POLTRONI
(de Poltronis, de Poltronibus). – Può essere considerato capostipite ed eponimo di questa famiglia mantovana un Pultronus, attestato nella documentazione cittadina a partire dagli anni Quaranta del XII secolo.
Egli risulta essere figlio di Orlando de Garlando, di cui restano ben poche tracce documentarie e di cui non si è in grado di individuare gli ascendenti; nell’anno 1112 eredi di Garlando erano proprietari di beni posti nel borgo della città. Si conosce un fratello di Poltrone, Guglielmino, citato soltanto nel 1150. Nelle immediate vicinanze del centro urbano o al suo interno erano ubicati anche i possedimenti detenuti da Poltrone, che incrementò il suo patrimonio con acquisti di terre e vigneti in località prossime a Mantova ed era attivo nel prestito di denaro.
I medesimi tratti che paiono caratterizzare questi primi esponenti noti della famiglia contraddistinguono pure i discendenti. Il gruppo parentale dei Poltroni conservò il profilo di una famiglia eminentemente cittadina, dedita all’attività creditizia e attiva nell’acquisizione e nella gestione di un patrimonio immobiliare consistente, sito per lo più a ridosso di Mantova o in villaggi a essa prossimi (da Levata a Castellucchio, da Castelnuovo a Rodigo, a Romanore, e sulla sinistra del Mincio, dove sono ubicabili toponimi attestati nella seconda metà del Duecento assai eloquenti: Legreza Poltronorum, Silva Poltronorum), e detentrice di diritti di decima per concessione vescovile.
Tutto ciò è attestato da una documentazione d’archivio piuttosto abbondante soprattutto per i decenni a cavallo dei secoli XII-XIII (ma destinata a farsi più rara nel corso della seconda metà di questo secolo), conservatasi fra quella gonzaghesca ove confluì l’archivio dei Bonacolsi, nel quale passarono le carte di molte famiglie d’età comunale delle quali i primi signori della città – i Bonacolsi appunto – incamerarono i beni. È ragionevole anzi ipotizzare, al riguardo, che nell’onnicomprensivo ‘collettore’ gonzaghesco sia confluito un vero e proprio archivio della famiglia Poltroni.
L’ultimo documento in cui Poltrone riulta agire risale al 1189 anche se egli non è attestato come morto prima del 1199, allorché agiscono per l’appunto gli eredi del quondam Poltrone. Nel 1187 provvide ad assegnare ai due figli, Bulso (o Bolso) e Boso, quanto possedeva all’esterno della città e in alcune località site a ovest della stessa. Bulso, attivo dal 1181, da solo o assieme al fratello effettuò sullo scorcio del XII secolo diversi acquisti, per lo più di terreni detenuti da privati, ma anche dal Comune cittadino; fu attivo, inoltre, nel concedere denaro a credito. Risulta già morto il 22 agosto 1210; ebbe tre figli. Egidio, probabilmente il maggiore, morì a sua volta prima dell’8 ottobre 1213 e di lui sono noti i figli Bonifacio – annoverato fra i milites vescovili nel 1233 –, Federico, Corrado (o Corradino, padre del giudice Compagnone). Il secondo, Pagano (o Paganino), morì ante 1222, ed ebbe per figli Compagnone, Bellotino, Rambaldo, Pulsolino. Del terzo figlio di Bulso, Poltrone, è menzionata una figlia, che sposò un Visconti (di Mantova).
Fra il XII e il XIII secolo fu però Boso il più attivo tra i Poltroni, soprattutto in ambito patrimoniale. Numerose sono le carte relative agli acquisti e alla gestione – spesso mediante investitura feudale – di terreni per lo più situati nel territorio vicino alla città, e all’acquisizione di immobili in Mantova, tra i quali alcune botteghe. Ma Boso si contraddistinse soprattutto per le numerose operazioni finanziarie: è creditore, debitore, protagonista di frequenti vertenze giudiziarie. Fra i debitori eccellenti, vanno segnalati il Comune cittadino e i ferraresi (1204, 1216). Boso sposò Egidia, figlia di Mutto dei Mozzi (famiglia socialmente non irrilevante, una torre di essa passò ai Poltroni), e morì ante 6 agosto 1219. Dei quattro figli noti (Savia, Cherlino, Vivaldo e Mantovano), furono gli ultimi due (emancipati nel 1202) gli eredi dell’attività amministrativo-patrimoniale e finanziaria, svolta anche fuori Mantova: Mantovano contrasse un mutuo a Milano nel 1222, mentre Vivaldo ricoprì cariche pubbliche in comuni rurali per conto del vescovo della cui curia vassallatica era membro; dal suo testamento (1246) si desume che in più occasioni partecipò ad azioni militari in territorio veronese. Egli ebbe almeno quattro figli: Vivaldino (che nel 1229 contrasse matrimonio con Brida del fu Bartolomeo Calorosi), Ayguina, Paganino (già morto nel 1274, ebbe in moglie Ugolina di Bartolomeo Avvocati), Giliolo.
Di altri Poltroni attestati nel corso del Duecento non si conoscono gli ascendenti. Fra questi va ricordato almeno Rizzardo, marito di Benia dei conti di San Martino Gusnago (la stato vedovile della quale è documentato nel 1280).
Questo dinamismo economico si accompagnò a un significativo e intenso impegno politico, a partire dai primi anni del XIII secolo: Boso fu membro del Consiglio cittadino in più occasioni fra il 1199 e il 1218, nel 1202 si occupò su incarico del Comune della vendita di beni comunali, e fu procuratore del Comune (1216); Mantovano di Boso fu consigliere nel 1218 e procuratore del Comune nel 1225; Bonifacio de Poltronibus fu consigliere nel 1225; Compagnone, podestà di Vercelli nel 1225, fu uno dei rettori della Lega per Mantova nel 1228.
La complessiva affermazione sociale dei Poltroni nell’ambito della élite comportò anche l’assunzione di stili di vita tipici della militia urbana, e l’esercizio della violenza. Secondo gli Annales mantovani (anonima cronachetta redatta fra Due e Trecento, in età bonacolsiana) nel 1207 iniziò la ‘guerra’ fra Poltroni e Calorosi («incepta fuit guerra Poltronorum et Calarosorum»). La notizia è registrata unitamente a quella di fatti politici interni alla città di Verona, avvenimenti che paiono preludere al riflesso che le vicende di quella città, della pars estense e dei ‘partiti’ a essa collegati o a essa opposti, e in generale della Marca Veronese, ebbero da quel torno di tempo su quelle mantovane.
I modi e i tempi di questa ‘guerra’ sono ampiamente documentati da carte notarili, che illustrano anche il suo allargarsi mediante accordi fra gruppi familiari. Tale è il patto del 1202 per l’uso militare di una torre durante tutto il tempo della discordia tra i figli di Poltrone e i Calorosi («pro guerra incepta infra istud tempus»). Ulteriori accordi furono sottoscritti dai Poltroni tra il 1206 e il 1207, per assicurarsi l’appoggio di uomini e mezzi. Un contratto del 1210 rivela chiaramente quale complessa strumentazione occorresse per praticare questa vera e propria guerra guerreggiata: i Poltroni si garantirono i servizi di un tecnico che avrebbe dovuto procurare loro macchinari bellici («hedificia et laboreria de manganis, prederiis, mantellis et trabuchellis») utili ad attaccare gli «inimici», ovvero Caffari, Calorosi, Mozzi e i loro sostenitori («et tocius eorum partis»). Nel frattempo – sono gli Annales ad attestarlo – Bulsino de Poltronibus era stato ucciso da Bertolotus Calarosus (1209); e nel 1213 i Calorosi occuparono la torre «Pultronorum», evento che secondo il cronista segnò la fine del conflitto. Si trattò dunque di ‘partiti di famiglie’ privi di connotazioni politiche formalizzate (come lascerebbe presumere la lettura degli Annales, seguiti non di rado dalla storiografia), percepibili invece a partire dagli anni Trenta quando agli schieramenti politici mantovani non sembrano estranee valenze ideologiche, ed è certa la saldatura con le più ampie fazioni intercittadine.
Nel 1235 Poltroni e Calorosi (ora in intesa), con Desenzani, Visconti, Visdomini, guidati dagli Avvocati, assassinarono il vescovo di Mantova Guidotto da Correggio nei pressi del monastero di S. Andrea. Gli omicidi, scomunicati e banditi dalla città, trovarono rifugio a Verona, dove predominava Ezzelino da Romano. Lo schieramento di cui i Poltroni facevano parte assunse allora una precisa connotazione politica, quella della pars imperii; schieramento di cui fecero parte ancora nel 1256, quando militarono sempre per Ezzelino e contribuirono all’assedio disastroso di Mantova da parte delle truppe del Pallavicino.
I Poltroni, dunque, non appartennero all’antica élite consolare, bensì a quella che potrebbe essere definita con termine desueto – ma forse non inappropriato nel contesto cittadino – ‘borghesia’. Il percorso di costruzione della loro identità e affermazione sociale attraverso il quale tesero ad assimilarsi anche per stile di vita alla militia urbana, poggiò sul commercio del denaro, su un ampio patrimonio terriero via via incrementato, su un complesso urbano fortificato e su una rete di relazioni che dettero agio a costoro di rendersi protagonisti delle prime guerre fra le contrapposte aggregazioni familiari. Essi vanno pertanto annoverati tra i gruppi che avevano gestito anche violentemente la vita pubblica mantovana della prima metà del XIII secolo, destinati peraltro via via a scomparire, ricacciati nell’ombra nella seconda metà del secolo con l’ascesa e l’affermazione della signoria bonacolsiana negli ultimi anni del Duecento.
Il nucleo abitativo dei Poltroni era situato nella Civitas nova, cuore della vita cittadina comunale, nella vicinìa di S. Silvestro (chiesa dipendente dall’omonimo monastero di Nonantola), lungo una via che congiungeva l’area dove sorgeva il monastero di S. Andrea a porta Monticelli. Doveva trattarsi di un complesso piuttosto articolato (definito magna domus), un insieme di edifici destinati a usi diversi (vi erano anche botteghe e magazzini), raccolti attorno a uno o più cortili interni, dotati di più torri.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 1, 302-305, 317, 3392; Regesto mantovano. Le carte degli archivi Gonzaga e di Stato in Mantova e dei monasteri Mantovani soppressi (Archivio di Stato in Milano), I, a cura di P. Torelli, Roma 1914, nn. 151, 174-175, 241, 246, 276, 349, 362, 367-368, 370, 375-376, 381, 408, 421, 425, 443, 447, 449, 454, 462, 463, 473, 485, 494-495, 519, 529, 534-535, 539, 549, 561, 564, 566, 578, 590, 592-593, 597, 599, 605, 612, 633, 641-642, 648, 650-651, 662, 668, 670, 673, 675-676, 678-679, 681; Annales mantuani, in MGH, Scriptores, XVIIII, Stuttgart 1863, ad annum; L’archivio capitolare della cattedrale di Mantova fino alla caduta dei Bonacolsi, a cura di P. Torelli, Verona 1924, nn. XVIII, XLII, CCXVIII, CCCXLV; L’archivio del monastero di Sant’Andrea di Mantova fino alla caduta dei Bonacolsi, a cura di U. Nicolini, Mantova 1959, nn. CVIII, 1217, LII, XCI, XCII; Liber privilegiorum comunis Mantue, a cura di R. Navarrini, Mantova 1988, ad ind.; Mantova e l’episcopato mantovano nella prima metà del Duecento. Registro della Mensa vescovile di Mantova 1215-1233, a cura di G. Nosari, Reggiolo 2004, ad indicem.
P. Torelli, L’Archivio Gonzaga di Mantova, Ostiglia 1920, p. LXX; Id., Un comune cittadino in territorio ad economia agricola, II, Uomini e classi al potere, Mantova 1952, pp. 218-239; Mantova. La storia, I, Dalle origini a Gianfrancesco primo marchese, a cura di G. Coniglio, Mantova 1958, ad ind.; M. Vaini, Dal comune alla signoria. Mantova dal 1200 al 1328, Milano 1986, ad ind.; I. Lazzarini, Gerarchie sociali e spazi urbani a Mantova dal Comune alla Signoria gonzaghesca, Pisa 1994, ad ind.; M. Vaini, Ricerche gonzaghesche (1189 - inizi secolo XV), Firenze 1994, p. 6; I. Lazzarini, Fra un principe e altri stati. Relazioni di potere e forme di servizio a Mantova nell’età di Ludovico Gonzaga, Roma 1996, pp. 378 s.; G. Gardoni, «Pro fide et libertate Ecclesiae immolatus». Il vescovo Guidotto da Correggio vescovo di Mantova (1231-1235), in Il difficile mestiere di vescovo, Verona 2000, pp. 131-137; Id., Conflitti, vendette e aggregazioni familiari a Mantova, in Conflitti, paci e vendette nell’Italia comunale, a cura di A. Zorzi, Firenze 2009, pp. 43-104.