POMODORO (fr. tomate; sp. e ingl. tomato; ted. Tomate)
Il pomodoro (Solanum lycopersicum L.) è una pianta della famiglia Solanacee, annuale, con fusto alto 4 ÷ 15 dm., più o meno pubescente, cilindrico, un po' legnoso alla base, con foglie impari-pennate più o meno pubescenti, d'un verde cupo talora tendente al verde pallido. I fiori, riuniti in grappoli ascellari, hanno corolle gialle o giallastre, calice a cinque sepali, e cinque stami, conniventi. Il frutto del pomodoro è una bacca ed è perciò costituito dalla buccia (epicarpo), dalla polpa (mesocarpo) e dai semi. Il contenuto dei frutti del pomodoro varia secondo la varietà, la qualità dei terreni dove si fa la coltivazione e la località nella quale la pianta vegeta.
Il pomodoro è originario dell'America Meridionale, probabilmente del Perù e fu introdotto in Europa nel sec. XVI; solo nel sec. XVII cominciò a essere oggetto di coltivazione in Italia, diffondendosi rapidamente. Tra gli ortaggi di grande coltura in Italia la coltivazione del pomodoro ha preso grande diffusione negli ultimi venti anni, tanto che occupa il secondo posto dopo la coltivazione della patata. È preziosa coltivazione, perché impiega numerosa mano d'opera dall'aprile al settembre d'ogni anno. Nel 1910 la superficie di coltivazione in Italia era di ha. 21.428, nel 1928 l'estensione aveva raggiunto ha. 50.750, dai quali si ricavava un raccolto complessivo di circa sette milioni di quintali.
Le regioni d' Italia nelle quali è più estesa tale coltura, sono: la Campania (ha. 14.050), l'Emilia e la Romagna (ha. 11.190), la Puglia (ha. 7260), la Sicilia (ha. 5380), la Toscana (ha. 2340), la Calabria (ha. 2210), la Sardegna (ha. 1900), l'Abruzzo e Molise (ha. 1630), la Liguria (ha. 1020). La produzione complessiva nel 1928 è stata di q. 5.503.600.
La produzione media (delle zone irrigue e non irrigue) risulta di q. 110 per ha.
Le varietà di pomodoro sono numerose e diverse per forma, per grossezza, per colorazione del frutto, per maturazione, per qualità della polpa e per altri caratteri. Alcune varietà sono di vecchia data, altre d'importazione recente, altre sono allo studio.
Tutte le varietà si possono raggruppare in quattro categorie: 1. per tavola o per frutto fresco; 2. per la preparazione delle conserve; 3. per la preparazione dei "pelati"; 4. da serbo.
Il consumo del pomodoro per tavola o per frutto fresco ha preso di recente uno sviluppo considerevole, ma soprattutto di esso è andata prendendo sviluppo l'esportazione fino a raggiungere negli anni 1929-1930 q. 415.000. Si calcola oggi che la superficie occupata per la coltivazone del pomodoro da tavola si aggiri in Italia intorno ai 2500 ettari. La produzione si esporta per la massima parte in Germania, in Svizzera, in Cecoslovacchia, e, in assai minore quantità, in altri paesi. Insignificante è l'esportazione in Inghilterra, benché colà il consumo annuo del pomodoro fresco si avvicini a quasi 2 milioni di q.; nei mercati inglesi e tedeschi si desiderano frutti rotondi, con pochi semi, perché le varietà "costolute" con molti semi non incontrano favore. Il mercato inglese perciò si fornisce dalle Isole Canarie, dalla Spagna, molto dall'Olanda e dalla produzione delle proprie serre, nelle quali è fatto largo posto alla coltura del pomodoro. La produzione italiana potrebbe utilmente essere collocata in questo grande mercato europeo tra la fine delle importazioni delle Canarie e l'inizio della produzione delle serre inglesi e olandesi, e ciò si verifica nel maggio. In Olanda per molte migliaia di ettari sono diffuse le coltivazioni di pomodoro in serre calde, sotto vetro, e la produzione annua olandese si aggira intorno agli 810.000 q. di ottimi pomodori. Con i prodotti precocissimi della Libia, con quelli precoci della Sicilia e della Riviera ligure, e con quelli, maturanti successivamente, della Campania, della Puglia e dell'Emilia, l'Italia può rifornire ampiamente tutti i mercati europei. Il periodo più favorevole per l'esportazione decorre dalla metà di maggio alla metà di luglio.
Le principali varietà italiane coltivate per frutto fresco sono le seguenti: 1. Rosso primaticcio (o di Palermo o di Ficarazzi), molto precoce, ma costoluta; 2. Maraviglia dei mercati, molto coltivata in diverse zone; 3. Reginella, a polpa solida piena, estesamente coltivata in Campania; 4. Genovese o Nizzardo, varietà molto diffusa nell'Emilia; 5. Selezione Scarpitti, ecc.
Fra le varietà estere, coltivate in Italia, sono da notare: 1. la varietà inglese Comet, con frutto tondeggiante, liscio, di colore rosso intenso, carnoso, la quale non si è molto estesa perché la buccia si spacca vicino al peduncolo; 2. la varietà olandese Nunhem export (frutto tondo, rosso, carnoso), molto coltivata in Romagna; 3. la Nunhem Puckward's, di provenienza olandese; 4. la Sunrise (tondo, liscio, scarlatto, lucente); 5. la Duke of York (globoso, rosso intenso, polpa delicata); 6. la Solid giant (medio, tondo, rosso); 7. la Best of all (tondeggiante, rosso scarlatto); 8. la Princess of Wales (medio, precoce, rosso).
Dalla Germania provengono le principali varietà coltivate nei dintorni di Magdeburgo: a) Buby; b) Bountiful; c) Augusta; d) Lukullus (migliorato).
Le varietà principali che si coltivano per la preparazivne delle conserve sono:
1. Fundania; 2. il Rosso primaticcio o Pomodoro di Ficarazzi, chiamato anche Pomodoro di Palermo, pianta assai vigorosa e fertile; 3. il Rosso Grosso (conosciuto anche col nome di Nostrale); 4. il Rosso Grosso liscio o Trophy (pianta di grande sviluppo con frutti grossi); 5. il Maraviglia dei mercati (pianta vigorosa anche per produzione di frutta fresca); 6. il Nizzardo o Genovese, molto diffuso nell'Emilia e specialmente nel Parmigiano e nel Piacentino; 7. il Perfection; 8. il Perdrigeon (ottima varietà, assai fertile e vigorosa; i frutti sono di colore rosso vivo e sono muniti di costole); 9. il Pierrette (precocissima varietà, molto vigorosa, frutti voluminosi e sferici di qualità distinta); 10. il Varrone (ibrido Strampelli, pianta vigorosa e produttiva, così riconosciuta in numerose coltivazioni; frutto a polpa soda, di colore rosso vivo; raccomandabilissima); 11. il pomodoro Ingegnoli (ibrido del Ponderosa col Saint-Louis, varietà americane); 12. il Fiaschella o Tondo Nocerese; 13. il Reginella; 14. il Re Umberto; 15. il Pomodoro di Barletta per i terreni soggetti a siccità (Tarantino).
La scelta delle varietà per la fabbricazione delle conserve di pomodoro è importantissima, mentre invece si procede ancora a caso. Per conciliare gl'interessi degli agricoltori con quelli degli industriali bisognerebbe scegliere non soltanto le qualità di pomodoro che producono di più delle altre, ma bisognerebbe scegliere anche quelle varietà che dànno il migliore rendimento di estratto. In alcune zone, come a Parma (e presso il Consorzio agrario parmense e presso il Laboratorio chimico parmense) si paga il pomodoro a titolo: grado-residuo ettaro. Sarebbe pertanto molto utile poter fare acquisto del pomodoro per conserve in base al migliore carattere botanico-agrario e tecnico-industriale.
Già in qualche luogo nello stabilire il prezzo si tiene conto della qualità della merce e della sua provenienza, pagando di più le qualità di collina e dei luoghi asciutti e pagando prezzi minori per i pomodori prodotti in località irrigue o in terreni bassi e umidi. Ma i metodi usati non sono precisi. Sarebbe ottima cosa che il coltivatore seguisse il migliore indirizzo tecnico nella coltivazione per ottenere prodotti pregiati. La produzione industriale scelta si ha lavorando il prodotto delle varietà più pregevoli e delle coltivazioni migliori. Perciò l'accordo tra industriali e agricoltori è indispensabile. Le varietà che dànno per ettaro il maggior numero di quintali di estratto dovrebbero essere le preferite. In provincia di Parma, per esempio, sono preferite le varietà Perdrigeon, Pierrette e Varrone, e ora appunto in questa provincia dette varietà si vanno diffondendo; questo dovrebbe farsi in tutte le altre provincie. Si attuerebbe così lo stesso procedimento in uso per la valutazione della barbabietola da zucchero, che si fa appunto in base al titolo zuccherino.
L'industria dei pelati, cioè dei pomodori ai quali fu tolta la buccia con leggiera scottatura, ha assunto notevole importanza in seguito all'esportazione sviluppatasi di recente, ed è specialmente praticata in Campania, nell'Agro Nocerino (Scafati, Angri, S. Marzano, Sarno, Pagani, Nocera Inferiore). La varietà più impiegata per tale produzione è la varietà S. Marzano, chiamata anche lunga dalla forma della bacca. La sua coltura si va estendendo anche altrove e nell'Italia meridionale e nell'Italia settentrionale. Il pomodoro S. Marzano è riconosciuto il più adatto per la fabbricazione dei pelati, e nessun'altra varietà può competere con questa. Poiché l'industria dei pelati di pomodoro non ha avuto crisi, così è da prevedere che tale industria si estenderà anche altrove, e specialmente nell'Italia settentrionale, ove le prime colture hanno avuto esito brillantissimo. Le fabbriche dei pelati in Italia rappresentano una piccola percentuale delle fabbriche di conserve; ma sarebbe bene che l'industria dei pomodori pelati aumentasse la sua produzione, e che, specialmente nell'Italia settentrionale si considerasse seriamente questa possibilità, selezionando un tipo di pomodoro particolarmente adatto a questa industria.
Le varietà di pomodoro da serbo conservate per l'inverno, nei passati tempi molto coltivate, specialmente nel Mezzogiorno d'Italia, hanno ora limitate zone di coltivazione, giacché l'industria delle conserve di pomodoro e quella specialmente dei pelati di pomodoro hanno fatto perdere importanza alle varietà a lunga conservazione e si può dire anzi che l'industria dei pomodori da serbo sia quasi finita.
Rotazione. - In Emilia, in Romagna, e anche nel Veneto il pomodoro viene considerato come una pianta sarchiata da rinnovo, e come tale apre il ciclo delle rotazioni. Si fa prima quindi una accurata lavorazione profonda al terreno, e si fanno abbondanti concimazioni a base di letame di stalla ben decomposto e completato da concimazioni chimiche. Il pomodoro agisce come una vera e propria pianta miglioratrice per le condizioni fisico-chimiche del terreno da esso occupato, per il che i cereali, che ordinariamente fanno seguito al pomodoro, se ne avvantaggiano assai e dànno migliore raccolto.
Nelle zone orticole della Campania (provincie di Napoli e di Salerno) il pomodoro segue un'altra pianta da orto a carattere industriale (come la patata o il cavolfiore tardivo), oppure con questa pianta viene consociato. A Nocera Inferiore, dove le colture ortensi si succedono ininterrottamente e si consociano, il pomodoro alle volte si trapianta tra le file delle patate precoci non ancora raccolte; altre volte, invece, segue un erbaio autunno-vernino, erbaio che spesso si sovescia a beneficio dello stesso pomodoro. Così si fa nei terreni asciutti di molte zone della Campania.
Preparazione del terreno. - Il terreno prima della semina o del trapianto dev'essere bene sistemato. Là, dove il pomodoro occupa il posto di una pianta sarchiata, i lavori di sistemazione si fanno dopo la concimazione chimica, se questa si pratica a tutto il campo; se invece la concimazione è localizzata, allora il terreno si sistema prima. La semina sul posto o a dimora, che oggi è generalmente praticata, vuole appunto come condizione di buon successo un'accuratissima preparazione del terreno arato. Gli attrezzi usati sono rulli, erpici, frangizolle, dischi, i quali attrezzi mettono l'agricoltore in grado di riuscire allo scopo in modo efficace e poco dispendioso.
Una concimazione fondamentale del pomodoro dovrà comprendere anzitutto dello stallatico ben decomposto, da usarsi in ragione di 300-350 q. a ettaro, e da incorporarsi a mezzo dell'aratura estiva. Per completare il letame si dovrà ricorrere poi all'impiego dei concimi chimici fosfatici, potassici e azotati. I concimi fosfatici si somministreranno sotto forma di perfosfato minerale oppure di scorie Thomas. Se si adopera il perfosfato, si userà la dose di circa 6 q. per ettaro; se si adoperano invece le scorie Thomas, si somministreranno in ragione di 5-6 q. per ettaro.
Per la potassa, che non dovrà mai mancare, si deve ricorrere o al cloruro o al solfato potassico, impiegando l'uno o l'altro di tali sali in dosi di kg. 150-200 per ettaro.
L'azoto merita una specialissima attenzione, perché è il regolatore della vegetazione e della fruttificazione del pomodoro, e rappresenta indubbiamente l'elemento principale dello sviluppo della pianta. Per i concimi azotati si usino o il nitrato di soda o di calce (da applicare in 3-4 riprese, a cominciare dalla semina per finire all'epoca della fioritura), o la cianamide (q. 3-4 per ettaro), o il solfato ammonico (q. 1-2 per ettaro). Il nitrato di soda è il composto azotato che meglio si presta per imprimere alla vegetazione del pomodoro quella rapidità di sviluppo che è condizione indispensabile di successo, e l'agricoltore può regolare come vuole la fornitura dell'azoto, graduandolo secondo le esigenze della vegetazione.
Non bisogna mai dimenticare che il pomodoro è pianta molto esigente in concimazione: un prodotto assai comune di q. 350 per ettaro asporta dal terreno kg. 96 di azoto, kg. 35 di anidride fosforica, kg. 180 di potassa e kg. 108 di calce.
Il pomodoro si può, come si è già detto, seminare direttamente nel campo (come in Emilia, in Romagna), ottenendo con tali semine a campo produzioni superiori a quelle che si ottengono col trapianto, e soggetti che si palesano più rustici e immuni da infezioni in confronto di quelli che provengono da semine fatte in letti caldi.
La semina a righe si fa con piccole seminatrici a righe semplici o a righe abbinate. Il tempo della semina è variabile secondo la località e si fa sempre quando è cessato il pericolo delle gelate primaverili. In qualche zona della Sicilia, e specialmente in provincia di Ragusa (a Scicli), si fa la semina a buchette direttamente sul campo a novembre-dicembre. Le piantine vengono riparate con tegole, o con palette di fico d'India, subito dopo la semina, e tale copertura si toglie in febbraio. Il trapianto si adotta generalmente là dove domina la piccola coltura, e quando al pomodoro segue una pianta che dia il prodotto tardivamente o quando il pomodoro si deve consociare con altre colture. Il trapianto si fa con piantine ottenute in aiole ben difese, o in semenzai in letti caldi coperti da cassoni a vetri. Per il trapianto si possono adoperare piantine molto sviluppate, anche con la prima infiorescenza (ottenute in appositi letti caldi o in piccole serre riscaldate con termosifone), collocate entro vasetti o cilindri di terracotta o di cartone, senza fondo, riparati con adatte coperture sino alla messa a dimora. Si adotta questo metodo specialmente per il pomodoro da tavola. In tal guisa è possibile anticipare il prodotto di circa un mese, come avviene nell'Italia settentrionale.
La distanza da tenere sia nelle semine sia nei trapianti è variabile, ed è in relazione alle varietà, alla natura del terreno, alla concimazione, al sistema di coltura. Le file semplici si fanno a distanza di m. 0,60-1,00-1,10; i filari abbinati si fanno a distanza di cm. 50-60 tra le file di ogni coppia, e fra le coppie la distanza è di circa cm. 80-100. Seminando a mucchietti, sui filari, le distanze debbono essere di circa cm. 30-50. Il quantitativo di seme occorrente per la semina è in generale di kg. 3 per ettaro.
Cure colturali. - Dove si adottano semine o trapianti anticipati per avere prodotti precoci, occorre difendere le piantine dai freddi e dalle gelate. La difesa si può fare con tegole, con palette di fico d'India, con piccoli ripari formati da canne, fasciname, ecc., (come appunto si usa negli orti vesuviani) o con piccoli telai di carta bianca pergamenata. Nelle semine dirette nei campi occorre eseguire il diradamento, appena le piantine abbiano raggiunto l'altezza di 8-10 cm. Si lasciano le migliori piantine a giusta distanza, e cioè a cm. 30-50, secondo le varietà e i metodi di coltura. Si sostituiranno le piantine non attecchite o morte per cause diverse, tanto nel caso del trapianto quanto in quello della semina diretta. Si dovranno praticare frequenti zappature per tenere pulito il terreno dalle male erbe e per tenerlo sempre fresco. E si faranno le concimazioni azotate complementari, se si ritenga necessario, impiegando concimi a pronta azione, come il nitrato ammonico o il nitrato di calcio nella quantità di 0,50-1,00 q. per ettaro del primo o q. 1-2 del secondo.
L'irrigazione per il pomodoro è quasi sempre una necessità. Nei terreni asciutti la produzione è sempre minore, pure essendo migliore di qualità. L'acqua, somministrata al momento opportuno, procura benefici grandissimi, e dà produzioni abbondanti, quasi il doppio che nelle coltivazioni non irrigue. Qualora l'acqua si somministri in eccesso o intempestivamente, si ottengono prodotti molto acquosi e di scarsa resa. Per le coltivazioni di pomodoro per estratto è dimostrato, con esperienze, che l'irrigazione dà un maggiore quantitativo di prodotto, dal quale si ottiene una maggiore quantità di estratto per ettaro, il che giustifica e consiglia la pratica dell'irrigazione. Il numero delle irrigazioni varia secondo le località, la natura del terreno e l'andamento della stagione.
Sostegni. - Il pomodoro è pianta che abbisogna generalmente di appoggio. Nelle località a clima caldo e a terreno asciutto il pomodoro si può lasciare senza sostegno; le piante allora si adagiano sul terreno assumendo naturalmente uno sviluppo limitato. Così si pratica in Sicilia, nel Leccese o in qualche zona del Barese e della Maremma Toscana. Nei terreni freschi e irrigui e per le varietà a forte sviluppo occorre sempre il sostegno. I sostegni possono essere di diversa natura: paletti, canne, assicelle di castagno, fili di ferro zincato; il modo di disporre i sostegni varia secondo i luoghi. Nella Campania si adoperano come sostegni assicelle di castagno, che si piantano nel terreno verticalmente. Nelle coltivazioni industriali dell'Emilia si adopera il sistema dei filari semplici con filo di ferro. In generale bastano due fili di ferro, ma è preferibile metterne tre. I sostegni del pomodoro devono essere messi non appena le piantine siano sufficientemente sviluppate, ma non troppo allungate.
Scacchiatura. - È questa un'operazione colturale della massima importanza, anzi è indispensabile, perché regola la vegetazione e la fruttificazione delle piante. Il pomodoro nei terreni molto fertili e ben concimati o irrigui vegeta rigogliosamente, e produce una gran quantità di germogli secondarî (femminelle), che determinano una grande dispersione di vegetazione, e dànno una produzione meno scelta e meno pregiata. Vengono adottati sistemi diversi di scacchiatura secondo la località, la natura del terreno, le concimazioni, le varietà e il sistema di allevamento. Un metodo usato in molti luoghi è quello di lasciare il solo fusto principale, che porta le foglie e i grappoli, levando tutte le femminelle che crescono lungo di esso. La pianta può così crescere in altezza. La scacchiatura s'inizia non appena la pianta emette la prima infiorescenza e si fa a mano a mano che il fusto si allunga. Nei terreni molto fertili o irrigati o nelle varietà a forte sviluppo si lasciano alle piante due o tre germogli per avere altrettanti fusti che portino i frutti. In questo caso bisogna cimare le piante molto presto e cioè quando sono alte 25-30 cm. Alle piante di pomodoro verso la fine della vegetazione si applica la cimatura asportando la parte superiore dei fusti. Ciò si fa allo scopo di arrestare lo sviluppo della pianta, e di favorire la maturazione dei frutti provenienti dall'ultima fioritura. La cimatura delle varietà di pomodoro da tavola si applica in generale al disopra della terza o quarta infiorescenza. Dopo l'allegagione si fa alle volte il diradamento dei frutti, togliendo quelli che sono molto piccoli o grossi con qualche costola.
Produzione. - I pomodori da tavola si raccolgono quando incominciano a "invaiolare", cioè a colorarsi leggermente di rosso. Per la vendita sui mercati interni e per l'esportazione è questo il migliore momento per fare la raccolta, giacché il raccogliere frutti precoci dev'essere la preoccupazione maggiore del coltivatore per giungere presto sui mercati di vendita e realizzare i prezzi più vantaggiosi.
Le colture anticipate in piena terra si possono praticare dovunque, ma nel Mezzogiorno d'Italia le condizioni sono più favorevoli.
Alcuni importanti esperimenti eseguiti in Italia dimostrano che si ottengono sempre prodotti molto elevati, quando si adottino metodi razionali: così in alcune zone dell'Italia settentrionale in un ettaro si sono raccolti q. 838 di buon pomodoro, incassando la somma di L. 47.150, produzione favolosa e reddito enorme. Se anche il prodotto medio si avvicinasse ai 500 quintali per ha., sarebbe sempre soddisfacente con redditi lordi assai buoni. Dove manca l'irrigazione, il prodotto giunge anche a 150 quintali per ettaro, e anche a meno.
Per il pomodoro da conserva la produzione è variabilissima da località a località: in terreni profondi, lavorati, ben concimati e abbondantemente irrigati si ottengono sino a 600 q. per ettaro e nell'Emilia, nella Romagna, nel Veneto il prodotto può anche essere maggiore. Nelle zone migliori della Campania (Napoli e Agro Nocerino) si ottengono ottime produzioni che raggiungono queste cifre. Nelle località asciutte delle zone meridionali, in certe annate siccitose, il prodotto alle volte non supera i 50 q. per ha.
La produzione del pomodoro in Italia potrebbe assai migliorarsi, perfezionando i metodi colturali, che sono difettosi in molti luoghi. La coltura intensiva per tutte le piante è una necessità per ragioni economiche e per ragioni d'ordine generale. La raccolta del pomodoro si deve fare quando i frutti sono completamente formati, e quando si nota in essi un cambiamento generale nel colore, e cioè cominciano a diventare pallidi con qualche venatura rossa, così durante i trasporti i pomodori continuano a maturare colorandosi sempre più, arrivando a destinazione al punto giusto. Il trasporto dei frutti dal campo ai magazzini si fa entro recipienti larghi e bassi, foderati internamente per evitare lesioni che deprezzerebbero il prodotto.
L'applicazione del marchio nazionale, istituito con legge 23 giugno 1927, n. 1272, è esteso anche all'esportazione dei pomodori. Gli esportatori autorizzati, a termini della legge predetta, sono tenuti all'osservanza di tutte le norme in detta legge indicate, riguardanti i requisiti qualitativi dei pomodori, la loro classificazione, le tolleranze, gl'imballaggi, gl'impasti e il controllo sulle spedizioni. Con decreto del 28 febbraio 1933 sono stati abrogati e sostituiti i decreti ministeriali 15 febbraio 1932 e 27 aprile 1932, ed emanate disposizioni integrative a quelle approvate con decreto antecedente.
Malattie del pomodoro prodotte da crittogame e da insetti. - La peronospora del pomodoro (Phytophthora infestans De Bary) si manifesta ai primi di giugno nelle foglie e sugli steli sotto forma di macchie giallobrune, e sui frutti, ove compaiono macchie livide, che dànno poi origine al marciume, giacché le parti colpite avvizziscono e imbruniscono. Si combatte con l'irrorazione della poltiglia bordolese (all'1½ di solfato di rame più 250 grammi di cloruro ammonico). In generale basta un solo trattamento, quando le piantine hanno raggiunto 10-12 cm. d'altezza, a meno che forti piogge o nebbie tardive non ne consiglino un secondo. L'oidio o nebbia è analoga alla malattia che compare sull'uva. È una muffa, che indebolisce molto le piante sulle foglie e sui fusti: dapprima compare una patina grigio-biancastra, e dopo si vedono comparire macchie nerastre. Ottimo rimedio sono le irrorazioni con polisolfuro di calcio al 2%. Il male del sonno, il male del piede, il marciume nero dei frutti o la cancrena o batteriosi sono tutte malattie d'origine crittogamica.
L'insetto più dannoso al pomodoro è il grillotalpa, volgarmente detto zuccaiola, che provoca danni alle giovani piantine specialmente quando esse vengono poste a dimora. Con più frequenza i danni avvengono nei terreni coltivati a orto, dove appunto questo ortottero abita di preferenza, perché quivi trova l'ambiente più confacente alla sua vita. Esso recide le radici delle piante, e si nutre delle foglie e dei fusti giovani. Si combatte o con la raccolta nei nidi, quando contengono le uova, o con l'impiego di mangimi avvelenati col solfuro di zinco nelle proporzioni seguenti: riso, o semi di mais frantumati parti 100; fosfuro di zinco parti 5; acqua parti 25; da distribuirsi di sera sui terreni infestati dall'insetto. Il tempo utile per tali trattamenti va dalla fine di aprile a tutto settembre; ma i mesi più indicati sono giugno, luglio e agosto. Per ogni ettaro di terreno non si usano più di 26 kg. di tale miscela. Altri agenti dannosi sono i maggiolini, il verme bruno o moro (Agrotis), le lumache, gli afidi, animali tutti che danneggiano la vegetazione nelle varie epoche del suo sviluppo: si tengano ben lontani con spargimenti di naftalina e sabbia ai piedi delle piante nella loro prima età.
Bibl.: A. Nicoletti, Il pomodoro, Cesena 1912; R. Rovetta, Il pomodoro: coltivazione, 2ª edizione, Milano 1927; E. Bassi, La coltivazione del pomodoro, Torino 1925; F. Zago, Alcuni ortaggi di grande coltura, Piacenza 1929; id., Nozioni di orticoltura, Roma 1934.
Conserve di pomodoro.
Sotto questo nome (v. conserva alimentare) si comprendono la salsina a estratto semplice di pomodoro, il concentrato o estratto doppio e triplo, la conserva nera salata, le salsine dolci, il succo pastorizzato (ingl. catchup, ketchup), i pomodori in scatola, pelati o no.
La conserva di pomodoro era già usata in Italia al principio dell'Ottocento, come dimostra la menzione che ne fece Filippo Re nel 1811. Grazie al processo Appert sorse poi un'industria, che si sviluppò rapidamente alla fine del sec. XIX e ancor più nel sec. XX, mettendo sul mercato salse e concentrati di pomodoro a prezzi moderati, il cui consumo si diffuse largamente. Negli ultimi decennî, con la conservazione in scatola dei pomodori interi, semplicemente pelati, l'industria realizzò un ulteriore e grandissimo progresso, offrendo ai consumatori un prodotto il cui gusto differisce appena da quello del frutto fresco, seppure ne differisce.
Tipi di conserva di pomodoro. - La conserva di pomodoro preparata in Italia si distingue, secondo il grado di concentrazione dei prodotti, nelle seguenti qualità: salsina o estratto semplice (residuo secco netto almeno 16%); concentrato o estratto doppio (id., 28%); concentrato o estratto triplo (id., 36%). I pomodori in scatola sono di due tipi: al naturale e pelati. Oltre a questi prodotti di largo consumo vanno ricordate pure le salsine dolci di pomodoro, miste a droghe che dànno loro una fragranza speciale, molto usate come intingolo per un gran numero di pietanze e soprattutto per le carni rifredde, la cui fabbricazione, introdotta da poco in alcuni centri, ha già cominciato ad affermarsi; e la conserva nera, salata, in pani, di preparazione casalinga, consumata per lo più dal mercato interno (Sicilia). Inoltre il succo di pomodoro conservato è il prodotto pastorizzato, consistente nel liquido di pomodoro non concentrato, con una parte sostanziale della polpa spremuta da pomodori maturi, con o senza applicazioni di calore e con o senza aggiunta di sale; il tomato catchup (tomato ketchup) è il prodotto concentrato ottenuto dalla polpa e dal succo di pomodori maturi (tolte le pelli, i semi e i torsi) con aceto, sale, spezie e altri saporificanti, zucchero o destrosio.
Gli Stati Uniti, che producono anch'essi tutte le qualità di conserve di pomodoro, hanno i seguenti tipi legalmente unificati: il canned tomato juice (succo di pomodoro conservato) e il tomato catchup, descritti sopra; il tomato purée (tomato pulp), prodotto risultante dalla concentrazione delle parti liquide o di polpa setacciata o filtrata di pomodori maturi, tranne di quelle appartenenti alle pelli e ai torsi asportati con la mondatura, con o senza l'aggiunta di sale: contiene non meno dell'8,37% di solidi di pomodoro; il tomato paste (salsa di pomodoro), concentrato come il precedente con non meno del 22% di solidi di pomodoro; il heavy tomato paste, con non meno del 33% di solidi di pomodoro. Inoltre fabbricano un prodotto unificato per i pomodori in scatola, di sapore e colore normale, consistente nel frutto rosso maturo intero o in grossi pezzi, pelato, liberato dal torso e mondato, con o senza succo di pomodoro a riempimento degl'interstizî e con o senza aggiunta di condimento (zucchero, sale).
Fabbricazione delle conserve di pomodoro. - Concentrati. - Il processo di lavorazione di detti tipi si può dividere in quattro periodi: cernita e lavaggio; triturazione, preriscaldamento e separazione del succo (a mezzo della passatrice e raffinatrice); concentrazione; iscatolamento e sterilizzazione. Le varie fasi di lavorazione del pomodoro sono in parte soggette a regole determinate secondo il decreto-legge del 14 ottobre 1926. In base a tale decreto è vietata la preparazione di estratti con frutti non maturi, guasti (fermentati, ammuffiti) o colpiti da malattie che ne alterino la composizione. Tali frutti non devono dunque essere messi in lavorazione nemmeno se mescolati ai frutti maturi, ben conservati e sani. Per questa ragione al ricevimento del materiale, trasportato dalla campagna in apposite gabbiette, occorre farne la cernita sopra appositi piani di scarico.
Anche il lavaggio è obbligatorio e deve essere compiuto con acqua pura (non superficiale o scoperta); l'azione del lavaggio, togliendo al frutto la polvere, la fanghiglia, il terriccio e tutta la svariata flora batterica che vi aderisce, completa l'opera depuratrice della cernita. Oggi esistono macchine che eseguono tale operazione e altre che l'associano alla cernita. Dopo il lavaggio segue normalmente la triturazione del frutto con la separazione del sugo dalla polpa. La massa del triturato viene immediatamente condotta, senza che abbia a sostare in vasche d'attesa (nelle quali si avrebbe una vera coltura di microrganismi), alle passatrici o raffinatrici attraverso una preriscaldatrice.
La prima passatrice, dopo tentativi di altri, fu ideata da P. Cirio, e costruita e perfezionata da P. Rovetta. Essa presentava il grande vantaggio di non rompere i semi, ottenendosi così una salsa purissima, senza semi o piccioli. Le passatrici sono costituite da un tamburo formato di un cappello e di una tramoggia sottostante, nella quale è collocata una forata a piccoli fori, di metallo inossidabile. Entro il tamburo gira velocemente un battitore a due ali di diametro tale da girare a 10 mm. dalla forata. Il battitore è messo in movimento da un asse orizzontale avente alle sue estremità appositi dischi per irradiare la materia nelle vaschette di raccoglimento. La massa del triturato cade in una tramoggia, che la porta nel corpo centrale della passatrice: di qui la salsa entra nelle vaschette di raccoglimento, mentre le bucce e i semi escono da una valvola inserita lateralmente nel corpo della macchina. La macchina è a funzionamento intermittente. Attualmente si usano passatrici a funzionamento continuo.
L'operazione successiva, cottura e concentrazione, può essere compiuta a pressione ordinaria in grandi caldaie, dove la conserva viene scaldata e rimescolata; attualmente, però, nella grande industria la concentrazione si compie nel vuoto in apparecchi chiamati comunemente boules con riscaldamento a vapore. Alcuni tipi di tali apparecchi (a termo compressione) sono dotati di speciali mezzi per il ricupero del calore dei vapori sviluppati dal liquido in ebollizione.
Quando il pomodoro è ridotto nei diversi tipi di concentrato, si procede all'iscatolamento, per il quale si adoperano le scatolatrici, formate da un corpo cilindrico a doppia parete tra le quali circola il vapore per il riscaldamento della sostanza che attraversa il corpo mediante coclea. In testa il corpo è munito di tramoggia di entrata e al fondo di foro e tubo adatti alle dimensioni delle scatole da riempire. La capacità delle scatole è press'a poco eguale dappertutto e cioè: di g. 100 (mezzo quintino), 200 (quintino), 250 (quartino), 400 (tamburelle), 500 (½ kg.), 600 (due terzi), 1000 (chilo), 1300 (tre libbre), 2000, 5000, 10.000. In ogni scatola, riempita, si pone una o due foglie di basilico e poi si applica il coperchio che viene saldato con stagno o mediante aggraffatura meccanica.
Chiuse le scatole si procede alla loro sterilizzazione e prova di solidità, perché è indispensabile, per la buona conservazione, che le scatolette siano chiuse ermeticamente: la più piccola apertura potrebbe cagionare la perdita del contenuto o la putrefazione del medesimo. La sterilizzazione si può compiere o in bagno aperto, o in autoclave, o in apparecchi continui (v. conserva alimentare, XI, p. 190).
Pomodori pelati. - Per produrre i "pelati" vengono in genere utilizzati i pomodori a buccia liscia, facilmente distaccabile, con polpa soda di color rosso acceso, pochissimo acquosi (varietà S. Marzano). I pomodori vanno accuratamente lavati, poi scottati a 80°, indi sbucciati immediatamente a mano, infine chiusi nelle scatole, che subiscono poi le stesse operazioni di quelle dei concentrati.
Succo di pomodoro. - Occorre adoperare pomodori sani, a giusto punto di maturazione; i pomodori si lavano, si mondano dei torsoli, si pelano e tagliano in pezzi e poi si passano alla preriscaldatrice. La separazione del succo dalla polpa si compie in un comune torchio continuo da uva, costruito con materiale inattaccabile dagli acidi. Evitando di torchiare a fondo, si ottiene dal 50 al 60% di succo, che viene chiuso in recipienti a perfetta tenuta, nei quali si riscalda a circa 50° e poi viene omogeneizzato in macchine speciali simili a quelle usate per il latte. Quest'ultima operazione è assai importante e ha lo scopo di sminuzzare la parte solida, affinché rimanga in sospensione nel succo e non vada al fondo delle bottiglie neanche dopo un lungo riposo. Infine il succo è messo in scatole oppure in bottiglie, che si preriscaldano a 70° per eliminare l'aria, si chiudono, si pastorizzano e si lasciano raffreddare.
Produzione e commercio. - I paesi dove la produzione delle conserve di pomodoro ha assunto uno sviluppo considerevole sono l'Italia e gli Stati Uniti. Degli altri, la Spagna ha pure essa una discreta produzione: la conserva, confezionata in fusti e scatole, è destinata in massima parte ai mercati dell'Europa settentrionale. L'Ungheria, con undici fabbriche, nel 1933 ha prodotto 40.000 q. di conserve di pomodoro, i quali alimentano una corrente di esportazione continuamente in aumento (18.000 q. nel 1933). La Francia e la Germania, quest'ultima utilizzando i semilavorati (conserva in fusti, che importa dall'Italia o dalla Spagna e che iscatola, previa opportuna rilavorazione), ne hanno iniziato la produzione che però ha sempre ancora un'importanza limitata, ed è insufficiente al mercato interno. Così la Russia. Degli stati extraeuropei si può citare l'Argentina che di recente, aumentando gradatamente la sua produzione, è riuscita a svincolarsi dal mercato estero: attualmente ha 13 stabilimenti, che nel 1934 hanno prodotto circa 50.000 q. di conserva. Negli Stati Uniti la produzione di pomodoro in scatola fu durante il 1933 di circa 17,9 milioni di casse (equivalenti a casse unificate di 24 barattoli n. 3, 12 milioni circa); una produzione poco inferiore ebbe nel 1932, contro 13,8 milioni nel 1931 e 24,3 milioni nel 1930. Gli stati di maggiore produzione sono il Maryland (4 milioni), i territorî dei Monti Ozark (Arkansas, Kansas, Missouri e Oklahoma: 2,5 milioni), la California (1,9 milioni), la Virginia (1,5 milioni), ecc. Malgrado l'enorme consumo interno, gli Stati Uniti alimentano una discreta corrente d'esportazione, diretta quasi totalmente in Inghilterra. Particolare importanza ha assunto di recente la produzione del succo di pomodoro concentrato, largamente consumato come bevanda dissetante e rinfrescante nell'alimentazione dei bambini e adulti ammalati, in sostituzione addirittura del succo di limone e di arancio. Nel 1932 sono state prodotte 4 milioni e mezzo di casse di succo di pomodoro.
Italia. - Il primo a iniziare in Italia la fabbricazione in grande della conserva di pomodoro fu Francesco Cirio, il creatore dell'industria delle conserve alimentari. Tale industria si è andata poi a mano a mano sviluppando in modo notevolissimo, al punto che attualmente essa alimenta una forte corrente di esportazione. Il numero degli stabilimenti adibiti alla fabbricazione delle conserve si aggira sui 300, accentrati particolarmente nell'Emilia e in Campania: prevalgono, come numero, le fabbriche di piccola produzione. La fabbricazione delle conserve assorbe buona parte della produzione del pomodoro: nella tabella seguente diamo, accanto alla produzione complessiva di pomodoro, la quantità trasformata in conserve e quella esportata (in migliaia di quintali).
Uno degli aspetti più interessanti dell'industria delle conserve di pomodoro è la caratteristica diversità secondo cui essa si svolge nelle varie regioni d'Italia, così differenti fra loro per il clima, per la natura del suolo e per il genere dei prodotti forniti dall'agricoltura.
Nella Campania l'industria delle conserve di pomodoro è favorita dai fattori climatici, particolarmente propizî alla produzione della materia prima. In questa regione, infatti, e particolarmente nelle provincie di Napoli e Salerno, ha luogo la più completa e svariata coltivazione di pomodori conosciuti e apprezzati sia sul mercato interno sia su quello internazionale. Particolare importanza ha la produzione della qualità S. Marzano, che viene specialmente adoperata nell'industria dei pomodori pelati. Nella Campania vengono prodotte tutte le qualità di conserva di pomodoro.
L'Emilia e la Romagna si sono specializzate nella produzione dei concentrati doppî. I centri più importanti sono Parma e Piacenza; altri notevoli Forlì (Cesena), Ferrara, Modena, Ravenna e Bologna.
Le Venezie producono una quantità ridotta di conserva (Trieste). La Liguria produce doppio concentrato e pomodori pelati a Savona e a Genova. In Toscana esistono stabilimenti a Livorno, Pistoia, Firenze, Siena e Grosseto. Nel Lazio, in provincia di Roma, si fabbrica il concentrato. Nell'Umbria (Perugia) se ne è iniziata la fabbricazione. Nella Sardegna l'industria è praticata soprattutto nella zona del Sarrabus (Cagliari) e di Oristano. La Puglia produce concentrati, pomodori al naturale e pelati a Bari, Foggia, Taranto. In Sicilia si producono soprattutto estratti di pomodoro nelle provincie di Palermo e Catania.
Le esportazioni italiane, che assorbono circa i due terzi della produzione totale, sono avviate specialmente sui due mercati degli Stati Uniti (50% circa) e Gran Bretagna (25% circa); seguono l'Unione belga-lussemburghese, la Germania, la Francia, la Svizzera, la Tunisia, ecc.
L'industria delle conserve alimentari è assistita, nei riguardi dell'azione sindacale sulle ditte esercenti, dalla Federazione nazionale fascista delle industrie alimentari varie, mentre nei riguardi del controllo della produzione (genuinità e bontà dei prodotti) e dell'esportazione agisce l'Istituto nazionale delle conserve alimentari. Alle ricerche provvede la R. Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari di Parma.
Bibl.: H. Serger e B. Hempel, Konserventechnisches Taschenbuch, Brunswick 1930; W. V. Cruess, Commercial fruits and vegetable products, New York 1924; A. Cecchi, Tecnica del freddo, Milano 1928; G. Issoglio, Chimica degli alimenti, Torino 1927; Le conserve alimentari, in Atti del congresso naz. dell'industria dei derivati del pomodoro, Roma 1933; Annuario dell'industria delle conserve alimentari (Ist. naz. per le conserve alimentari, 1934); v. inoltre le riviste Le conserve alimentari, edita dall'Ist. naz. conserve alimentari; L'industria ital. delle cons. alim., della R. Stazione sperim. per l'ind. d. cons. alim.; Konserven-Zeitung (Brunswick); Canning Age (New York).