POLIGONO (gr. πολύγωνον; ted. anche Vieleck)
1. Termine geometrico. Indicato con n un qualsiasi intero assoluto maggiore di 2, si prendano nel piano n punti A, B, C, ..., H, K, tali che non ve ne siano tre consecutivi allineati e che, quando si congiungano a due a due nell'ordine scritto (il primo col secondo, il secondo col terzo, ..., l'ultimo col primo), ciascuna delle rette così ottenute lasci tutti da una stessa parte gli n-2 punti, che non giacciono su essa. Sotto queste ipotesi, gli n segmenti AB, BC, CD, ..., HK, KA, sono tali che due quali si vogliano di essi, che non siano consecutivi, non possono segarsi a vicenda; e, nel loro insieme, costituiscono una linea chiusa, che divide il piano in due regioni, di cui una è finita (cioè rinchiudibile entro un cerchio di raggio conveniente), l'altra infinita (fig. 1). Si dice poligono ABC... HK la prima di queste due regioni (compreso il contorno). Se il poligono si vuole definire in modo più soddisfacente dal punto di vista logico, bisogna osservare che gli n semipiani limitati dalle singole rette AB, BC, CD, ..., HK, KA e contenenti ciascuno gli altri n-2 punti, sono tali, che ogni punto comune a n-1 di essi appartiene anche all'nmo. Dopo ciò il poligono si può definire come la figura costituita dai punti comuni a codesti n semipiani.
Talvolta col nome di poligono si designa la linea chiusa costituita dagli n segmenti AB, BC, CD, ..., HK, KA; e in tal caso la regione piana da essa limitata si chiama superficie del poligono.
In ogni caso vertici del poligono sono gli n punti A, B, C, ..., H, K; lati gli n segmenti AB, BC, CD, ..., HK, KA; e la somma di questi lati si dice perimetro. Infine gli n angoli (convessi, cioè minori di due retti) ABC, BCD, ..., HKA, KAB, comuni ciascuno a due consecutivi fra gli n semipiani poc'anzi considerati, si chiamano angoli (interni) del poligono, mentre si dicono esterni i 2n angoli ad essi rispettivamente adiacenti, qual è, ad es., nella fig. 1, l'angolo CBL. A ciascun angolo interno corrispondono due angoli esterni, fra loro uguali, uno da una parte e l'altro dall'altra. Ogni poligono a 3 vertici si dice triangolo; e quelli a 4 lati, o 5, o 6, o 7, ecc., si dicono, rispettivamente, quadrangoli, pentagoni, esagoni, ettagoni, ecc.
Nei poligoni, che non siano triangoli, i segmenti congiungenti due vertici non consecutivi si dicono diagonali, e nel poligono a n lati (per n > 3) sono in numero di n (n − 3)/2. Le n − 3 diagonali, che in un poligono ad n lati escono da un medesimo vertice, lo dividono in n − 2 triangoli.
Sussistono per ogni poligono le seguenti proprietà: la somma degli angoli di un poligono a n lati è uguale a 2 (n − 2) angoli retti, mentre la somma di n angoli esterni da una stessa parte (cioè presi uno solo per ciascun vertice) è in ogni caso eguale a 4 retti.
La parola "poligono" si trova già in Aristotele, mentre Euclide nei suoi Elementi usa di regola la denominazione generica di "figura rettilinea". Per la somma degli angoli d'un poligono - che già Proclo (sec.V a. C.) aveva insegnato a calcolare per via ricorrente, dai triangoli ai quadrangoli, da questi ai pentagoni, e così via - sembra che l'espressione generale sia stata data la prima volta da Regiomontano (1436-1476), il quale enunciò anche il teorema sulla somma degli angoli esterni. Ma di questo vi è già cenno in Aristotele; e del resto si tratta d'una proprietà pressoché evidente, come si riconosce, riflettendo che chi percorra per intero il contorno d'un poligono, fino a tornare al suo punto di partenza, si trova ad avere compiuto su sé stesso un giro intero (di 4 angoli retti).
2. Il concetto di poligono si può generalizzare, rinunciando a qualcuna delle condizioni imposte dalla definizione data poc'anzi. Se si ammette che la retta di qualche lato non lasci tutti da una stessa parte i vertici, che non giacciono su essa, ma si tiene ferma la condizione che le coppie di lati non consecutivi non si seghino a vicenda, si è condotti (fig. 2) a poligoni, che, a differenza di quelli considerati dianzi, hanno almeno un angolo concavo (cioè maggiore di due retti), e perciò si dicono essi stessi concavi (ted. anche Vielecke mit einspringenden Winkeln), mentre, per contrapposto, i poligoni definiti al n. 1 (aventi tutti gli angoli convessi) si dicono appunto convessi. Un poligono concavo si può sempre decomporre, per mezzo di diagonali opportunamente scelte, in poligoni convessi (fig. 2).
Se poi, considerando il poligono non più come regione piana, bensì come semplice linea chiusa, si ammette che qualche lato possa segarne altri non consecutivi (fig. 3), si perviene ai cosiddetti poligoni intrecciati (ted. überschlagene); e, per contrapposto, i poligoni convessi e concavi (pensati come linee) si dicono, nel loro insieme, sciolti.
Va rilevato, infine, che, quando dalla geometria elementare (o metrica) si passa alla geometria proiettiva (v. geometria, nn. 23-29), i poligoni si considerano sotto il loro aspetto più generale. Più precisamente si distinguono i poligoni, definiti da un certo numero n di punti, cui s'impone la sola condizione che non comprendano nessuna terna di punti allineati, dai polilateri, definiti da n rette, assoggettate all'unica condizione che non comprendano alcuna terna di rette passanti per uno stesso punto; e nel primo caso si dice poligono di n vertici (o n-gono) completo la figura costituita dagli n punti (vertici) e dalle p (n − 1)/2 rette (lati), che li congiungono a due a due; nel secondo caso si dice polilatero a n lati (o n-latero) completo la figura costituita dalle n rette (lati) e dagli n (n − 1)/2 punti (vertici), in cui esse si segano a due a due. Così (fig. 4) un quadrangolo completo ha 4 vertici e 6 lati (tre per ogni vertice), un quadrilatero completo ha 4 lati e 6 vertici (tre su ogni lato). Il polilatero completo a n lati è la figura duale del poligono completo a n vertici (v. dualità).
Poligoni concavi furono considerati fino dall'antichità: tale è il così detto gnomone (Elementi, I, prop. 43), cioè l'esagono, che da un parallelogrammo si ottiene togliendo un parallelogrammo interno, avente comuni col dato un angolo e la corrispondente retta diagonale (fig. 5); e, secondo Proclo, Zenodoro nella sua teoria degli isoperimetri (circa 180 a. C.) chiamava κοιλογῶνιον ("ad angolo vuoto") il quadrangolo concavo.
La classificazione dei quadrangoli in convessi, concavi e intrecciati (croisés) si trova in S. Stevin (1608). Il nome di quadrilatero completo risale a L.-N.-M. Carnot (1803); e la netta distinzione fra quadrangolo e quadrilatero completi è dovuta a J. Steiner (1832).
3. Due poligoni sciolti si possono confrontare fra loro sotto diversi aspetti; e qui ci si può limitare a considerare poligoni convessi, giacché, come si è detto, ogni poligono concavo è decomponibile in parti convesse.
Se due poligoni (convessi) sono sovrapponibili, hanno, simultaneamente, uguale forma e uguale estensione. Essi in tal caso si dicono congruenti o anche, semplicemente, uguali. Due poligoni uguali hanno lo stesso numero di vertici e ordinatamente uguali i lati e gli angoli compresi fra lati uguali. Viceversa se due poligoni (convessi) hanno lo stesso numero di vertici e ordinatamente uguali i lati e gli angoli compresi fra lati uguali, sono essi stessi uguali. Anzi queste uguaglianze di lati ed angoli sono sovrabbondanti, in quanto alcune di esse sono conseguenze delle rimanenti, e sussistono, ad es., i seguenti criterî di uguaglianza dei poligoni: due poligoni (convessi) di uguale numero di lati sono uguali, se hanno ordinatamente uguali i lati e gli angoli compresi fra lati uguali, a prescindere dai seguenti elementi, su cui non occorre fare nessuna ipotesi: due angoli consecutivi e il lato ad essi comune, oppure due lati consecutivi e l'angolo da essi compreso, oppure tre angoli consecutivi.
Ma due poligoni si possono confrontare anche soltanto rispetto all'estensione, prescindendo dalla forma. Due poligoni aventi estensioni uguali si dicono, qualunque sia la rispettiva forma, equivalenti. Ove questa relazione di equivalenza fra poligoni si caratterizzi con un conveniente sistema di postulati, si può dimostrare che due poligoni equivalenti si possono sempre dividere nello stesso numero di parti poligonali tali, che le parti dell'uno siano uguali rispettivamente a quelle dell'altro, considerate in un ordine opportuno. In altre parole, due poligoni equivalenti si possono sempre considerare ottenuti, riunendo in ordine diverso un medesimo insieme di poligoni. Perciò si può addirittura assumere come definizione dell'equivalenza di due poligoni la loro decomponibilità in parti rispettimmente uguali (a prescindere dall'ordine in cui, nei due poligoni, queste parti si trovano poste le une accanto alle altre). La teoria dell'equivalenza permette di costruire per ogni poligono un rettangolo equivalente; onde poi, in base alla determinazione diretta dell'area del rettangolo, si perviene a determinare anche l'area del poligono.
Infine due poligoni si possono confrontare fra loro per quel che riguarda la forma, a prescindere dall'estensione. Due poligoni, aventi la stessa forma (ma non necessariamente la stessa estensione), talché l'uno si possa riguardare come la copia, ingrandita o impiccolita, dell'altro, si dicono simili. Più precisamente si dicono simili due poligoni di uguale numero di lati, che abbiano ordinatamente uguali gli angoli e proporzionali i lati, che comprendono angoli uguali. E anche queste condizioni di uguaglianza fra angoli e di proporzionalità fra lati sono sovrabbondanti, giacché valgono, ad es., i seguenti criterî di similitudine fra poligoni: due poligoni di uguale numero di lati sono simili, se hanno ordinatamente uguali gli angoli e proporzionali i lati, che comprendono angoli uguali, a prescindere dai seguenti elementi, su cui non occorre fare alcuna ipotesi: due angoli consecutivi e il lato ad essi comune, oppure due lati consecutivi e l'angolo da essi compreso, oppure tre angoli consecutivi. In due poligoni simili i perimetri stanno fra loro come due lati corrispondenti quali si vogliano, e le superficie come i quadrati di due tali lati.
4. Fra i poligoni convessi sono particolarmente interessanti quelli regolari (ted. regelmässige), cioè i poligoni (convessi), aventi uguali tutti i lati e tutti gli angoli, la cui prima considerazione si fa risalire ai Pitagorici. Ad ogni poligono regolare si può circoscrivere e iscrivere una circonferenza; e queste due circonferenze hanno il medesimo centro, che si dice centro del poligono regolare. Il raggio della circonferenza circoscritta si chiama raggio del poligono, mentre si dice apotema di questo il raggio della circonferenza iscritta. Ciascun angolo d'un poligono regolare di n lati vale 2 (n − 2)/n d'un angolo retto; e il poligono è equivalente a un triangolo, avente per base il perimetro del poligono e per altezza il rispettivo apotema, talché l'area del poligono risulta uguale alla metà del prodotto delle lunghezze del perimetro e dell'apotema.
In forza della iscrittibilità d'ogni poligono regolare in una circonferenza, il problema della costruzione del poligono regolare di n lati, avente un dato raggio r, equivale a quello della divisione della circonferenza di raggio r in n parti uguali. Negli Elementi di Euclide si trovano le costruzioni (eseguibili con la riga e il compasso) dei poligoni regolari di 3, 4, 5 lati, onde poi risultano costruibili, con successive bisezioni degli angoli al centro corrispondenti ai singoli lati, tutti i poligoni regolari, il cui numero di vertici è dato da 3.2m, 2m, 5.2m, qualunque sia l'intero m. Se r è il raggio, i lati del triangolo equilatero, del quadrato, del pentagono, dell'esagono e del decagono regolari sono dati rispettivamente da:
e va rilevato che il lato l6 dell'esagono regolare è uguale al raggio; il lato l5 del pentagono regolare è uguale al segmento, che ammette come sezione aurea (v. sezione) il raggio, mentre il lato l10 del decagono regolare è la sezione aurea del raggio; e si ha l52 = l62 + l102, cioè il lato del pentagono regolare è l'ipotenusa di un triangolo rettangolo, avente per cateti i lati l6, l10 dell'esagono e del decagono regolari (Elementi, XIII, prop. 10).
Ma non tutti i poligoni regolari sono costruibili col solo uso della riga e del compasso; C. F. Gauss ha dimostrato che tali sono esclusivamente quelli, il cui numero n di lati sia decomponibile nel prodotto di potenze del 2 e di fattori primi della forma 2p + 1 (v. cerchio), nei quali si riconosce che l'esponente p è necessariamente una potenza del 2. Ora i soli numeri primi di questa forma, che sino ad oggi si conoscano, sono il 3, il 5, il 17, il 257, il 65537 (corrispondenti, rispettivamente, a p = 1, 2, 4, 8, 16); né ancora si sa se effettivamente esistano altri numeri primi della forma indicata. Il più semplice dei poligoni regolari non costruibili con la riga e il compasso è l'ettagono.
5. Lo studio dei poligoni regolari deve soprattutto il suo interesse (ormai piuttosto storico e didattico che effettivo) alla parte che essi hanno avuto nella risoluzione dei problemi della rettificazione della circonferenza e della quadratura del cerchio, cioè nella determinazione del rapporto π della lunghezza della circonferenza al diametro. I perimetri e le superficie dei poligoni regolari, iscritti e circoscritti ad una circonferenza, quando il numero dei loro lati cresca oltre ogni limite, si approssimano indefinitamente o, come meglio si dice, tendono (v. limite) alla lunghezza della circonferenza e, rispettivamente alla superficie del cerchio, talché, per avere dell'una e dell'altra una misura approssimata, con quel grado d'approssimazione che caso per caso può occorrere, basta calcolare la lunghezza del perimetro e l'area di un poligono regolare, iscritto o circoscritto, avente un numero di lati abbastanza grande. È questo il metodo seguito già da Archimede, che, spingendosi fino ai poligoni, iscritto e circoscritto, di 96 = 3•25 lati, trovò per π le disuguaglianze 223/71 〈 22/7. Questo calcolo di π si può rendere sistematico, seguendo quattro diversi metodi elementari, che tutti conducono a una medesima successione di valori progressivamente approssimati a π. Essi si fondano sulle seguenti proprietà dei poligoni regolari.
I. Se si considerano tutti i poligoni regolari, iscritti e circoscritti a una stessa circonferenza, e si denotano con pn e Pn i perimetri dei due poligoni di n lati, rispettivamente iscritto e circoscritto, e con sn e Sn le rispettive aree, si ha:
II. Se si considerano tutti i poligoni regolari aventi un dato perimetro (isoperimetri) e rn, an sono il raggio e l'apotema di quello di n lati, si ha:
III. Se si considerano tutti i poligoni regolari equivalenti a un dato poligono, e si denotano con rn e an il raggio e l'apotema di quello di n lati, si ha
Ciò premesso, i metodi elementari per il calcolo di π sono i seguenti.
Metodo dei perimetri. - La circonferenza di raggio 1 ha la lunghezza 2π, talché, indicando con pn e Pn i perimetri dei poligoni regolari di n lati, ad essa rispettivamente iscritto e circoscritto, si ha:
Di qui segue che la successione
che s'inizia con i doppî dei reciproci dei perimetri dei quadrati circoscritto e iscritto, tende a 1/π; e questa successione si calcola con metodo uniforme, in quanto i suoi due primi termini sono 1/4 e 1/√8, e i rimanenti, a partire dal terzo, in forza delle (1), sono alternativamente medio aritmetico e medio geometrico dei due precedenti.
Metodo delle aree. - L'area del cerchio di raggio 1 è π, sicché, denotando con sn e Sn le aree dei poligoni regolari di n lati, iscritto e circoscritto a un tale cerchio, si ha:
onde risulta che la successione:
tende a 1/π; e va rilevato che in questa successione i termini, a partire dal terzo, sono, in forza delle (2), alternativamente medio geometrico e medio aritmetico dei due precedenti. Perciò la (6), i cui primi due termini sono 1/2 e 1/4, coincide, a partire da questo secondo termine, con la (5).
Metodo degl'isoperimetri. - Il raggio della circonferenza di lunghezza 2 è 1/π, sicché, indicando con rn e an il raggio e l'apotema del poligono regolare di n lati, avente il perimetro 2, si ha che la successione
tende a 1/π. Anche in questa successione, in forza delle (3), i termini, a partire dal terzo, sono alternativamente medio aritmetico e medio geometrico dei due precedenti; e poiché i primi due termini sono 1/4 e 1/√8, la successione coincide con la (5).
Metodo degli equivalenti. - Se un cerchio è di area 1, il quadrato del suo raggio è 1/π. Perciò, indicati con rn e an il raggio e l'apotema del poligono regolare di n lati, avente l'area 1, si ha che la successione
tende a 1 π; e ancora una volta si ha, in virtù delle (4), che i termini di questa successione, a partire dal terzo, sono alternativamente medio geometrico e medio aritmetico dei due precedenti; e, poiché i primi due termini sono 1/2 e 1/4, la (8) coincide con la (6).
6. Se la circonferenza è divisa in 5 parti uguali; e, a partire da uno dei punti di divisione, si conducono le successive corde, che sottendono ciascuna 2/5 della circonferenza, la poligonale, che così si ottiene, si rinchiude dopo due interi giri, dando luogo a un poligono intrecciato, che si dice pentagono regolare stellato (fig. 6); ed era già noto ai pitagorici, i quali anzi, secondo la tradizione, lo avevano adottato come segno di riconoscimento della loro scuola. Più in generale, divisa la circonferenza in un qualsiasi numero n di parti uguali, e scelto un intero m, maggiore di 1, che sia minore di n e primo con esso, si ottiene un poligono regolare stellato di n lati, congiungendo successivamente gli n punti di divisione della circonferenza - a partire da uno di essi - di in in m (cioè conducendo le corde consecutive che sottendono ciascuna m/n di circonferenza). Il poligono si chiude dopo m giri completi, perché il minimo multiplo comune di m ed n, per ipotesi primi fra loro, è il loro prodotto mn; e allo stesso poligono stellato si perverrebbe, congiungendo successivamente gli n punti di divisione di n − m in n − m. Perciò, qualunque sia n, si hanno tanti tipi diversi di poligoni regolari stellati di n lati, quanti sono gl'interi, maggiori di 1 e primi con n, che non superano (n − 2)/2 o (n −1)/2, secondo che n è pari o dispari. Così i tipi diversi di poligoni stellati, il cui numero di lati è
sono rispettivamente in numero di
La fig. 7 mostra i quattro tipi di poligoni regolari stellati di 11 lati (non costruibili con riga e compasso).