ZOPPO, Polo
Sono scarne le notizie sulla biografia di questo rimatore bolognese della seconda metà del Duecento, e dubbia in certa misura ne è anche l’identificazione documentaria. Tradizionalmente lo si riconosce nel figlio di Raineri Sigizelli di Castello dell’Albero, una località, da cui prese nome la casata, vicino all’attuale Castel San Pietro Terme sulla via Emilia. Il suo nome è attestato per la prima volta in un documento del 4 maggio 1268 («d[ominus] Paolus condam Rainerii de Castello de Alberis»), nel quale si registra la vendita di un suo immobile sito in Castello a Riccardino e Tommasino di Petrizolo (Memoriale d'Isnardo di Bongiovanni Pizolpili, riportato parzialmente in Fantuzzi, 1790, p. 308, n. 1 e integralmente in Frati, 1888, p. 129), gli stessi fratelli «quondam domini Petriçoli Armanini» da cui «Paolus quondam domini Raynerii Sigiçelli de Castello» avrebbe comprato un’abitazione, pure in Castello, nel 1271, secondo la testimonianza di un rogito del 3 settembre di quell’anno, in cui si certifica anche il trasferimento di un’altra sua casa al parente Guidone di Bonaparte di Castello (Memoriale di Nascimpace di Giovacchino Pegolotti, in Zaccagnini, 1913, p. 48). Un «Paulus de Alberis de Chastello», con ogni probabilità il figlio di Raineri Sigizelli, figura poi tra i testimoni di un documento del 2 ottobre 1270, un atto di locazione di un broilo con portici, sempre in Castello (ibid., p. 47, n. 4). L’11 agosto 1973, però, fu un «Paolo Zoppo di Castello» a risultare coinvolto, insieme con Riccardino e Tommasino Armannini, suoi procuratori, in una controversia col monastero bolognese di San Procolo, che lo vide accusato di «ingiurie, molestie e offese» a danno del monastero e persino della morte di un monaco che vi risiedeva (Memoriale di Nicolò di Rolando Benvignoni, edito parzialmente in Fantuzzi, 1790, p. 308, n. 1 e integralmente in Frati, 1888, p. 130). Ma si tratterà verosimilmente dello stesso Paolo (qui detto «Zoppo», come poi nei manoscritti), giusta la presenza dei fratelli Armannini, i quali con Paolo di Raineri Sigizelli di Castello dell’Albero avevano già stretto rapporti di compravendita immobiliare nel 1268 e nel 1271. Dopo questa data, nessun’altra traccia certa della vita di Polo è stata rinvenuta negli archivi (ma il Memoriale di Palamidesse di Michele Scallani, del 1296, informa di una sua sorella, «domina Berta quondam domini Raynerii de Castello»: Zaccagnini, 1913, p. 48). Un «Paulus de Castello», infine, appare in qualche altro documento, come per esempio alcuni registri militari compilati fra il 1274 e il 1295, in cui è annoverato fra i milites geremei (Antonelli, 2004, pp. 92 s.); ma non è sicuro che nella fattispecie ci si riferisca allo Zoppo: come notava già Guido Zaccagnini, che ne rinvenne il nome in un atto del 1278, nella Bologna del tempo viveva infatti un altro Paolo da Castello, chiamato più esattamente Paolo di Jacopo di Nicolò da Castello in altri documenti coevi (Zaccagnini, 1913, p. 48).
In ogni caso, è quasi certo che nel «Paolo Zoppo di Castello» del documento del 1273 (e probabilmente anche nel «Paolo [di Raineri Sigizelli] di Castello dell’Albero» dei memoriali precedenti) vada identificato l’antico poeta bolognese di cui si conservano nove sonetti e una canzone nei principali manoscritti delle Origini: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3793 (V); Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Redi 9 (L); Firenze, Biblioteca nazionale, Banco rari 217 (già Palatino 418: quindi P); Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Chig. L.VIII.305 (C); Firenze, Accademia della Crusca, 53 (B) e suoi descripti. Nelle rubriche attributive è chiamato ora «ser Poolo Zoppo da Bolongna» (V 297, c. 96r; «di Bolongna» al n. 693, c. 148r), ora «ser Polo Çopo» (L 387-389, c. 139r), ora «ser Polo da Bolognia» (L 394, c. 140r), ora «messer Polo di Castello» (L 400, c. 140v), ora «messer Polo di Lombardia» (ove «Lombardia» indica latamente l’Italia settentrionale; B 349, c. 142v), e non è da escludere del tutto che il predicato alluda specificamente alla professione notarile: secondo Fantuzzi (1790, p. 308), che verosimilmente sovrastima il titolo di «dominus», dal memoriale del 1268 si inferirebbe per l’appunto che fu notaio. Il nome di Polo compare anche in un trittico di componimenti polemici a suo indirizzo tràditi dal canzoniere Palatino (Leonardi, 2010, p. 7), al v. 4 della «frocta» di Ranieri de’ Samaritani («Messere Polo»: P 152, c. 74v) e nelle rubriche dei due sonetti seguenti: l’uno, pure di Ranieri, che risponde a una perduta ballata di Polo con incipit «Venuto è ’l tempo» (P 153, c. 74v) (e che per il guelfismo del Samaritani ha fatto addirittura ventilare il ghibellinismo dell’avversario: Zaccagnini, 1933, p. 148); l’altro, di Talano da Firenze, più genericamente «facto contra messer Polo di Castello» (P 154, c. 74v). Ancora come «messere» è ricordato dal primo dei due sonetti encomiastici inviatigli da un ignoto ser Manno, che ci fornisce anche l’indicazione del luogo di nascita, altrimenti sconosciuto: «Messer Paulo di Bologna nato / e di Castel chiamato da le genti» (il codice legge dalencietti) (Poi lo comune de la gente suona 9-10: C 353, c. 97r).
Pur se improntati di retorica celebrativa, i sonetti di Manno assicurano che Polo godette di una qualche reputazione nella Bologna del tempo, forse connessa non soltanto all’esercizio poetico, se alla richiesta del mittente «Udir vorrei de’ vostri intendimenti, / come vi piace, in prosa over per rima» (ibid., 13-14) anche Polo nel rispondere distingue: «poi mi vi dono en opere ed en rima» (enonpere nel manoscritto) (Se lode fra la gente di me suona: C 354, c. 97v). Di cortesia e saggezza è elogiato altresì da Pietro da Bologna in un sonetto giocato sull’interpretatio nominis, che alla tenzone con ser Manno tien dietro nello stesso codice (Per nome Paulo molto per fazone: C 357, c. 97v): Pietro vi rileva l’incongruenza delle qualità del corrispondente col nome Paolo, ravvicinato al latino paulum ‘poco’ (Giunta, 2002a, p. 189; segue nel manoscritto la risposta grata e modesta Maestro Pietro, lo vostro sermone: C 358, c. 98r). Come rimatore si lega al gruppo bolognese che precorre lo Stilnovo, anche se nel De vulgari eloquentia (I, XV, 6) non è menzionato fra i «doctores illustres» del capoluogo emiliano. Nel suo corpus lirico si avvertono qua e là movenze di qualche grazia (un paio d’immagini di scuola guinizzelliana lumeggiò già Guido Zaccagnini in I rimatori bolognesi, 1933, p. 33), ma nella sostanza i suoi versi partecipano del formalismo arcaizzante di tradizione siculo-toscana che mette capo a Guittone d’Arezzo, e semmai si lasciano accostare al Guinizzelli più guittoniano o a un Onesto degli Onesti. Indicativo in questo senso è il sonetto Ladro mi sembra Amore (L 388, c. 139r), libera traduzione di Tot l’an mi ten Amors de tal faisso del trovatore Perdigon (cfr. Matasci, 2012 e Ferrari, 2012). Picchi di formalismo guittoneggiante, ai limiti dell’obscuritas, tocca il sonetto A me dispiace, amico, tale vesta (V 692, c. 147v), diretto non per caso a un campione di certo virtuosismo verbale come Monte Andrea, che risiedette stabilmente a Bologna a cavallo degli anni Settanta e che dovette conoscere («amico» lo apostrofa Polo in risposta a Di svariato colore porto vesta e con Perfetto, amico, vostro consiglio tegno risponde a sua volta Andrea). Lo scambio (un partimen, in pratica) verte su una questione erotica già trobadorica: se l’amore vada manifestato, come ritiene il fiorentino, ovvero celato, come ritiene il bolognese, ma si atteggia piuttosto in una gara di artifici a oltranza. Una tenzone fittizia è apparsa invece quella fra i sonetti Davante voi, madonna, son venuto, di Onesto da Bologna (L 399, c. 140v), e Voi, che tanto inver me umiliate, di Polo (L 400, c. 140v), in cui «il primo poeta dà voce all’amante, il secondo all’amata» (Giunta, 2004, p. 242).
Ignote ci restano la data e le circostanze di morte.
Le rime dei poeti bolognesi del sec. XIII, raccolte ed ordinate da T. Casini, Bologna 1881, pp. 117-128; I rimatori bolognesi del secolo XIII, ed. critica a cura di G. Zaccagnini, Milano 1933, pp. 133-140; Monte Andrea da Fiorenza, Le rime, edizione critica a cura di F.F. Minetti, Firenze 1979, pp. 197-199; Concordanze della Lingua Poetica Italiana delle Origini (CLPIO), a cura di d'A. S. Avalle e con il concorso dell’Accademia della Crusca, I, Milano-Napoli 1992, pp. 215-217, 452 s., 508; Canzone e sonetti di P. Z. da Bologna, a cura di P. Trocchi, in Bibliomanie, XXXIII (2013), https://www.bibliomanie.it/public/uploads/2020/04/POLO-ZOPPO-nuovo.pdf (3 nov. 2020).
G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VIII, Bologna 1790, pp. 308 s.; L. Frati, Notizie biografiche di rimatori italiani dei secoli XIII e XIV, in Giornale storico della letteratura italiana, XI (1888), pp. 125-130: 129 s.; G. Zaccagnini, Per la storia letteraria del Duecento. Notizie biografiche ed appunti dagli archivi bolognesi, Milano 1913, pp. 47 s.; C. Giunta, Versi a un destinatario. Saggio sulla poesia italiana del Medioevo, Bologna 2002a, pp. 120-124, 186-191; Id., Due saggi sulla tenzone, Roma-Padova 2002b, pp. 54-58; Da Guido Guinizzelli a Dante. Nuove prospettive sulla lirica del Duecento, a cura di F. Brugnolo e G. Peron, Padova 2004 (in partic. A. Antonelli, Nuovi documenti sulla famiglia Guinizzelli, pp. 59-105; C. Giunta, Generi non letterari e poesia delle origini, pp. 239-255); L. Leonardi, Scheda per la preistoria del madrigale, in Letteratura e filologia fra Svizzera e Italia. Studi in onore di Guglielmo Gorni, a cura di M.A. Terzoli - A. Asor Rosa - G. Inglese, II, La tradizione letteraria dal Duecento al Settecento, Roma 2010, pp. 3-10; J. Matasci, P. Z. traduttore di Perdigon, in Cultura neolatina, LXXII (2012), 3-4, pp. 227-250; A. Ferrari, Da strofe di canzone provenzale a sonetto italiano: P. Z. e Perdigon, ibid., pp. 251-263.