923; E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung der Griechen, Monaco 1923; A. Rumpf, Bilder-atlas zur Religionsgeschichte, Die Religion der Griechen, Lipsia 1928; K. Schefold, Kertscher Vasen, Berlino 1930; P. E. Arias-M. Hirmer, Mille anni di ceramica greca, Firenze 1960. - P. etrusca: F. Inghirami, Pitture di vasi etruschi, Firenze 1852; E. Gerhard, Etruskische und campanische Vasenbilder des königlichen Museums zu Berlin, Berlino 1843; J. Martha, L'art étrusque, Parigi 1889; G. Kàrte, I rilievi delle urne etrusche, vol. III, Berlino 1916; F. Pulsen, Etruscan Tomb Paintings, Oxford 1922; P. Ducati, storia dell'arte etrusca, 1836; H. Cohen, Description générale des Monnaies de la République Romaine, Parigi 1857; id., Description historique des Monnaies frappées sous l'Empire Romain, Parigi 1859-1868; Th. Mommsen, Römische Forschungen, Berlino Saglio, in Dict. Ant., I, Parigi 1892, s. v. Circus; G. Lafaye, ibid., XII, 1896, s. v. Gladiator; E. Cuq, ibid., XII, s. v. Funus; Mau, in Pauly-Wissowa, III, 1897, c. 331 ss., s. v. Bestattung; id., ibid., VI, 1909, c. 2206-07, s. v. Ferculum; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, Monaco 1912; R. Cagnat, in Dict. Ant., V, 1912, s. v. Triumphus; K. Schneider-H. Meyer, in Ahnenbild und Familiegenschichte bei Römern und Griechen, Monaco 1935; Stein, in Pauly-Wissowa, VII, A, I, 1939, c. 331 ss., s. v. Triumphus; J. Regner, in Pauly-Wissowa, Suppl. VII, 1940, s. v. Ludi Circenses; F. Bömer, in Pauly-Wissowa, XXI, 1952, c. 1878 ss., s. v. Pompa; I. Scott Ryberg, Rites of the State Religion in Roman Art, in Mem. Amer. Acad. in Rome, XXII, 1955.
(L. Franchi)
D) Iconografia. - La personificazione del corteo cerimoniale di carattere religioso, apparentemente anzi in relazione con le Antesterie, appare in una figura femminile designata Pompè accanto a Dioniso seduto, in una choùs datata circa il 400 a. C. del tipo che viene ricollegato correntemente con queste festività. In questo vaso Pompè è figurata seminuda, in atto di aggiustarsi la veste come tante figure della cerchia di Afrodite. È peraltro evidente che il motivo dell'adornamento non ha qui implicazioni erotiche o di idillio domestico, ma sottolinea invece le necessità rituali connesse con la cerimonia. La choùs sopraddetta, ora nel Metropolitan Museum, è stata scelta come opera centrale di un artista che è stato chiamato appunto Pittore di Pompè.
Bibl.: E. Buschor, in Ath. Mitt., LIII, 1928, p. 98; K. Schefold, Kertscher Vasen, Lipsia 1937, p. 14; L. Deubner, Attische Feste, 1932, p. 103; O. Brendel, in Am. Journ. Arch., XLIX, 1945, p. 519 ss.; H. Metzger, Les représentations dans les vases attiques du IVe siècle a. C., Parigi 1947, p. 215; H. Van Hoorn, Choes and Antestherien, Leida 1951, p. 160.
(E. Paribeni)