PETROCCHI, Policarpo
PETROCCHI, Policarpo. – Nacque il 16 marzo 1852 a Castello di Cireglio (una piccola località montana presso Pistoia), primogenito di Luigi e di Carolina Geri, che in seguito ebbero un secondo figlio, Francesco.
Dal luogo natale, cui restò sempre affezionatissimo, si trasferì a Pistoia presso uno zio sacerdote per frequentare il seminario vescovile, senza però trovare un ambiente congeniale alla sua indole e alle sue aspettative. Lasciata Pistoia nel 1869, ebbe incarichi di insegnamento a Martinengo nel Bergamasco, poi a Torino e, infine, a Milano, dove si trasferì nel 1873, chiamato da Luigi Sailer a insegnare al civico collegio-convitto Calchi-Taeggi da lui diretto. Nel 1871 perse il padre. Nel 1875, sempre grazie all’amicizia di Sailer, ebbe una cattedra al collegio militare, che tenne fino alla fine della vita, trasferendosi a Roma quando nel 1895 la sede milanese dell’istituto fu abolita.
A Pistoia, giovanissimo, Petrocchi aveva avviato una relazione con Clementina Biagini, non interrotta dalla lontananza e neppure dal matrimonio della donna con il notaio Evangelista Arcangeli cui era seguita la nascita di una figlia (Ersilia). Clementina raggiunse Petrocchi a Milano nel 1875, anno in cui nacque il loro primogenito Luigi (poi morto prematuramente a soli 9 anni). Dalla coppia, che rimase unita per la vita, nacquero altri cinque figli (Carlo, Vittorina, Maria, Guido, Gino).
Nella Milano degli ultimi decenni dell’Ottocento, permeata dalle idee manzoniane, Petrocchi si inserì con agio: tenne conferenze al Circolo filologico e frequentò, fra gli altri, Giovanni Rizzi, già amico di Manzoni, Pio Rajna, Stefano Palma, autore di un noto vocabolario di agricoltura e pastorizia, Emilio De Marchi e il fratello Luigi bibliotecario a Brera, Eugenio Torelli-Viollier, fondatore del Corriere della sera. A mettere in luce il giovane pistoiese, oltre alle notevoli qualità didattiche, contribuì l’intensa attività letteraria e giornalistica. Pubblicò la raccolta di novelle, aneddoti e poesie Fiori di campo: letture toscane (Milano 1876; poi riedita con il titolo Letture toscane: racconti ameni, Milano 1879), in cui la fede manzoniana, oltre che in forma programmatica, si palesava in scelte linguistiche di stampo fortemente colloquiale (che sollecitarono una recensione piuttosto severa in Nuova Antologia, XXXIII (1876), p. 214). Assunta la direzione del giornale L’Indipendente, nel numero del 2 giugno 1878 diede un saggio della sua traduzione dell’Assommoir di Émile Zola, uscito due anni dopo in volume con il titolo italianizzato di Assommuàr e il significativo sottotitolo di «traduzione in lingua italiana parlata» (Milano 1880).
Si tratta di un’esperienza di grande significato nell’ambito della cultura letteraria e linguistica di fine Ottocento: una «sfida», come si legge nella Prefazione, intesa a dimostrare la piena capacità dell’italiano di mettersi al passo con un capolavoro del naturalismo francese. La traduzione di Petrocchi, fondata sulle risorse dell’uso vivo fiorentino, si contrappose a quella, di tenore assai diverso, allestita in quegli stessi anni dal napoletano Emanuele Rocco. L’impresa ebbe grande risonanza e lo stesso Zola, in una lettera, espresse all’autore il suo apprezzamento.
Con gli inizi degli anni Ottanta prese avvio un’infaticabile attività in campo lessicografico e grammaticale, che culminò con la pubblicazione del Nòvo Dizionàrio universale della lingua italiana, uscito a dispense fra il 1884 e il 1890 e poi presso Treves (I-II, Milano 1887-91). Di questo notissimo dizionario, che continuò a essere ristampato fino al 1931, si ebbero alcune non meno fortunate edizioni ridotte: il Nòvo Dizionàrio scolàstico della lingua italiana dell’uʃo e fuori d’uʃo (ancora presso Treves, Milano 1892) e il Pìccolo Dizionàrio universale (presso Vallardi, Milano 1895), che furono riproposti fin oltre la prima metà del Novecento.
Al dizionario di Petrocchi si riconosce un ruolo importantissimo nel diffondere la lingua unitaria di stampo fiorentino nella giovane nazione italiana. Significativo, già nel titolo, il ricorrere dell’aggettivo novo, senza dittongo, che sottolinea la coerenza d’intenti con il Novo Vocabolario della lingua italiana curato da Emilio Broglio e Giovan Battista Giorgini (più noto come Giorgini-Broglio), vocabolario manzoniano per eccellenza e vero capostipite della lessicografia italiana dell’uso. E proprio quel novo, contrario alla norma letteraria ma in linea con il fiorentino dell’epoca, aveva offerto lo spunto alle critiche rivolte a Manzoni da Graziadio Isaia Ascoli nel Proemio all’Archivio glottologico italiano (1873). Purtuttavia il dizionario di Petrocchi presenta caratteri di forte originalità: adottando l’inedita soluzione di suddividere la pagina in due parti, una superiore e una inferiore, esso offrì un rigoroso vocabolario dell’uso fiorentino sincronico, senza alcuna preclusione puristica nei confronti di neologismi e forestierismi (purché ratificati dall’uso), ma al tempo stesso non rinunciò a registrare – relegata nella fascia inferiore (insieme con il lessico delle arti e dei mestieri e le voci delle altre città toscane) – «la lingua fuori d’uso» ovvero la lingua della plurisecolare tradizione letteraria italiana. Ne derivò un dizionario che può definirsi ‘bifronte’ e che, con questa sua duplicità interna, riflette assai bene le tendenze di fine Ottocento, volte a rielaborare le teorie manzoniane alla luce di un sincretismo più duttile e articolato. Altro aspetto qualificante del Nòvo Dizionàrio universale fu l’adozione sistematica di una serie di espedienti ortofonici intesi a favorire, anche sul versante della pronuncia, la piena adesione al modello fiorentino. Di massimo rilievo, inoltre, la ricchezza e la vivacità degli esempi e della fraseologia che corredano le voci dell’uso.
Alla fede linguistica manzoniana si ispirano anche la Grammàtica della lingua italiana, destinata ai diversi ordini di scuole (I-III, Milano 1887) e la più tarda Nòva grammàtica italiana a uʃo delle Scuòle elementari superiori (Milano 1898; 2ª ed., 1899), nonché un nutrito e variegato contingente di testi di impegno didattico: antologie, traduzioni, libri di lettura, manuali di nomenclatura di stampo metodico (come il notevole In casa e fuori, Milano 1893). Da menzionare anche un’accuratissima enciclopedia, il Thesaurus (Milano 1891-1901), rimasta incompiuta.
In ambito letterario, coltivò studi incentrati in primo luogo su Manzoni. Dopo l’opuscolo Dell’opera di Alessandro Manzoni letterato e patriota (Milano 1886), assume grande rilievo il ponderoso e apprezzato commento «storico, estetico e filologico» a I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni raffrontati sulle due edizioni del 1825 e del 1840, in quattro parti (Firenze 1893-1902), con l’intermezzo del saggio La prima giovinezza di Alessandro Manzoni (Firenze 1898). Altri lavori vertono sul teatro dialettale (Teatri vernacoli e teatro popolare italiano, Milano 1881), su Carlo Goldoni (Carlo Goldoni e la commedia, Milano 1893), su Dante e la letteratura delle origini (Del numero nel poema dantesco, Roma 1901; La lingua e la storia letteraria d’Italia dalle origini fino a Dante, postumo, Roma 1903). Feconda fu anche la produzione creativa, che annovera testi poetici, commedie (come I vèspri, Milano 1882) e soprattutto opere narrative, fra cui la raccolta di racconti Nei boschi incantati (Milano 1887) e il romanzo autobiografico Il mio paese, felicemente ispirato alle memorie della fanciullezza nelle colline pistoiesi, postumo anch’esso (Roma 1972) per le cure e con le illustrazioni di Sigfrido Bartolini (entrambi riediti da Fernando Tempesti, Firenze, rispettivamente 1989 e 1988).
L’ultima parte della vita di Petrocchi, a Roma, fu gravata da difficoltà, problemi di salute e disgrazie. Nel dicembre del 1900 morì Clementina. Nello stesso anno fu citato in giudizio da Treves per inadempienza contrattuale. E tuttavia l’operosità non si interruppe: Petrocchi trovò, infatti, nuovi stimoli nell’ambiente della capitale (risale a questi anni l’incontro con Graziadio Isaia Ascoli, che rivide la seconda edizione della Nòva grammàtica) e soprattutto nel rafforzarsi dell’impegno in campo politico e umanitario, di cui danno prova opere come La religione nelle scuole: chiacchiere serali (Milano 1895) e Le guerre (Milano 1899). Il severo giudizio su Crispi fu motivo di un vivace scontro verbale con Giosue Carducci (già incontrato a Bologna nel 1881 e ospitato nell’agosto di quell’anno a Castello di Cireglio, com’è rievocato nella Strenna italiana, XLIX [1883]). Intensificò i rapporti con Pistoia e il paese natale, dove da tempo aveva fondato la Società Onore e Lavoro 1880, impegnata a migliorare le condizioni di vita dei suoi compaesani. Nel 1901, alle elezioni politiche e amministrative della città toscana, appoggiò lo schieramento dei Partiti popolari ed ebbe modo di incontrare Filippo Turati.
Proprio mentre era in vacanza a Castello di Cireglio, il 25 agosto 1903, a cinquantun anni, Petrocchi morì per un malore improvviso che lo colpì durante la festa paesana.
Fonti e Bibl.: Presso la Biblioteca Forteguerriana di Pistoia è conservato il Fondo Petrocchi, contenente cospicui materiali relativi a P. e alla sua famiglia (sono compresi, fra l’altro, i suoi diari autografi e 141 lettere inviategli da Clementina Biagini). Alla medesima Biblioteca fa capo il sito www.petrocchi.comune.pistoia.it.
Per la biografia cfr. L. Bruschi, P. P.: un tempo, un uomo, Pistoia 1998. Per un quadro d’insieme dell’attività, con approfondimenti relativi ai diversi ambiti, si vedano i miscellanei P. P. nel centenario della nascita e cinquantenario della morte, Milano 1953 (con contributi di G. Bottiglioni, A. Gotti et al.); Omaggio a P. P., Pistoia 1998 (contributi di L. Bruschi, E. Ghidetti, P. Manni, G.A. Papini, A. Ottanelli, C. Rosati, F. Tempesti); In onore di P. P., Atti del convegno di studi… 2002, a cura di A. Ottanelli - C.O. Gori, Pistoia 2005 (contributi di A. Ottanelli, G. Petracchi, E. Ghidetti, P. Manni, C.O. Gori, G.A. Papini, A. Fusari, G. Chelucci, G. Petrocchi). Per la traduzione da Zola cfr. L’Assommuàr nella traduzione di P. P., a cura di L. Zini, Pistoia 2014. Per l’attività in campo lessicografico e grammaticale: P. Manni, P. P. e la lingua italiana, Firenze 2001 (che raccoglie una serie di interventi già apparsi nelle riviste Studi linguistici italiani e Studi di grammatica italiana). Per il commento ai Promessi Sposi, cfr. la presentazione di G. Nencioni alla ristampa de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni raffrontati sulle due edizioni del 1825 e del 1840 (Firenze 1992). Per l’opera narrativa, oltre all’introduzione di F. Tempesti che correda l’edizione de Il mio paese (Firenze 1988), cfr. l’antologia curata da E. Ghidetti, Toscani dell’Ottocento. Narratori e prosatori, Firenze 1995, pp. 587-601.