poetare
Il verbo ricorre per lo più come intransitivo, nel senso di " dire in poesia ", " comporre versi ": Cv II XII 8 de la donna di cu' io m'innamorava non era degna rima di volgare alcuna palesemente po[e]tare; If XXV 99 Taccia di Cadmo e d'Aretusa Ovidio, / ché se quello in serpente e quella in fonte / converte poetando, io non lo 'nvidio (cfr. Met. IV 563 ss. e V 572 ss.); Pg XXI 98 l'Eneïda... mamma / fummi, e fummi nutrice, poetando, " a me poetante ", secondo il valore di partic. pres., che ha talvolta il gerundio; o, anche: " nel poetare ".
Si veda inoltre Pg XXII 89 pria ch'io conducessi i Greci a' fiumi / di Tebe poetando, ebb'io battesmo (cfr. Stazio Theb., in particolare il libro IX), e 129 ascoltava i lor [di Virgilio e Stazio] sermoni, / ch'a poetar mi davano, intelletto; Pd XXX 32 or convien che mio seguir desista / più dietro a sua [di Beatrice] bellezza, poetando, / come a l'ultimo suo ciascuno artista.
Transitivo in Pg XXVIII 139 Quelli ch'anticamente poetaro l'età de l'oro e suo stato felice, / forse in Parnaso esto loco sognaro, " finxerunt " (Benvenuto), " poetando finseno " (Buti); e si accenna principalmente a ovidio (met. 189 ss.): " la poesia è sentita qui come favola che adombra una verità, intuita quasi sognando nella fantasia; la conoscenza poetica degli antichi, come vago presentimento del vero cristiano " (sapegno); cfr. Cv II 13 ss.