Polissena
Figlia di Priamo, re di Troia, e di Ecuba. Non ricordata nell'Iliade, è, nell'epopea posteriore, messa in rapporto con Achille, che si sarebbe innamorato di lei vedendola fuggire dalla fonte dove Troilo, da lui sorpreso e ucciso, abbeverava il suo cavallo.
Tarda è la tradizione che la vuole al seguito di Andromaca e di Priamo per il riscatto del cadavere di Ettore: Achille, insensibile dinanzi alle preghiere del padre e della vedova, si sarebbe piegato solo dinanzi all'offerta di P., di restare presso di lui come sua schiava. In questa tradizione s'innesta l'altra di Achille innamorato che, per ottenere in sposa P., promette a Priamo o di abbandonare i Greci e tornare in patria o di tradirli e passare dalla parte dei Troiani. Ma Achille, penetrato inerme nel tempio di Apollo Timbreo, fu ucciso a tradimento colpito nel tallone da una freccia di Paride, nascosto dietro la statua del dio (v. ACHILLE). Secondo i Canti Cipri P. fu ferita da Ulisse e Diomede durante la presa di Troia e, morta, fu sepolta da Neottolemo. Infine, una tradizione più tarda, ma più diffusa, attesta che, mentre i Greci ritornavano in patria dopo la distruzione di Troia recando tra i prigionieri Ecuba e P., apparve presso la costa della Tracia l'ombra di Achille che chiedeva il sacrificio di P. (che in un certo senso richiama quello di Ifigenia compiuto da Agamennone): ella, sottratta alla madre, fu sacrificata da Neottolemo.
D. ricorda P. in If XXX 17, nel secondo dei due quadri mitologici derivati dalle Metamorfosi di Ovidio (IV 512-562, Atamante, e XIII 496 ss. e 545-575, Ecuba), dove il pazzo furore dei due soggetti serve di confronto con la scena che si presenta improvvisamente ai suoi occhi. Condensando in pochi versi i due lunghissimi episodi ovidiani, di cui riecheggia significativamente XIII 404-406, 569 e 571(" Priameia coniunx / perdidit infelix hominis post omnia formam / externasque novo latratu terruit auras... latravit, conata loqui... ululavit maesta per agros "; cfr. Sen. Agam. 725 " circa ruinas rabida latravit suas ") egli scrive che Ecuba trista, misera e cattiva, / poscia che vide Polissena morta, / e del suo Polidoro in su la riva / del mar si fu la dolorosa accorta, / forsennata latrò sì come cane; / tanto il dolor le fé la mente torta (If XXX 17).
Un'allusione a P. è in If V 65-66 (e vedi 'l grande Achille, / che con amore al fine combatteo). Sulla valutazione della figura di Achille, condannato da D. tra i lussuriosi, influì certamente il fatto che nelle redazioni medievali della leggenda di Troia il folle amore di Achille per P. diventava, per la deformazione cavalleresca e cortese dei miti epici classici, l'elemento caratterizzante della figura dell'eroe greco.
Il Torraca osserva che la figura di P. fu cara al Medioevo. L'amore di Achille per P. ricorre assai spesso negli scritti medievali: da Darete (XXVII, XXXIV) trasse lo spunto Benoit di SanteMore, che ne trattò nel suo Roman de Troie, tradotto da Binduccio dello Scelto, contemporaneo di D., da cui il Torraca riporta il seguente passo, assai significativo: " Amore gli ha mostrato [ad Achille] suo sforzo e suo potere, verso cui nullo si può difendere... Elli si compiange e dice: - Ahi lasso! Che forte disavventura m'è avenuta, ch'io perdo tutto mio pregio per amore? - S'io fui mai savio, or so' fuore di mio senno... Non fu, né die essere mai uomo che più follemente ami di me ".
Bibl. - G. Margiotta, Il canto XXX dell'Inferno, in Nuove lett. III 83 ss. (con bibliografia).