POLITOLOGIA
Disciplina nata negli Stati Uniti (Political science) e recepita in Europa dopo la seconda guerra mondiale (Science politique, Politikwissenschaft); studia la politica con metodo scientifico. Dietro l'apparente semplicità della definizione in realtà si celano i problemi concernenti da un lato l'oggetto (che cosa è politica), dall'altro il metodo (che cosa è scientifico). Dal punto di vista dell'oggetto, la risposta su cosa è politica è stata diversa da periodo a periodo e può quindi servire a delineare una sorta di storia dell'analisi politica.
Politica è stata per i Greci l'analisi di quella specifica forma di convivenza organizzata definibile polis; e politica fu, per i Romani, l'analisi dell'attività orientata al perseguimento della res publica. In entrambi i casi, la politica aveva una sua autonomia. Persa quest'autonomia per un lunghissimo periodo di tempo, essa riappare soltanto, in maniera specifica e consapevole, con N. Machiavelli. Politica diventa, per il ''principe'', tutto quanto attiene alla conquista, al mantenimento e all'esercizio del potere. Tuttavia, non tutte le forme del potere sono politica (o politiche), permanendo ben visibili le manifestazioni del potere religioso, di quello militare e anche di quello economico. Sarà il processo di costruzione degli stati-nazione a produrre una concentrazione del potere e a consentire, almeno per quanto riguarda l'esperienza dell'Europa continentale, di definire politico il potere acquisito ed esercitato dallo stato (e a definire lo stato, secondo la concezione di M. Weber, come l'organismo che detiene il monopolio legittimo del potere politico).
Questa coincidenza fra stato e potere politico verrà messa in questione dall'estendersi del campo di studio della p. alle società senza stato, nelle quali però esistono detentori di potere politico. Alcuni autori, fra i quali in particolare D. Easton (1953), sottolineeranno l'inadeguatezza di una definizione che faccia leva su un organismo, come lo stato, che non esiste in gran parte del mondo non-occidentale, e che debba invece rinviare allo stato stesso per caratterizzare il potere come politico. La soluzione consisterà per lui nel proporre come oggetto caratteristico di analisi della p. il sistema politico in quanto sistema all'interno del quale si svolgono processi di ''assegnazione imperativa di valori''. Dunque, secondo Easton, è politica tutto quanto attiene alle modalità con le quali in un sistema politico vengono assegnati, attribuiti, distribuiti i valori, vale a dire le risorse e i beni pregiati, in maniera tale da essere accettati da una collettività organizzata. Un sistema politico può coincidere o no con uno stato e possono esistere numerosi sottosistemi politici (per es., singoli partiti, burocrazia, organizzazioni sindacali) nei quali vengono assegnati in maniera imperativa valori e risorse e vengono poste in essere sanzioni per l'inosservanza delle decisioni.
Definito, seppure in maniera controversa e tutt'altro che univoca, l'oggetto della politica, il passo successivo attiene al metodo. La p., infatti, mira a differenziarsi da altre discipline che studiano la politica, proprio sulla base del metodo utilizzato. In questo caso, la differenziazione non è fra discipline pre- o addirittura non-scientifiche e la scienza della politica, ma riguarda il metodo che è empirico, orientato a falsificare le sue teorie a confronto con i fatti. Non s'intende in nessun modo, da parte dei politologi più avvertiti, sminuire gli apporti per es. del diritto costituzionale allo studio delle forme di governo; della filosofia politica allo studio dei tipi di potere, dell'autorità e della legittimità; della sociologia politica all'analisi del comportamento politico, della partecipazione politica, dei partiti politici. S'intende, invece, procedere a una divisione soddisfacente del lavoro di ricerca e di teorizzazione. La p. si caratterizza, allora, sia per il fatto di assumere le variabili politiche (i processi di assegnazione imperativa dei valori) come indipendenti (e non invece dipendenti dalla ricerca di assetti migliori, come per la filosofia politica; dalle norme, come per il diritto costituzionale; da variabili sociali, come per la sociologia), sia per il fatto di utilizzare tutti gli apporti del metodo scientifico empirico quale esso si è venuto definendo e ridefinendo sulla scia della rivoluzione neo-positivista degli anni Venti. Più in particolare, infine, per il fatto che la p. fa ricorso costante, nella formulazione delle ipotesi, dei modelli e delle teorie, e nella loro verifica, al metodo comparato. Messi da parte alcuni ingenui tentativi d'imitazione delle scienze naturali e dei loro procedimenti, il metodo comparato, basato sulla conoscenza delle moderne tecniche d'indagine e di rilevazione dei dati, costituisce il fondamento della scientificità (o dell'aspirazione alla scientificità) della politologia.
Non esistono, peraltro, campi specifici nei quali la p. operi escludendo gli apporti delle altre discipline. Anzi, la maturità della p. è dimostrata proprio dalla sua disponibilità ad accettare quegli apporti e dalla sua capacità di utilizzarli significativamente. Tuttavia, esistono settori nei quali la p. opera da tempo e in maniera approfondita, settori nei quali, quindi, i risultati delle sue ricerche e delle sue teorizzazioni sono particolarmente numerosi e convincenti. I due settori più sviluppati, e nei quali gli apporti politologici sono non solo rilevanti ma assolutamente indispensabili, riguardano i sistemi elettorali, i partiti e i sistemi di partito. In subordine, si è venuta ampiamente arricchendo l'analisi politologica delle forme di governo e, più specificamente, dei Parlamenti e degli esecutivi e dei loro rapporti.
In entrambi i settori, l'analisi politologica ha studiato i vari tipi di sistemi elettorali, di partiti e di sistemi di partito, e ha formulato ipotesi relative alla loro influenza sul comportamento elettorale, sulla natura del sistema partitico, sulla dinamica dei sistemi di partito e sulla formazione delle coalizioni di governo, per approdare a teorie a medio raggio che suggeriscono, in maniera anche operativa, quali sono le conseguenze dell'adozione di un sistema elettorale piuttosto che di un altro, e della persistenza di un sistema partitico piuttosto che di un altro. Naturalmente, queste conseguenze vengono analizzate sia sul versante dei rapporti fra cittadini e forma di governo che sul versante della produzione di decisioni (''assegnazione imperativa dei valori'') a opera delle coalizioni di governo.
Rispetto alle altre discipline che si occupano dello studio della politica, infatti, la p. è stata maggiormente orientata a un intervento operativo, almeno in alcuni suoi settori specifici. Inevitabilmente, lo studio della politica implica una predisposizione operativa, a partire quantomeno da Machiavelli (se non addirittura da Aristotele). Ma la p. contemporanea intende offrire, grazie al settore specifico della public policy, dello studio cioè delle politiche pubbliche, strumenti adeguati per efficaci interventi sul campo. La distinzione fra scienza pura e scienza applicata, comunque difficile da mantenere nell'ambito delle scienze sociali, è particolarmente ardua, se non addirittura impossibile per la politologia. Nei suoi cultori più avvertiti, si è dunque diffusa la consapevolezza che gli interventi operativi della p. avranno tanto maggiore successo quanto migliore sarà stata l'attività di teorizzazione e che questa precede, temporalmente e logicamente, qualsiasi intervento. Ed è altresì ampio il convincimento che, se la politica può, e deve, essere studiata con metodo scientifico, il suo esercizio può, e deve, essere improntato anche ad altri criteri.
Bibl.: D. Easton, The political system, New York 1953 (trad. it., Il sistema politico, Milano 1963); Handbook of political science, a cura di F.I. Greenstein e N.W. Polsby, 8 voll., Reading (Mass.) 1975; G. Sartori, La politica. Logica e metodo in scienze sociali, Milano 1979; Dizionario di politica, a cura di N. Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino, Torino 1983; Metodo scientifico e ricerca politica, a cura di D. Fisichella, Roma 1985; Traité de science politique, a cura di M. Grawitz e J. Leca, 4 voll., Parigi 1985; Manuale di scienza della politica, a cura di G. Pasquino, Bologna 1986; G. Sartori, Elementi di teoria politica, ivi 1987; D. Fisichella, Lineamenti di scienza politica. Concetti, problemi, teorie, Roma 1988.