POLMONITE (XXVII, p. 716)
La terapia delle polmoniti batteriche ha subìto una profonda evoluzione nell'ultimo decennio in relazione con la scoperta dei sulfamidici e degli antibiotici. (v. sulfamidici; penicillina; streptomicina, in questa App.). Nelle polmoniti pneumococciche i sulfamidopiridinici alla dose di 3-4 grammi al giorno e i sulfamidopirimidinici alla dose di 5-6 grammi hanno una efficacissima azione curativa. Nelle 48 ore successive all'inizio del trattamento si assiste di solito alla caduta critica della temperatura e al miglioramento dello stato generale. La penicillina ha le stesse indicazioni dei sulfamidici rispetto ai quali presenta il pregio di un'azione più rapida e di una minore tossicità. Deve essere somministrata alla dose di almeno 200.000 unità Oxford al giorno. Utile è l'associazione dei due farmaci. La streptomicina può usarsi nelle polmoniti causate da germi resistenti ai sulfamidici e alla penicillina; il tipo più comune è la polmonite da bacillo di Friedländer.
Polmonite atipica primitiva. - un'infiammazione acuta del polmone, ad eziologia ancora non determinata, recentemente individuata nel vasto gruppo delle polmoniti atipiche e distinta come un'entità clinica autonoma. L'agente eziologico della polmonite atipica primitiva è secondo ogni probabilità un virus filtrabile.
Recentissime ricerche hanno portato all'isolamento di virus diversi da malati di polmonite atipica primitiva, ma ancora non è possibile di esprimere un giudizio definitivo sul valore causale di questi virus. La malattia si manifesta dopo un periodo di incubazione di circa dieci giorni. L'inizio è graduale, senza brivido e dolore puntorio. Il quadro clinico della malattia è quello di una affezione febbrile di tipo influenzale, benigna, della durata di dieci-quindici giorni, con modesti sintomi a carico dell'apparato respiratorio: tosse secca stizzosa, con scarso espettorato mucoso, raramente ematico, e segni fisici di addensamento polmonare. Questi possono anche mancare completamente per tutta la durata della malattia. Quando sono presenti restano sempre di lieve entità, in guisa tale che esiste di solito una sorprendente sproporzione tra il reperto radiologico polmonare e quello clinico. L'esame radiografico, di fondamentale importanza ai fini diagnostici, dimostra la presenza di un'area di opacità tenue, marezzata, che interessa una parte di un lobo, di solito basilare, estendendosi dall'ilo verso la periferia del polmone. L'opacità può essere solcata da strie di atelectasia lamellare. La trama bronchiale è sempre assai marcata. Spesso vi è aumento dell'ombra ilare dallo stesso lato del processo pneumonico o anche dal lato opposto. Frequente è la compartecipazione pleurica alla infiammazione polmonare. In tutto il decorso della malattia lo stato generale si mantiene buono. La dispnea è eccezionale. La temperatura rimane elevata sui 39° C per 8-10 giorni, poi cade per lisi.
Nel sangue non vi è leucocitosi e la formula leucocitaria è indifferente. Importanza diagnostica ha la comparsa nel sangue di emoagglutinine capaci di agglutinare i globuli rossi di gruppo O a bassa temperatura. Questa reazione di emoagglutinazione a freddo non è però assolutamente specifica della malattia, né si riscontra presente in tutti i casi. La velocità di sedimentazione delle emazie risulta aumentata. La ricerca di germi patogeni nell'espettorato del paziente riesce del tutto negativa.
La diagnosi differenziale con la polmonite pneumococcica è abbastanza facile, mentre notevoli difficoltà presenta la differenziazione dalle altre forme di polmonite atipica e da processi polmonari di natura tubercolare. La prognosi è favorevole. Si assiste di solito alla seomparsa della febbre in dieci-quindici giorni e alla completa risoluzione del processo pneumonico in una ventina di giorni. La cura è esclusivamente sintomatica, poiché penicillina e sulfamidici sono del tutto inefficaci.