PARNASSIANA, POESIA
. Dal Parnasse contemporain, recueil de vers nouveaux (1866) venne il nome alla scuola poetica che si affermava in quegli anni, poi alla poesia dominante in Francia tra il 1850 e il 1885. Col titolo del florilegio si rivelava a tutti con decisa coscienza la tendenza nuova, che già da circa tre lustri s'era mostrata in opere di alto valore, come opposizione alla poesia del trentennio precedente. Ma se dopo il '50 la migliore poesia si annunzia come una reazione al romanticismo sentimentale e utilitario (specie quello facile del De Musset, ancor più di quello del Lamartine), dal romanticismo tuttavia essa deriva, in quanto questo era stato rinnovamento e arricchimento profondo della tecnica, religione appassionata dell'arte, magia pittoresca delle Orientales vittorughiane. Quando anche V. Hugo passa alla letteratura per la vita, e si fa a un tempo giuda, vate e giustiziere ('35), Th. Gautier resta solo a difendere la formula dell'"arte per l'arte": nella prefazione alla 2ª ediz. delle Poésies (1833), in quella ai Jeunes-France (1833), e più risoluto in quella a M.lle de Maupin (1835). Egli prosegue la lotta nei versi, nella critica letteraria e artistica, nel culto appassionato della natura e della bellezza; tiene ancor viva la fiamma delle Orientales, dopo quattro lustri la mostra alla nuova generazione, per cui formula anche la nuova poetica, le strofette de L'Art (3ª ediz. di Émaux et Camées, 1858). Con alcuni minori, Amédée Pommier, Arsène Houssaye, lo fiancheggia Théodore de Banville, con l'amore per la bellezza antica, per l'arte, per la forma più ardua: giuoco superiore, funambolesco perfino, che eslcude quasi ogni pensiero e commozione. Le stesse delusioni politiche e spirituali del 1849, del 1851, conducono i poeti alla lezione di Gautier, all'arte pura, con la curiosità di tutte le storie e i miti, e il concetto negativo che ne deriva. I Poèmes antiques di Leconte de Lisle (1852) sono la prima affermazione della nuova poesia; dopo i Poèmes barbares (1862) egli è riconosciuto maestro. La Légende des siècles di V. Hugo (1859) e le postume Destinées di A. de Vigny non sono lontane dalla tendenza obiettiva; le Fleurs du mal del Baudelaire (1857), che del resto hanno da principio scarsa influenza, appaiono opera devota all'arte autonoma, all'impeccabile bellezza; più vicino allo spirito ormai dominante è G. Flaubert, con la cura tormentosa dello stile, il disprezzo del facile sentimento, la negazione eroica dell'intimo romanticismo.
I giovani venuti alla letteratura dopo il 1860 difendono e diffondono un pensiero ch'è già penetrato nelle più alte sfere artistiche: Catulle Mendès offre agli artisti nuovi la Revue fontaisiste (1861) e il suo salotto; L. Xavier de Ricard, più che la sua Revue du progrès moral, scientifique et littéraire (1863-1864), il salotto della madre (1864). Li accoglie anche Leonte de Lisle, che, esponendo le sue idee artistiche negli articoli del Nain jaune (1864), aggiunge autorità al moto dei giovani. Per i quali X. de Ricard fonda l'Art, pubblicata da Lemerre (2 novembre 1865-6 gennaio 1866) - vi collabora Leconte de Lisle - contro Lamartine e Musset. Morto il giornale, si pensa ad una raccolta, presso lo stesso editore entusiasta. Così nasce il Parnasse contemporain, per cura di Mendès e de Ricard, in 18 dispense, tra il marzo e il giugno 1866, con versi di 37 poeti, tra cui Gautier, Banville, Leconte de Lisle, Baudelaire, Heredia, L. Ménard, Coppée, Mendès, Sully Prudhomme, Verlaine, Mallarmé. Gli aspri Trente-sept médaillonnets du Parnasse contemporain di Barbey d'Aurévilly, le parodie anonime del Parnassiculet contemporain giovano al successo. La seconda raccolta, preparata nel 1869, con questa data esce nel 1871, con nuovi collaboratori, tra cui Sainte-Beuve, V. de Laprade, A. France, e con minore intransigenza. Il terzo e ultimo Parnasse (1876), in tre volumi, è anche più liberale, aperto a quasi tutte le voci poetiche del momento, che non sono tutte rigidamente parnassiane.
Quantunque, più tardi, proprio da C. Mendès si sia voluto negare, o attenuare, il carattere di scuola, il Parnasse fu tale per un incontro deciso d'idee e di tendenze di sicura individuazione: la rivolta al lirismo egoistico mussettiano, la volontà di tenere l'arte indipendente dai bisogni pratici, l'esigenza oggettiva, la cura severa della composizione esterna e intima, lo studio dei grandi miti, significativi dell'immane e espesso vano travaglio degli uomini. Dopo la completa affermazione, presto appaiono le tendenze diverse; sfuma il robusto pensiero di de Lisle, sino alle compiute, serene realizzazioni di Geredia; segno più generale resta il culto della forma, per cui la scuola par ridursi a una sapiente ricerca di stile e di pura metrica (Petit traté de poésie française di Th. de Banville, 1872). Il parnassianesimo più autentico è seguito da qualche degno continuatore di de Lisle (L. Dierx); altri si volgono alla diretta, didattica esposizione scientifica, a discapito dell'arte (S. Prudhomme); la maniera fantaisiste, che può riattaccarsi a Gautier e Banville, non trova artisti adeguati e cade nelle facilità di Mendès e di J.-A. Glatigny; sorge quella di F. Coppée, che s'indugia intorno al realismo borghese, e vi fa piccola poesia di un intimismo prosaico.
Dopo il 1870, mentre continuano le enunciazioni teoriche (in La République des lettres, La vie moderne, Le Parnasse, ecc.) e la scuola si va maggiormente intonando al positivismo trionfante, vengono a mancare le grandi opere, e già si annunciano le voci nuove. A non tener conto di T. Corbière (Amours jaunes, 1873), i novatori si staccano proprio dal Parnasse: Verlaine, parnassiano con sensibilità propria nei Poèmes saturniens e in Fêtes galantes, tenta musiche nuove e libere in Romances sans parole (2874) ed elabora (1871-1873) la nuova poetica (Art poétique, pubblicata nel 1884); Mallarmé dà Hérodiade, tutta allusioni, simboli e scorci. Con Rimbaud è segnata la rivolta al Parnasse, e si traducono le inquetudini nuove, lo scontento del positivismo, dello scientismo (anche se questo ora trionfi nel romanzo naturalista): cresce ogni giorno l'influenza del Baudelaire, e s'aggiunge l'impressionismo, il wagnerismo, più tardi il romanzo russo, il ritorno alla metafisica, all'idealismo. L'irrigidimento della pratica parnassiana facilita, attraverso il "decadentismo", l'ascesa dei simbolisti, che ridarannno alla poesia il fascino della musica. L'ingresso di Leconte de Lisle all'Académie (1886) è la consacrazione ufficiale della scuola al tramonto; il successo dei Trophées di Heredia (1893), l'elezione di L. Dierx a "principe dei poeti" (1898), sono generosi riconoscimenti fatti alla vecchia scuola da parte della nuova. La quale, ribellandosi al Parnasse, non ne distrugge le certe e necessarie conquiste: la piena autonomia dell'arte, liberata dai compromessi del romanticismo del 1830, e il più alto concetto della poesia. Lo sforzo dell'obiettività, lo studio della forma erano stati un ritorno a virtù classiche, per cui si arricchiva la poesia risorta con la rivoluzione romantica, e si troveranno ancora nei tentativi contro e oltre il simbolismo, o semplicemente nei simbolisti che hanno voluto superare le strettoie della teoria, H. de Régnier, C. Guérin, A. Samain. E la linea schiettamente parnassiana s'è poi continuata fino a oggi, con Fr. Plessis, P. Louys, P. de Nolhac e S.-C. Leconte.
In Italia un parnassianesimo avanti lettera, studio di un'espressione nuova, più ricca, intensa, è stato indicato in Tommaseo, Aleardi, Zanella. Gli "scapigliati" negano l'arte per la vita, avvicinano la letteratura alle arti figurative, mostrano la ricerca formale in C. Dossi, l'influsso di Baudelaire in E. Praga; A. Boito nelle bizzarrie metriche di Re Orso ricorda Banville; G. Camerana dà un saggio di parnassianesimo nel sonetto del decadramma. G. Carducci dai parnassiani deriva qualche autorità (le strofe di L'art di Gautier nella nota alle Odi Barbare), e echi di Gautier, da Baudelaire, da Leconte de Lisle (Da Monte Mario). Il Carducci evita tuttavia l'estetismo dei Francesi, il quale, più o meno frenato dalla disciplina del maestro, si trova nei giovani dell'80: G. Mazzoni, G. Salvadori, G.A. Cesareo, e gli altri della Cronaca Bizantina, trionfa nell'Isotteo e nella Chimera del D'Annunzio, giunge fino al Convito, la rivista di A. De Bosis. Il vero parnassianesimo italiano è nella reazione classica del Carducci: l'influsso francese, quando non le porse esempio e rincalzo, fu estetismo formale, e si confuse presto col decadentismo, che gli succedeva in Francia.
Così ricca era stata in Inghilterra l'esperienza romantica, da nutrire la poesia posteriore, senza quasi bisogno di apporti stranieri. Romantica è ancora la poesia vittoriana, compresa quella dei preraffaelliti, già accennante al decadentismo. La complessa reazione di R. Browning è tutta personale e inglese. La rivolta al romanticismo vittoriano è di Swinburne (Poems and Ballads, 1866), col panteismo, l'amore della bellezza sensibile e dell'antichità, l'odio del dogma: egli introduce in Inghilterra Gautier, Baudelaire, devoto a Banville, a de Lisle, a Heredia, usando anche la loro lingua. Del resto l'influsso della Francia di oltre il 1850 porta piuttosto all'estetismo, nobile, sostenuto in W. Pater, meno puro in O. Wilde. Più vicina al parnassianesimo è la poesia di M. Arnold, solitario, raccolto in un panteismo pessimistico, ammiratore di Gautier; dopo di lui, Ed. Gosse, studioso di Leconte de Lisle, e, almeno per qualche carattere, Watts-Dunton, R. Bridge e W. Watson.
In Germania, fallita la rivoluzione del 1848, dominando lo spirito scientifico e il pessimismo, si ha la reazione alla poesia di tendenza degli "Jungdeutschen", il raccoglimento nell'arte, a ritrovare il senso della forma, a ricercare la varietà metrica, il colore. Monaco, con E. Geibel, A. F. v. Schack, P. Heise, è il centro di questo parnassianesimo indigeno, cui possono aggiungersi, con più ricca anima poetica, T. Storm, gli svizzeri K. F. Meyer e G. Keller. La nuova letteratura, vero l''85, è tutta ispirata al naturalismo, che presto volge al simbolismo, all'impressionismo: queste ultime tendenze dominano nei poeti, attenti a Baudelaire e a Verlaine, più che ai parnassiani, il cui segno appare evidente solo in Hofmannsthal.
I cultori dell'"arte per l'arte", della "lirica pura", in Russia, negli anni 1840 e 1850, pure praticando i grandi romantici, traggono il loro concetto della poesia, più che dagli Occidentali, dalla scuola di Puškin. La rinascita lirica polacca, col nuovo secolo, ha un momento impressionista-simbolista, poi uno neoclassico-parnassiano, con L. Staff. Un parnassiano del tutto indigeno ha avuto l'Ungheria in J. Arany; J. Vajda è stato pessimista alla de Vigny e baudelairiano; Gy. Vargha ha tradotto i parnassiani francesi; A. Ady piega verso Baudelaire, Verlaine, Rimbaud.
Già nel 1858 la ralfinatezza formale distingue le Poesías dello spagnolo J. Valera; nel 1880 La Visión de Fray Martín di G. Núñez de Arce rivela l'influsso di Leconte de Lisle; J. Alcover, religioso aperto alla gioia della natura, ricorda Baudelaire. Nel rinnovamento poetico seguito in Portogallo alla questione di Coimbra, nell'ultimo terzo del sec. XIX, influenze francesi si colgono in A. D. Gomez Leal (Baudelaire), G. Crespo s'avvicina a Coppée. Il rinnovamento catalano, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, mostra nella lirica il segno parnassiano e quello simbolista: il primo si nota specialmente in J. Zanné e in J. Carner. Nella poesia ispano-americana il modernismo, sorto fra il 1883 e il 1885, ha carattere romantico-parnassiano, poi simbolista: lo stesso Rubén Dario, il grande poeta moderno dell'America latina, prima di giungere a Verlaine, adora V. Hugo, Gautier e Flaubert.
Bibl.: Oltre all'Anthologie des poètes franå. contemporains a cura di G. Walch (il vol. I riguarda l'epoca parnassiana), nuova ed., Parigi 1929, si veda: A. Thérive, Le Parnasse, ivi 1929 (scelta, preceduta da ampio saggio critico): Inoltre: Th. Gautier, Rapport sur les progrès de la poésie franå. depuis 1830 [1867], in Histoire du romantisme, Parigi 1830-68; C. Mendès, La légende du Parnasse contemporain, ivi 1884; id., Rapport sur le mouvement poét. franå. de 1867 à 1900, ivi 1902; L. X. de Ricard, Petits mémoires d'un parnassien, in Petit Temps, nov.-dic. 1898, luglio 1899, settembre 1900; A. Cassagne, La théorie de l'art pour l'art en France chez les derniers romantiques et les premiers parnassiens, Parigi 1906; P. Martino, Parnasse et Symbolisme, 3ª ed., ivi 1930; F. Desonay, Le Rêve hellénique chez les poètes parnassiens, ivi 1928; A. Schaffer, Parnassus in France, Texas 1929; M. Souriau, Histoire du Parnasse, Parigi, 1929; F. Vincent, Les Parnassiens, ivi 1933.