POGGIO
(Podo), santo. – Nacque all’epoca di Ugo d’Arles re d’Italia (926-947).
L’erudizione storica toscana del Cinquecento (Vincenzo Borghini, Silvano Razzi) e del Settecento (Luca Giuseppe Cerracchini, Giuseppe Maria Brocchi) lo indica concordemente come proveniente dalla località di Comella o Colmella presso Pavia, e di famiglia aristocratica (marchese o duca), sebbene Giuseppe Richa propendesse per un’origine toscana. Forse in virtù di contatti con il marchese Ugo di Tuscia (ca. 953-1001) fu nominato canonico della cattedrale fiorentina. In ogni caso la sua vita prima dell’assunzione alla cattedra episcopale risulta del tutto sconosciuta.
Sempre secondo l’erudizione storica di età moderna, fondata sugli encomi agiografici di alcuni martirologi e lezionari fiorentini escussi dai bollandisti negli Acta sanctorum, Poggio sarebbe stato eletto come diciassettesimo vescovo di Firenze intorno al 985, alla morte del predecessore Sichelmo. Una notitia iudicati conservata presso l’Archivio capitolare fiorentino risalente al 987, giugno 6, lo indica in effetti come già insediato a quella data sul soglio episcopale.
Che un presule lombardo di parte imperiale andasse a governare la diocesi di San Zanobi non era una novità assoluta: i decenni intorno al Mille videro, anzi, una prevalenza di ecclesiastici provenienti dall’Italia settentrionale o dalle regioni transalpine dell’Impero (Ronzani, 2007).
Circa l’attività svolta durante l’episcopato, l’arenga di un altro documento dell'Archivio capitolare più volte edito a partire dal Seicento (datato ufficialmente post 998 agosto-ante 1001 dicembre 21), riferisce che sul finire del X secolo, durante un pranzo, Poggio avrebbe narrato al marchese Ugo la vicenda biblica di Dario, tiranno mosso a pietà per il popolo eletto, e di come quel sovrano avesse liberato i figli di Israele fatti prigionieri da Nabucodonosor. Il dominus, toccato dalle parole del presule, che evidentemente già godeva di grande autorevolezza in città, volle dare prova della sua riconoscenza e generosità restituendo alla mensa vescovile la cosiddetta badiola, ossia il monastero femminile di S. Andrea all’Arco presso il Mercato Vecchio, che egli teneva dall’episcopio a titolo di livello per concessione del presule Sichelmo. Poggio accolse la restituzione e cedette l’edificio alla canonica della cattedrale, affinché i chierici potessero godere delle relative prebende.
La memorialistica di età moderna (Brocchi) e la ricerca storiografica contemporanea (Antonio Falce, Brunetto Quilici, Paolo Pirillo, Andrea Puglia, Enrico Faini) menzionano questa donazione quale atto maggiormente rilevante nella vita del presule. Come è stato dimostrato in maniera circostanziata (Puglia), l’origine di tale tradizione è databile in realtà circa cinquant'anni più tardi rispetto all’epoca nella quale la si vorrebbe collocare. Il documento in esame fu probabilmente interpolato intorno al 1050, allorché la canonica fiorentina, grazie ad alcuni privilegi pontifici e vescovili, riuscì a ottenere il riconoscimento formale del possesso della ‘badiola’ e di altri diritti patrimoniali (privilegium Benedicti papae IX, 1038 marzo 24; privilegium Gherardi episcopi, 1050 luglio 13; privilegium Leonis IX papae, 1050 luglio 15). Ma è possibile che si facesse ivi riferimento ad alcune concessioni in favore della canonica – forse proprio di una parte delle sostanze pertinenti alla ‘badiola’ – che effettivamente Poggio aveva compiuto.
A prescindere dalla vicenda ricordata, che ispirò anche tutta l’iconografia moderna del vescovo (Brocchi), non sono chiare le ragioni in base alle quali Poggio meritò la devozione dei fedeli, che per fama lo vollero santo, se non forse il fatto che favorì precocemente (o almeno questa fu l’opinione destinata ad accompagnare la sua memoria), a cavallo fra il primo e il secondo millennio, la vita comune dei chierici, sia presso il capitolo della cattedrale sia in alcune chiese suburbane come la canonica di S. Andrea in Mosciano. Ciò è attestato da alcuni documenti posteriori, invero di datazione spesso incerta e di non sicura autenticità (citati da Cerracchini e Brocchi). Probabilmente il fatto che Poggio non avesse cercato lo scontro, ma un accordo con i canonici (come riuslta da una notitia iudicati del 1061, post marzo 25-ante novembre 8) – al contrario di quanto era avvenuto nel periodo precedente – fu causa della buona considerazione che di lui ebbero il clero locale e i concittadini.
Egli sembra essere stato, inoltre, un accorto amministratore della mensa vescovile e capitolare, di cui accrebbe il patrimonio fondiario accogliendo varie donazioni, facendo una concessione di beni a titolo feudale, provvedendo alla fortificazione di alcuni castra e sottoscrivendo contratti di locazione citati nella più antica documentazione vescovile e capitolare fiorentina (Firenze, Archivio arcivescovile, Bullettone; Firenze, Archivio della canonica della cattedrale, charta offersionis, 990 febbraio), nonché menzionati dall’erudizione moderna.
Sempre secondo la tradizione Poggio sarebbe morto a Firenze il 28 maggio o il 5 giugno 1002 e sarebbe stato sepolto nella cripta della cattedrale di S. Reparata.
Il vescovo che gli succedette fu Guido. La sua ricorrenza è il 28 maggio.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio arcivescovile, Bullettone, ff. 86r-87v; Le carte della canonica della cattedrale di Firenze (723-1149), a cura di R. Piattoli, Roma 1938, n. 19, 987 giugno 6, pp. 57, 59; n. 20, 990 febbraio, p. 60; n. 24, post 998 agosto-ante 1001 dicembre 21, pp. 68-72; n. 40, 1038, marzo 24, pp. 111-113; n. 53, 1050 luglio 13, pp. 141-146; n. 54, 1050 luglio 15, pp. 146-150; n. 65, 1061 marzo 25-ante novembre 8, p. 175.
V. Borghini, Trattato della chiesa e vescovi fiorentini, 1585, in Discorsi di Vincenzo Borghini con la annotazioni di Domenico Maria Manni, IV, Roma 1809, pp. 250-256, 260-262, 264; S. Razzi, Vite de’ santi e beati toscani, Firenze 1593, pp. 219-221; Acta Sanctorum, Maii, VI, Antverpiae 1688, pp. 828-830; L.G. Cerracchini, Cronologia sacra de’ vescovi e arcivescovi di Firenze, Firenze 1716, pp. 34-36; G.M. Brocchi, Vite de’ santi e beati fiorentini, Firenze 1742 (rist. 2000), pp. 111-122; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne’ suoi quartieri, VI, Firenze 1757, pp. 288-290; S. Salvini, Catalogo cronologico de’ canonici della chiesa metropolitana fiorentina, Firenze 1782, p. 4; Bibliotheca Hagiographica Latina, II, Bruxellis 1900-1901, n. 6868, p. 1000; A. Falce, Il marchese Ugo di Tuscia. Ricerche, Firenze 1921, pp. 43 s., 56 s., 155-157; B. Quilici, La Chiesa di Firenze nell’Alto Medioevo, in Studi in memoria di A. V. Crocini, Firenze 1938, p. 75; R. Davidsohn, Storia di Firenze, I-III, Firenze 1956-1968, I, pp. 179-181; G.D. Gordini, Podio, vescovo di Firenze, in Bibliotheca Sanctorum, X, Roma 1968, coll. 976 s.; A. Calamai, Ugo di Toscana. Realtà e leggenda di un diplomatico alla fine del primo millennio, Firenze 2001, pp. 88, 157, 169, 225 s., 255 s.; P. Pirillo, Firenze: il vescovo e la città nell’Alto Medioevo, in Vescovo e città nell’Alto Medioevo: quadri generali e realtà toscane, Pistoia 2001, pp. 193 s.; A. Puglia, La marca di Tuscia tra X e XI secolo. Impero, società locale e amministrazione marchionale negli anni 970-1027, Pisa 2003, pp. LXIV-LXXVII; Id., Vecchi e nuovi interrogativi sul marchese Ugo di Tuscia (970-1001), in Dalle abbazie, l’Europa. I nuovi germogli del seme benedettino nel passaggio tra primo e secondo millennio (secc. X-XII), a cura di A. Guidotti con G. Cirri, Firenze 2006, pp. 178-184; M. Ronzani, Pietro Mezzabarba e i suoi confratelli. Il reclutamento dei vescovi della Tuscia fra la morte di Enrico III e i primi anni del pontificato di Gregorio VII (1056-1078), in L’organizzazione ecclesiastica nel tempo di san Guido. Istituzioni e territorio nel secolo XI, a cura di S. Balossino, G.B. Garbarino, Acqui Terme 2007, pp. 141 s.; E. Faini, Firenze nell’età romanica (1000-1211). L’espansione urbana, lo sviluppo istituzionale, il rapporto con il territorio, Firenze 2010, pp. 167, 223 s.