POLLINE (dal lat. pollen "fior di farina" o farina sottilissima di qualsiasi natura)
Con questo nome si indica la polvere tetenuissima che, a maturità, fuoresce dalle antere degli stami dei fiori delle Fanerogame (Angiosperme e Gimnosperme) e che viene trasportata in modo vario per mezzo del vento, degli animali o dell'acqua sugli organi femminili, al fine di operare la fecondazione (v. impollinazione).
Il polline è contenuto nei sacchi pollinici (o microsporoteci): ivi si trova dapprima un tessuto sporigeno (archisporio) costituito da cellule madri, dalle quali i granelli di polline si formano a quattro a quattro per duplice divisione, concomitante al processo della riduzione cromatica. Il granello di polline delle Fanerogame è quindi omologo alla microspora delle Pteridofite eterosporee. Durante la sua germinazione sull'ovulo o sul pistillo del fiore si forma nel suo interno un gametofito maschile molto ridotto che porta alla differenziazione dei gameti maschili o spermî, portati fin nei pressi del gametofito femminile e dell'oosfera dall'accrescimento di una particolare estroflessione della microspora germinante, che prende il nome di budello o tubetto pollinico (v. Embriologia: Embriologia vegetale).
I granelli di polline possono essere liberi e individualizzati (p. polverulento), oppure riuniti a gruppi di quattro come sono nati dalle cellule madri (p. coerente o tetradi): in tal caso possono essere disposti come agli angoli di un tetraedro (Ericacee, Epacridacee, Pirolacee, Giuneacee, ecc.), oppure su un medesimo piano (Apocynum, Periploca, Typha, ecc.). Quando i granelli provenienti da cellule madri diverse sono conglutinati in masse compatte, si hanno le cosiddette masse polliniche o pollinî, che possono essere costituiti da un minimo di otto-dodici granuli (Mimosacee) a un massimo di molte centinaia, di tutti quelli cioè contenuti in una loggia dell'antera, come accade nelle Asclepiadacee e nelle Orchidacee: in tal caso i pollinî presentano particolari differenziazioni (caudicolo, retinacolo) in rapporto alle modalità dell'impollinazione zoidiofila. Talvolta i granuli pollinici, senza essere conglutinati in masse compatte, fuorescono dall'antera collegati da filamenti vischiosi (viscina) che hanno l'apparenza di frange o di reti sfilaccicate (Oenotheraceae, Rhododendron).
La forma dei granuli pollinici è assai varia: sferica, poliedrica, allungata, vermiforme, con la superficie liscia o variamente scolpita, spesso ornata di punte, di pieghe o di verruche per agevolarne l'adesione al corpo degli insetti pronubi e allo stimma, o più di rado fornita di sacche aerifere per dare presa al vento (Pinus, Picea, Abies). Il colore è generalmente giallo, talora rossiccio, azzurrognolo, bruno o bianco. Le dimensioni variano da un minimo di μ 2,5 (Myosotis) a un massimo di μ 250 (Mirabilis).
La membrana consta di uno strato esterno, cutinizzato, inestensibile e impermeabile (esina) e di uno interno costituito di cellulosa ricca di sostanze pectiche (endina). All'atto della germogliazione il polline delle Gimnosperme si spoglia completamente del robusto involucro esterno che scoppia col rigonfiarsi del protoplasma; quello delle Angiosperme non perde invece l'esina, perchè essa è munita d'un numero, specificamente determinato, di punti germinativi ove è rimasta sottile, non cutinizzata, per dare passaggio prima all'acqua, necessaria al ritorno del protoplasma alla vita attiva, poi al budello pollinico, che deve trasportare gli spermî fino all'oosfera.
Il polline, specialmente quello delle piante anemofile e delle Graminacee in particolare, entra nella eziologia di forme morbose delle vie respiratorie: rinite o febbre da fieno (v. fieno, febbre da).
Da circa un ventennio è andato sempre più assumendo grande importanza lo studio dei pollini di piante forestali anemofile conservati allo stato fossile, grazie all'ambiente acido, nelle torbe e nei fanghi lacustri e palustri (analisi pollinica). I campioni di torba o di fango, prelevati a regolari intervalli a profondità successive per mezzo di trivellazioni eseguite con sonde appropriate, vengono trattati con metodi speciali che permettono il riconoscimento e il conteggio dei granuli pollinici delle specie forestali più diffuse e climaticamente più significative, quali Pinus (specie diverse), Picea, Abies, Corylus, Betula, Alnus, Quercus, Ulmus, Tilia, Fagus, Carpinus, Castanea, Salix, ecc. (figura 1). La composizione percentuale della flora pollinica fossile di ogni orizzonte fornisce il cosiddetto spettro pollinico, che dà idea della composizione della flora forestale che in una determinata epoca esisteva intorno al deposito. Le variazioni della composizione percentuale della flora pollinica lungo la verticale del deposito permettono di disegnare per mezzo di segni convenzionali (fig. 2) il diagramma o profilo pollinico, che esprime le variazioni avvenute nella composizione dei consorzî legnosi e quindi dà idea delle oscillazioni succedutesi nel clima della regione. L'analisi pollinica è diventata un importante mezzo d'indagine sussidiario della paleogeografia, della paleoclimatologia, della paleoetnologia, e della fitogeografia genetico-storica del Quaternario: col progredire delle ricerche si va particolarmente chiarendo la correlazione fra la storia climatico-forestale, i fenomeni geologici e la evoluzione delle civiltà umane compiutesi durante il periodo post-glaciale nei diversi paesi europei (figg. 3, 4).