POLISSENA GIOVANNA CRISTINA d'Assia-Rheinfels, regina di Sardegna
POLISSENA GIOVANNA CRISTINA d’Assia-Rheinfels, regina di Sardegna. – Nacque a Lagenschwalbach il 21 settembre 1706, figlia del landgravio Ernesto Leopoldo di Assia Rotenburg e di Eleonora Maria di Löwenstein-Wertheim-Rochefort, secondogenita della coppia, che ebbe dieci figli.
Durante l’infanzia fu istruita in famiglia dalla madre e dalla zia Maddalena Elisabetta di Nassau, ma al compimento dei quindici anni fu inviata con una cugina presso l’abbazia di Thorn, nel Limburgo, «per completare l’educazione religiosa e per imparare il francese» (Pozzati, 2012, p. 33).
Fu in quel luogo che la ragazza, vivace di carattere, golosa di caffé e di cioccolata, fu notata dagli emissari sabaudi inviati da Vittorio Amedeo II negli spazi tedeschi in cerca di una nuova sposa per il figlio Carlo Emanuele, rimasto vedovo di Anna Cristina Luisa di Baviera Sulzbach dopo meno di un anno di matrimonio.
Le reti diplomatiche fra Stato sabaudo e Impero stavano vivendo una stagione di forte consolidamento, con una marcata insistenza politica e ideologica, da parte della Casa di Savoia, dello strumento del vicariato imperiale e delle sue origini sassoni quali motivi fondanti la sua autorità territoriale. Per questo, pur avendo vagliato altre possibilità italiane (modenesi) ed europee (portoghesi, per esempio), i ministri del sovrano posero l’accento su Polissena e su Elisabetta di Lorena quali candidate migliori per il principe di Piemonte. Le ragioni per cui Carlo Emanuele preferì la prima paiono ispirate, a giudicare dalle relazioni preliminari, sia alla parentela della principessa con la defunta moglie e madre del piccolo Vittorio Amedeo sia alle sue qualità e alla sua bellezza, elogiate dal barone di Schulenburg e dal genealogista Johann Hubner (Archivio di Stato di Torino, Corte, Matrimoni, m. 40, f. 3).
Le trattative per le nozze furono dunque avviate nell’aprile del 1724 a Francoforte dal generale Gian Giacomo Fontana di Vasco e dal marchese Filippo Tana d’Entracque, fedelissimi del re, i quali negoziarono una dote superiore alle 500.000 lire e si occuparono della necessaria dispensa papale – gli sposi erano divenuti cugini proprio per via di Anna Cristina – fissando il contratto il 22 luglio dello stesso anno e sottoscrivendo il matrimonio per procura il giorno successivo (m. 40, f. 10). Polissena partì per Torino il 25 luglio insieme con la sorella Filippina, i due dignitari e il barone Carlo Sigismondo Leutrum, noto colonnello al servizio dei Savoia. Giunti in Svizzera seguendo il corso del Reno (m. 40, f. 12), si fermarono nei pressi del lago di Ginevra, in mezzo al quale – «su un pontile realizzato appositamente per l’occasione» (Pozzati, 2012, p. 37) e con una scelta simbolica e sottile che rimandava alle antiche pretese sabaude sulla città elvetica – fu celebrata l’unione tra i due principi. Poi, congedatosi da Filippina che fece ingresso ad Annecy nel monastero della Visitazione, il corteo nuziale proseguì passando per l’antica capitale Chambéry, per Montmélian, Saint-Jeanne de Maurienne e Modane, con ingresso a Rivoli il 17 settembre.
Il 15 settembre terminava, per il re, per la corte e per Torino, il lutto di sei mesi successivo alla morte della reggente Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, per cui fu possibile allestire gli apparati celebrativi per i festeggiamenti, suggellati dal poema Dell’Italia consolata del primo cavallerizzo di corte Niccolò Maria Fava.
Secondo gli usi di corte – nel caso sabaudo peraltro a lungo plasmati dal modello spagnolo, che gli studi sull’infanta Catalina Micaela riportano all’attenzione – Polissena fu dotata di una sua casa composta da otto dame di camera, cinque gentiluomini, un confessore e quattordici servitrici per un costo complessivo stimato, nell’anno della sua morte, di circa 33.000 lire annue (Archivio di Stato di Torino, Corte, Real Casa, Cariche di corte, m. I di Addizione, f. 7).
Da subito affezionata allo sposo e di buona costituzione fisica, Polissena diede alla luce sette figli: un bimbo nato morto nel 1725; il futuro re Vittorio Amedeo III, nato il 26 giugno 1726 (il figlio di Carlo Emanuele e Anna di Baviera era morto l’11 agosto 1725); Eleonora Maria (1728); Maria Ludovica (1729); Maria Felicita (1730); Emanuele Filiberto duca d’Aosta (1731-35) e Carlo Francesco Romualdo, duca del Chiablese, nato e morto nel 1733. Le gravidanze e i parti della regina furono tutti alquanto faticosi e a tali esperienze è stata ricondotta la fondazione della Compagnia delle puerpere da lei promossa nel 1732. L’istituzione, d’altro canto, rientrava nella «più vasta pianificazione sabauda di assistenza ospedaliera agli strati più bassi della popolazione in un’ottica di progresso ma anche di maggior controllo sociale da parte dello stato» (Pozzati, 2012, p. 84), come pure in una tradizione di patronage al femminile che da Catalina Micaela a Cristina di Borbone e da questa a Maria Giovanna Battista aveva contraddistinto i rapporti tra corte e città.
La corrispondenza privata della regina dà conto anche del suo ruolo, ancorché piuttosto discreto e dietro le quinte, nel momento cruciale e terribile dell’abdicazione di Vittorio Amedeo II, del suo ripensamento e del suo arresto. Se Cognasso (1971) la accusa di peccare di leggerezza quando, un mese dopo l’arresto dell’ex sovrano e della marchesa di Spigno Anna Carlotta Canalis di Cumiana, scrisse alla zia Maddalena Elisabetta di Nassau che «tutto è tranquillo e noi stiamo qua anche allegri», lo stesso autore sostiene che fu proprio la regina, probabilmente influenzata dal primo ministro Carlo Francesco Vincenzo Ferrero d’Ormea, a impedire al marito di rivedere il padre un’ultima volta (Cognasso, 1971, 1999, pp. 459 s.). Di certo Polissena, in intimo accordo con Carlo Emanuele, che amava e rispettava profondamente, fu testimone partecipe delle vicende che condussero al ritiro di Vittorio Amedeo – «me l’aspettavo già da qualche mese, quindi non sono poi così tanto sorpresa» confidò alla Nassau in una densa lettera dell’8 settembre 1730 (Kaufmann, 1871, p. 12) – e giudice piuttosto implacabile delle sorti della Canalis di Spigno, che era stata, peraltro, sua dama d’atour.
Esce invece ridimensionato dalle ultime ricerche in campo storico-artistico il ruolo di committente o di destinataria di importanti migliorie del Palazzo reale di Torino, che tradizionalmente è stato attribuito a Polissena: risulta ormai dubbia la datazione al 1732 proposta per i nuovi allestimenti del secondo piano della reggia (anche se per lei fu realizzato da Luigi Prinotto e Pietro Piffetti un magnifico pregadio a tarsia lignea), mentre appare più plausibile che gli interventi di Filippo Juvarra vadano anticipati di circa dieci anni, ricadendo al tempo della prima moglie di Carlo Emanuele. Nella ritrattistica di corte, tuttavia, Polissena è testimoniata da almeno un’opera di qualità, ovvero il ritratto realizzato nel 1728 da Martin von Meytens; allo stesso artista svedese è attribuita la bella tela di Stupinigi raffigurante la regina con due dei figli (Facchin, 2012).
Polissena d’Assia morì a Torino nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 1735, non di parto, come talora è stato asserito, bensì per i postumi di una lunga malattia non identificata.
La notizia raggiunse Carlo Emanuele III, assente da Torino, grazie a una lettera del governatore di Mondovì, conte Filippo San Nazaro di Giarole, datata 13 gennaio (Ricuperati, 1994, p. 451) e lo addolorò profondamente – Ormea lo definì «inconsolable» (Archivio di Stato di Torino, Lettere inviati sardi, 14 gennaio) – dato il forte vincolo amoroso che lo aveva unito a lei. Anche Polissena, nelle lettere a lui indirizzate durante le campagne militari della guerra di successione polacca, cui il re partecipò a capo dell’esercito sabaudo alleato con la Francia, aveva espresso a più riprese affetto, dolcezza e nostalgia inducendolo persino con una missiva disperata a rientrare a Torino durante l’assedio di Parma per un estremo saluto (Corte, Lettere duchi e sovrani, m. 78, 17 dicembre 1734). Le esequie si svolsero sia a Torino sia a Milano, che era stata conquistata dal re di Sardegna il 10 dicembre 1733 ed era allora formalmente sabauda.
Polissena fu la consorte che assicurò a Carlo Emanuele III la discendenza per il Regno di Sardegna (il sovrano avrebbe comunque avuto altri due figli maschi dalla terza moglie, Elisabetta di Lorena).
Fu pure colei che, come mostra la recente, utile biografia di Simonetta Pozzati, permise di rafforzare l’amicizia dello Stato con l’area tedesca, grazie anche ai legami che perdurarono tra i Savoia e la sua famiglia d’origine: la sorella Filippina aveva sposato il cugino Cristiano di Sulzbach sotto il patrocinio congiunto di Vittorio Amedeo II e di Carlo Emanuele; la sorella minore, Cristina, sposò il 4 maggio 1740 il principe di Carignano Luigi Vittorio (1721-1778); il fratello Costantino, infine, fu educato a Torino e tenuto perfino in considerazione per un cardinalato (Cozzo, 2003, p. 312), per poi essere avviato a una brillante carriera militare in Russia e in Austria con il sostegno di una pensione sabauda.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie politiche per rapporto all’interno, Lettere diverse della Real Casa, Lettere duchi e sovrani, m. 76 , 77, 78; ibid., Lettere agli inviati sardi, m. 11 (non inventariato), regg. 1734-1735 (corrispondenza Ferrero d’Ormea - Solaro del Borgo); ibid., Corti d’Alemagna, m. 1; Matrimoni Real Casa di Savoia, m. 39, 40; ibid., Cerimoniale, Funerali, m. I di Addizione, 2, 3; ibid., Cerimoniale, Cariche di corte, m. I di Addizione, f. 7; Camera dei conti, Piemonte, Real Casa, Art. 217-Conti approvati, anni 1724-36; ibid., Stato degl’uffiziali e serventi della Casa Reale e de’ loro stipendi, anno 1736.
N.M. Fava, Dell’Italia consolata. Libro terzo per le augustissime nozze delle Reali Altezze di Carlo Emanuele principe di Piemonte e di Polissena Cristina Giovanna, principessa d’Hassia Rheinfelds Rotenburg, Bologna 1724; D. Carutti, Storia del regno di Carlo Emanuele III, I, Torino 1859, passim; L.A. Blondel, Memorie aneddotiche sulla corte di Sardegna del conte di Blondel, ministro di Francia a Torino sotto i re Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III, a cura di V. Promis, in Miscellanea di storia italiana, XIII (1871), pp. 459-693; A. Kaufmann, Die Königin Polyxene von Sardinien, eine Deutsche Fürstentocher, in Forschungen zur deutschen Geschichte, XI (1871), pp. 3-12; F. Cognasso, I Savoia, Milano 1971, 1999, ad ind.; G. Ricuperati, Il Settecento, in P. Merlin et al., Il Piemonte sabaudo. Stato e territori in età moderna, Torino 1994, pp. 447, 451, 479, 566; P. Bianchi, ‘Baron Litron’ e gli altri. Militari stranieri nel Piemonte del Settecento, Torino 1998, ad ind.; P. Cozzo, Una porpora «a lustro della Real corona». Carlo Vincenzo Maria Ferrero (1682-1742) primo cardinale di corona della monarchia sabauda, in Nobiltà e Stato in Piemonte. I Ferrero d’Ormea, a cura di A. Merlotti, Torino 2003, p. 312; B.A. Raviola, «Le tout-puissant». Carlo Francesco Vincenzo Ferrero d’Ormea nella corrispondenza degli ambasciatori francesi, ibid., p. 267; C. Storrs, Ormea as foreign minister, 1732-45: the Savoyard State between England and Spain, in Nobiltà e Stato in Piemonte…, cit., pp. 241; S. Pozzati, «À la plus belle». Polissena d’Assia, regina di Sardegna, Torino 2012; L. Facchin, Rappresentazione e celebrazione di una regina di Sardegna: Polissena d’Assia, postfazione a Pozzati, 2012, cit., pp. 101-132; Stato sabaudo e Sacro Romano Impero, a cura di M. Bellabarba - A. Merlotti, Bologna 2014, passim.