POMERIO (pomerium)
Linea sacra di confine della città che si tracciava in origine con l'aratro, lungo la quale si innalzava la cerchia di mura; poi anche fascia di rispetto lungo le stesse mura all'interno e all'esterno.
Livio (i, 44) dice: "secondo l'interpretazione stessa della parola, pomerio significa postmoerium, cioè al di là del muro, ma esso è piuttosto un luogo intorno al muro, che gli Etruschi usavano una volta di consacrare mediante gli auspici augurali e fissare con cippi di pietra, quando volevano costruire le mura di una città. Pertanto dalla parte interna non si potevano addossare edifici alle mura, come invece avviene oggi, e il terreno doveva rimanere puro da qualsiasi contaminazione di culto umano. Questo spazio, che non era permesso né di arare né di abitare, i Romani chiamarono p., non tanto perché esso è dopo il muro, quanto perché il muro è dopo di esso". Simile definizione si ha in Varrone (v, 143) e in Aulo Gellio (Noct. Att., xiii, 14, 3).
Se in origine il p. era, una zona di rispetto da ambedue le parti della linea di mura, per scopi religiosi e pratici, onde rendere libero l'accesso alla difesa della cerchia, in seguito questo rapporto fra mura e p. andò trasformandosi, scomparendo. La linea del p. poteva essere ampliata soltanto da chi avesse allargato i confini dello stato con nuove conquiste; il p. era finis urbani auspicii; secondo l'antica legge delle XII Tavole dentro la città e il p. hominem mortuum in urbe ne sepelito neve urito; le divinità straniere fino al 217 a. C. non sono accolte dentro il p. e anche in seguito furono spesso escluse; i comizî centuriati dovevano tenersi fuori del p. quia exercitum extra urbem imperare oporteat, intra urbem imperari ius non sit. Chi aveva l'imperium doveva deporlo nell'oltrepassare il p., tranne il triumphator nel solo giorno del trionfo.
Sul primitivo p. di Roma abbiamo i confini descritti da Tacito (Ann., xii, 24); sappiamo che l'Aventino rimase escluso fino al primo periodo imperiale, come pure parte dell'Esquilino, dove erano sepolcreti. Un primo ampliamento di cui si ha notizia è quello di Silla, ma non se ne conoscono i confini; al quale seguì un altro ampliamento da parte di Augusto come dice lo stesso Tacito: pomerium urbis auxit Caesar, more prisco, quo iis, qui protulere imperium, etiam terminos urbis propagare datur. Nec tamen duces Romani, quamquam magnis nationibus subactis, usurpaverant, nisi L. Sulla et divus Augustus".
L'ampliamento successivo dovuto a Claudio è attestato dalle fonti letterarie ed epigrafiche. Sappiamo che comprendeva l'Aventino (Gell., xiii, 14, 7). Sono stati ritrovati otto cippi dell'anno 50 con la formula pomerium ampliavit terminavitq., dei quali tre in situ; in tutto dovevano essere 142 o 143 alla distanza di circa m 71, pari a piedi 140 (bini actus). Erano costituiti da grossi blocchi di travertino con la faccia iscritta verso l'interno della città. Il Campo Marzio restava fuori quasi interamente per il suo carattere militare.
Altri ampliamenti si ebbero sotto Nerone (Vit. Aur., 21), sotto Vespasiano, del quale sono stati trovati quattro cippi con la medesima formula di quelli di Claudio, posti insieme con Tito; questo ampliamento veniva ad includere una parte del Campo Marzio fino all'Ara Pacis, lasciando fuori la zona degli ustrini imperiali, inoltre includeva una parte del Trastevere tra Ponte Emilio e quello di Agrippa. La notizia in Vopisco di un ampliamento di Traiano è errata, e deve riferirsi a Claudio. Di Adriano sono stati trovati quattro o cinque cippi del 121 con la formula terminos pomerii restituendos curavit, e poiché contengono l'intestazione ex S C collegium augurum sembra che la linea del pomerio sotto Adriano abbia riacquistato un carattere sacrale, che si era perduto sotto Vespasiano predominando quello di linea daziaria. Dubbio è l'ampliamento di Commodo; di Aureliano sappiamo che nel 272 adhibito consilio senatus muros urbis Ramae dilatavit. Nec tamen pomerio addidit eo tempore sed postea (Aur. Vit., 21, 9). Anche le colonie romane furono fondate con lo stesso rituale secondo la testimonianza di Varrone (Ling. Lat., v, 143). Cippi pomeriali sono stati trovati a Capua (C.I.L., x, 3825) iussu imp. Caesaris qua aratrum ductum est.
Bibl.: St. Piale, Della fondazione di Roma, del pomerio ecc., Roma 1833; Th. Mommsen, Der Begriff des Pomerium, in Hermes, 1876, p. 40 ss.; D. Detlefsen, Das Pomerium Roms und die Grenzen Italiens, in Hermes, XXI, 1886, p. 497; Ch. Hülsen, Das Pomerium Roms in Kaiserzeit, Berlino 1887; Besnier, in Dict. Ant., IV, p. 543-547; O. Karlowa, Intra pomerium et extra pomerium, in Festgabe d. Univ. Heidelb., 1896, pp. 47-144; 361-385; M. della Corte, Il pomerium di Pompei, in Rend. Linc., 1913, p. 275 ss.; J. H. Olivert, The Augustan Pomerium, in Mem. Amer. Ac. Rom., X, 1932, p. 145 ss.; M. Labrousse, in Mél. d'Arch. et d'Hist., LIV, 1937, pp. 165-199; v. Blumenthal, in Pauly-Wissowa, XXI, 1952, cc. 1867-1876.